Il rimbalzo, dopo la grave recessione causata dalla fase più acuta della pandemia, e la grave crisi aperta dall’invasione russa dell’Ucraina, hanno alimentato un forte rialzo dei prezzi del gas e del petrolio, ma anche di molte materie prime. Mentre sui consumi di gas è in corso un ampio dibattito, sulle materie prime manca un’adeguata attenzione e riflessione. Dopo la flessione del 2020, nel 2021 abbiamo consumato, a livello mondiale, 101,4 miliardi di tonnellate di materiali, con una crescita rispetto al 2018 del 13% (Circularity Gap Report, 2021).
La crescita del consumo di materiali nell’economia globalizzata – in un Pianeta con risorse naturali limitate, con una popolazione che supera gli 8 miliardi – genera una tendenza di fondo all’aumento dei prezzi e difficoltà di approvvigionamento: tendenza facilmente amplificata dalla congiuntura economica e da eventi geopolitici che coinvolgano il ristretto numero di paesi esportatori di materie prime. Senza dimenticare che un prelievo così ingente di materiali genera rilevanti impatti ambientali – e un forte aumento delle emissioni di gas serra – nella loro estrazione, lavorazione, trasporto, consumo e gestione dei rifiuti. Per dare solidità alla prosperità economica e sostenibilità climatica ed ecologica all’economia, è ormai necessario disaccoppiare la crescita dal consumo di materiali, passando da un modello lineare ad uno circolare di economia.
A che punto siamo in Italia in questo percorso di cambiamento verso un’economia più circolare? Il 4° “Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022“, realizzato dal CEN (Circular Economy Network), la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile assieme a un gruppo di aziende e associazioni di impresa, in collaborazione con Enea, documenta che il nostro Paese dispone di rilevanti potenzialità per disaccoppiare la crescita economica e dall’aumento dell’uso delle risorse, ma che potrebbe fare molto meglio.
L’Italia – sulla base dei dati del 2020 del citato 4°Rapporto – ha, infatti, un buon livello di produttività delle risorse (genera 3,5 euro di Pil per ogni kg di materiale consumato, a fronte di una media europea di 2,1 euro), dispone di un relativo buono livello del contributo dei materiali riciclati alla domanda complessiva di materiali consumati (del 21,6% a fronte di una media europea del 12,8, superiore di 8 punti percentuali di quello della Germania), nonché di un alto tasso di riciclo complessivo dei rifiuti, speciali e urbani sommati, (circa il 68% ,il più alto d’Europa). L’Italia registra anche alcuni ritardi evidenziati da alcuni indicatoridi circolarità: ha un alto consumo di suolo ( il 7,1%, fra i più alti in Europa), bassi investimenti per l’eco-innovazione (siamo al 13° posto in Europa) e infine fa registrare un declino del settore della riparazione (dove siamo dietro alla Francia e alla Spagna e dove abbiamo perso aziende e occupati rispetto al 2010). Facendo una valutazione ponderata e complessiva degli indicatori chiave di circolarità delle cinque principali economie della Ue, l’Italia risulta con buone potenzialità per un cambiamento in direzione di una maggiore circolarità della sua economia: è, infatti, in questa classifica, in prima posizione, alla pari con la Francia, davanti alla Spagna e molto meglio collocata anche rispetto alla Germania e alla Polonia.
Le buone potenzialità dell’Italia sono una condizione favorevole anche per affrontare le attuali difficoltà, generate dai prezzi elevati ed anche, per alcune materie prime, di approvvigionamento, con misure che realizzino una maggiore circolarità della nostra economia, anticipando anche l’attuazione delle proposte della Commissione europea presentate lo scorso 30 marzo. Introducendo nuovi requisiti per rendere i nostri prodotti più circolari – più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facilida mantenere, ristrutturare e riciclare – ed efficienti dal punto di vista energetico. I prodotti regolamentati dovrebbero essere dotati anche di un passaporto digitale che renda più facile ripararli e riciclarli. L’attuale quadro normativo sull’ecodesign andrebbe esteso ad una più ampia gamma di prodotti, prevedendo criteri per l’efficienza energetica e per la circolarità, con una riduzione dell’impronta ambientale e climatica. Anche i consumatori – come prevede il nuovo pacchetto della Commissione europea – andrebbero coinvolti con una migliore informazione. Andrebbe recepita la strategia per garantire che, entro il 2030, i prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE, siano durevoli e riciclabili e fatti il più possibile di fibre riciclate e la proposta di revisione del regolamento sui prodotti da costruzione per renderli più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifare.
Nel corso del 2021 sono stati varati provvedimenti importanti – a partire dal Pnrr – che possono contribuire ad accelerare la transizione all’economia circolare. Altri strumenti di carattere strategico e programmatico – quali la Strategia nazionale per l’economia circolare e il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti – dovrebbero essere approvati entro la metà del 2022. Già dai prossimi mesi l’Italia deve riuscire a “mettere a terra” tutti gli impegni previsti dal Pnrr in termini di investimenti e di riforme e garantire la effettiva realizzazione, entro i tempi previsti, dei progetti per l’economia circolare, finanziati attraverso i bandi del Pnrr. Questi progetti dovrebbero essere selezionati applicandocriteri coerenti con il Piano di azione europeo per l’economia circolare, con particolare attenzione alle maggiori criticità, premiando l’innovazione tecnologica, evitando la dispersione a pioggia dei finanziamenti pubblici del Pnrr e loro destinazioni a progetti che sono in grado di autofinanziarsi sul mercato. E’, inoltre, necessario finalizzare in maniera netta e incisiva allo sviluppo dell’economia circolare, le agevolazioni previste da Transizione 4.0, con riferimento all’ecodesign, alla durabilità e riparabilità dei prodotti, alla simbiosi industriale, al riuso e riciclo, a tecnologie di disassemblaggio e remanufactoring, al recupero di materiali, alla produzione di materie prime seconde di qualità, al prodotto come servizio e per rafforzare lo sviluppo della bioeconomia circolare e rigenerativa. Occorre, inoltre, prevedere, nell’ambito della riforma fiscale all’esame del Parlamento, misure di fiscalità ecologica perpromuovere la riparazione dei beni, nonché incentivare l’uso delle materie prime seconde e il riciclo.
In materia di End of Waste, occorre garantire tempi brevi per il riconoscimento della cessazione della qualifica di rifiuti dopo il riciclo, in un contesto in cui la rapida evoluzione delle tecnologie e delle possibilità di riciclo richiede una altrettanto rapida e costante evoluzione normativa, dando effettiva attuazione alla previsione del PNRR di modificare” la normativa primaria e secondaria per il riconoscimento della fine della qualifica di rifiuto per numerose tipologie di materiali prodotti nella filiera del riciclo e per accelerare i procedimenti autorizzativi degli impianti e del loro esercizio“. Per affrontare l’incidenza crescente degli alti prezzi dell’energia impianti di riciclo. sulle attività di riciclo, sarebbe utile, incentivare, con procedure effettivamente rapide e semplificate gli interventi, per l’efficienza energetica e per l’installazione di impianti per l’utilizzo di fonti rinnovabili negli impianti di riciclo.
(Edo Ronchi è Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile)