Bilancio in chiaroscuro per i punti di ricarica delle auto elettriche in Italia. Le nostre inchieste a Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bari, Torino, Genova, Bologna e Firenze, mostrano che spesso non è facile fare il pieno. A scoraggiare l’acquisto di un’auto elettrica non sono soltanto i malfunzionamenti: ci sono problemi nella gestione della rete, con sosta selvaggia di auto benzina o diesel negli stalli e pochi controlli da parte delle polizie municipali. Vari report aiutano a tracciare la mappa delle colonnine elettriche nelle principali città italiane.

Eppure va detto – secondo i dati dell’ultimo studio di Motus-E, associazione leader di settore – che in Italia nel 2021 i punti di ricarica per auto elettriche continuano a crescere: nel 2021 sono aumentanti di 6.700 unità, ossia del 35%, arrivando a un totale di 26.024 stazioni per 13.233 colonnine, piazzate in 10.503 luoghi accessibili al pubblico. Ma c’è ancora molto da fare: “Per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica su rete autostradale l’Italia è fortemente in ritardo – sostiene Motus-E – visto che oggi si contano soltanto 1,2 punti di ricarica veloce o ultraveloce ogni 100 km di rete autostradale. Nonostante le misure varate a livello nazionale per l’infrastrutturazione autostradale, ad oggi non ci risulta nessun bando pubblicato da parte dei concessionari autostradali per la realizzazione e gestione di una rete di ricarica per veicoli elettrici”.

In ogni caso non si può ignorare il fatto che, nel 2021, la crescita del 35% dei punti di ricarica ci sia stata nonostante la pandemia di Covid-19 e i suoi effetti a lungo termine.

 

Un elemento particolarmente interessante nell’indagine Motus-E si ottiene infatti incrociando i dati delle infrastrutture di ricarica e dei veicoli elettrici circolanti.  Il 2021 si chiude con un numero totale di veicoli elettrici immatricolati pari a 136.7541, con un aumento del 128% rispetto all’anno 2020 e un market share del 9,35% (+5% rispetto al market share del 2020). I numeri sono incoraggianti, seppur ancora modesti rispetto al contesto europeo, in cui l’Italia si posiziona quinta con un distacco di più di 120.000 veicoli dalla terza, la Francia.

 

Tuttavia, se si guarda al rapporto tra numero di infrastrutture di ricarica e numero di PEV (Plug-in Electric Vehicles, vedi glossario sotto), si nota subito che l’Italia è sopra la media europea ed è seconda soltanto ai Paesi Bassi, a dimostrazione del fatto che si sta perseguendo l’obiettivo, a lungo termine, di raggiungere una capillarità del servizio di ricarica.

 

D’altra parte, causa Covid, il numero basso di veicoli in circolazione (anche elettrici) limita il ritorno dell’investimento sui punti di ricarica pubblici, e di conseguenza potremmo avere un tasso di crescita inferiore al ritmo degli altri paesi europei, qualora le vendite di veicoli elettrici non continuino a crescere. Ma molto c’è da fare anche sul “tipo” di ricarica e non solo sulla sua capillarità.

“È necessario – spiegano infatti a Motus-E – che la rete di ricarica pubblica si differenzi nella potenza erogata a seconda delle necessità dell’utente: indicativamente la ricarica standard, di tipo lenta da 3-7 kW (o “slow”) e rapida da 11-22 kW (o “quick”), è da privilegiare nei contesti urbani e/o di medio-lunga sosta ed attualmente rappresenta il 73,6% del totale, mentre la ricarica veloce o ultraveloce (ad alta potenza, almeno superiore ai 50 kW) è fondamentale per fornire il servizio di ricarica nel minor tempo possibile, nell’ottica di una sosta con il preciso scopo di ricaricare, spesso in autostrada ed in ambito extraurbano, e costituisce oggi il 6,1% del totale”.

In autostrada solo diesel e benzina

Il disastro vero in Italia lo abbiamo in autostrada: oggi si contano soltanto 1,2 punti di ricarica veloce o ultraveloce ogni 100 km di rete autostradale. E poi – fatto ancora più grave – ad oggi non c’è alcun bando pubblicato da parte dei concessionari autostradali per la realizzazione e gestione di una rete di ricarica per veicoli elettrici. Quindi non solo non ci sono punti di ricarica, ma non ci saranno nemmeno. Un bel problema per chi vuole viaggiare con questo tipo di auto e non usarle solo in città.

 

E oggi sono installati 118 punti di ricarica pubblici, di questi il 78% ricaricano a potenze superiori ai 43 kW (in DC), mentre il restante 22% ha una potenza di ricarica inferiore o uguale a 43 kW (AC). Da sottolineare, nonostante il numero molto ridotto di punti presenti, che circa la metà (48%) ha una potenza pari o superiore a 150 kW.

Il 13% delle colonnine non funzionano

Ma c’è un problema. Un grande problema: tutti i dati di cui abbiamo parlato finora si riferiscono genericamente al numero di infrastrutture installate. Purtroppo, circa il 13% di queste non è utilizzabile dagli utenti (come emerso dalla nostra inchiesta nelle varie città) in quanto non è stato finora possibile finalizzare il collegamento alla rete elettrica da parte del distributore di energia o non sono ancora state fornite tutte le necessarie autorizzazioni. Il valore del tasso di infrastrutture inattive è migliorato notevolmente durante l’anno, a dicembre 2020 era pari al 22%, sceso al 15% a giugno, ed al 12% a settembre. Questo conferma l’efficacia degli sforzi di miglioramento dei processi di autorizzazione sia da parte dei distributori locali sia da parte delle amministrazioni, che hanno ancora ampi margini di miglioramento al fine di ridurre al massimo il tempo necessario all’attivazione.

Ricariche troppo lente

La potenza delle colonnine poi è un’altra croce: il 17% dei punti è a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 73,6% a ricarica accelerata o veloce in AC (tra più di 7 kW e 22 kW), un 3,6% fast AC (fino a 43 kW), un 3,6% fast DC (fino a 50 kW) e le restanti ultraveloci (o ad alta potenza), di cui l’1,5% fino a 150 kW e l’1,0% oltre i 150 kW. Questo significa nessuna “pausa caffè, pieno e via”: in Italia l’attesa obbliga a un pranzo completo, pennica e poi passeggiata regolamentare.

 

Certo c’è una crescita importante dei punti di ricarica in DC (che corrispondono anche alle potenze più alte), al contrario della rilevazione dello scorso anno, ma i numeri assoluti sono ancora ridotti. A dimostrarlo, oltre ai dati totali, anche quelli dell’ultimo trimestre del 2021: a fronte di un aumento totale del +5% dei punti di ricarica tra settembre e dicembre, quelli con potenza compresa tra 44 e 50 kW crescono del +23%, quelli oltre i 50 kW del +11% e quelli sopra i 150 kW crescono del +45%. Una piccola buona notizia arriva dal fatto che i punti di ricarica lenta (potenza minore o uguale a 7 kW) rappresentano il 2% in meno dello scorso anno rispetto al totale, passando da 19% a 17%, quelli a ricarica accelerata e veloce AC (potenza minore o uguale a 43 kW) si confermano sullo stesso valore percentuale (77%) e quelli a ricarica con potenza superiore a 43 kW aumentano del 2%, passando da 4% a 6%.

Auto elettrica? Non al sud

Tragica poi la fotografia della distribuzione sul territorio delle colonnine. Il divario Nord-Sud fa veramente paura: il 57% circa delle infrastrutture sono distribuite nel Nord Italia, il 23% circa nel Centro, mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. La Lombardia con 4.542 punti rimane la regione più virtuosa, e da sola possiede il 17% di tutti i punti. Seguono nell’ordine Lazio e Piemonte con il 10% a testa, Veneto ed Emilia-Romagna al 9% e la Toscana all’8%. Ma per capire il concetto di divario, basti dire che le prime sei regioni della classifica complessivamente coprono il 65% del totale dei punti in Italia e continuano a crescere a un ritmo costante… E questo spiega poi perché al sud non si vendono auto elettriche: sarebbe impossibile usarle.

I numeri delle vendite dei veicoli elettrificati (sia completamente elettrici sia ibridi plug-in) svelano infatti che nel 2021 le regioni del Nord-Est sono ancora in testa, come nel 2020, con oltre 47.100 veicoli immatricolati ed in totale il Nord rappresenta il 64% del mercato dei veicoli elettrici, nonché il 57% dei punti di ricarica installati fino ad oggi.

Il confronto con l’Europa

Clamorosamente l’Italia ha più punti di ricarica per veicolo circolante del Regno Unito, della Francia, della Germania e della Norvegia. Non solo: tra i Paesi con un numero maggiore di punti di ricarica è seconda solo ai Paesi Bassi, che hanno però un modello di ricarica molto diverso e focalizzato sulla ricarica a potenze più basse: nei Paesi Bassi la percentuale di punti di ricarica con potenza superiore a 22 kW è pari al 3,8%, mentre in Italia è pari al 9,7%. Al contrario va sottolineato però che la Norvegia, ultima di questa classifica, ha a disposizione una grande penetrazione di infrastrutture di ricarica private grazie al differente modello urbanistico, se confrontato con quello italiano.

Questo significa che siamo messi bene? Al contrario: i dati confermano che abbiamo poche auto elettriche. Da noi è la vendita di veicoli elettrici ad essere maggiormente in ritardo rispetto ad altri paesi europei, non le infrastrutture di ricarica pubbliche. Insomma se il rapporto tra infrastrutture di ricarica pubblica e veicoli elettrici è più che adeguato, questo è dovuto soprattutto a un mercato dei veicoli elettrici molto inferiore rispetto agli altri Paesi Europei. Ma il basso numero di veicoli elettrici in circolazione limita il ritorno dell’investimento sui punti di ricarica pubblici… Insomma il cane che si morde la coda.

Il vocabolario dell’auto elettrica

Quando si parla di auto elettriche sigle e acronimi si sprecano. Alcuni di questi li abbiamo utilizzati anche noi nel testo (non siamo riusciti ad evitarlo). Ecco però una piccola guida per capire meglio questo nuovo mondo di colonnine, auto a batteria, kW e motori elettrici

  • AC: Alternative Current (corrente alternata)
  • AFIR: Alternative Fuels Infrastructure Regulation. Proposta della commissione europea per un regolamento del Parlamento e Consiglio Europeo sulle infrastrutture di ricarica per combustibili alternativi, che sostituirebbe la DAFI. Qui il testo completo.
  • BEV: Battery Electric Vehicle. I BEV sono i veicoli puramente elettrici (full electric) caratterizzati da motori elettrici alimentati esclusivamente a batteria, nella quale l’elettricità viene stoccata. La batteria, a sua volta, è ricaricata attraverso un cavo collegato alla rete elettrica tramite una infrastruttura di ricarica (sia essa una wallbox domestica oppure una infrastruttura di ricarica pubblica o privata).
  • CPO: Charging Point Operator. Operatore delle infrastrutture di ricarica.
  • DAFI: Direttiva Europea sulle Infrastrutture per Combustibili Alternativi. Direttiva 2014/94/UE, recepita in legislazione italiana con il D.lgs. 257/2016
  • DC: Direct Current (corrente continua)
  • HPC: High Power Charger. Punti di ricarica da 150 kW e superiori che rendono i tempi di ricarica simili a quelli per il rifornimento di auto con motore a combustione. A fronte di una spesa per la ricarica leggermente più alta (in termini di €/kWh) consentono potenzialmente di ricaricare fino all’80% della batteria in appena 10 minuti, giusto il tempo di un caffè!
  • PEV: Plug-In Electric Vehicle. Per veicoli elettrici (PEV) intendiamo l’insieme dei BEV e dei PHEV.
  • PHEV: Plug-In Hybrid Electric Vehicle. I PHEV coniugano il motore a combustione interna al motore elettrico, alimentato a batteria. Quest’ultima può essere ricaricata attraverso un cavo, collegato alla rete elettrica (con le stesse modalità dei veicoli BEV).
  • PNIRE: Piano Nazionale Infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica. Definito secondo la legge n. 134 del 7 agosto 2012, Art. 17 septies.
  • PNRR: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
  • POD: Point of Delivery. Punto di consegna dell’energia elettrica
  • TEN-T: Trans-European Transport Network. Secondo la definizione della Commissione Europea, l’insieme d’infrastrutture di trasporto integrate previste per sostenere il mercato unico, garantire la libera circolazione delle merci e delle persone e rafforzare la crescita, l’occupazione e la competitività dell’Unione europea. Nel testo si fa riferimento alla rete stradale.