Il cambiamento climatico ci sta uccidendo. Oltre 570.000 persone sono morte negli ultimi vent’anni tra Europa, Africa e Asia per cause legate al nuovo clima, quello che l’uomo ha innescato continuando a bruciare combustibili fossili e aumentare i gas serra in atmosfera. Nessuno è più al sicuro, lo dimostrano le quasi 100 vite spezzate da un giorno all’altro a Valencia e in altre città della Spagna, lo dimostra un importante studio di attribuzione, realizzato dall’Imperial College, che mostra una chiara correlazione fra i dieci eventi meteo più mortali degli ultimi vent’anni e il riscaldamento globale.
Crisi climatica: i 10 eventi meteorologici estremi più mortali dell’ultimo decennio
Accade ovunque nel mondo e avviene sotto ogni forma, talvolta silente, di una intensificazione degli eventi meteo estremi come le alluvioni, la siccità, le ondate di calore e gli impatti dei cicloni che portano a numeri record di vittime e distruzione. E se osservare anche solo quello che è successo negli ultimi tre mesi non ci basta a comprendere il cambiamento in atto – migliaia di morti dalla Nigeria all’Etiopia in Africa, le inondazioni devastanti in Europa, le città americane rase al suolo – allora forse uno sguardo più analitico sugli ultimi 20 anni può aiutarci ad aprire gli occhi.
I ricercatori del prestigioso gruppo World Weather Attribution (WWA) dell’Imperial College di Londra hanno rianalizzato i dati relativi ad alcuni degli eventi meteo estremi dal 2004 ad oggi sottolineando come in ognuno di questi eventi ci sia stata l’impronta del cambiamento climatico.
Che sia per mari più caldi, che caricano l’aria di energia o per la drammatica alternanza fra suoli secchi e quantitativi d’acqua enormi e improvvisi, i cambiamenti climatici di origine antropica hanno reso “più probabili i dieci eventi meteorologici estremi più mortali degli ultimi 20 anni” scrivono.
Le ondate di calore in Russia
In cima alla lista degli eventi più mortali degli ultimi due decenni c’è la siccità che ha colpito la Somalia e il Corno d’Africa nel 2011: in quel caso si stimano 258mila vittime, con un fenomeno siccitoso “reso più estremo dalla crisi del clima”. Pochi anni prima, nel 2008, il ciclone Nargis che si è abbattuto sul Myanmar e altre aree del sud est asiatico, sempre con una intensificazione collegata al nuovo clima, ha portato a oltre 138mila vittime. Nel 2010 la Russia e altre zone del nord sono state colpite da ondate di calore mai viste prima che hanno contribuito alla morte di oltre 55mila cittadini.
In Europa: 37mila le vittime nel 2023 per il caldo
Poi, solo due anni fa, in questa triste classifica degli eventi mortali compare l’Europa, la stessa che ancora oggi – per le sue caratteristiche di vicinanza a un hotspot climatico come il Mediterraneo – è costantemente colpita da eventi meteo estremi.
Nel 2022 nel Vecchio Continente, Italia compresa, le ondate di calore hanno ucciso più di 53mila persone. A queste vanno aggiunte, sempre in Europa, le vittime del caldo estremo dello scorso anno, quando a perdere la vita a causa del caldo sono stati oltre 37mila europei, ma anche le 3.275 persone decedute solo in Francia nel 2015 (che è lo stesso anno degli Accordi di Parigi, quelli per limitare il riscaldamento globale), sempre per le ondate di calore. In quel caso, in Francia, per gli scienziati le temperature elevate sono state rese due volte più probabili dal nuovo clima.
Nella black list Libia, Filippine e Bangladesh
Nel 2023, in Libia, le improvvise inondazioni rese più probabili dal global warming hanno spezzato le vite di 12.352 persone. E poi ci sono gli oltre 6mila morti in India nel 2013, sempre per le alluvioni e nello stesso anno i 7300 morti causati dal passaggio del tifone Haiyan sulle Filippine. Infine, in questa classifica nera, gli esperti hanno valutato anche il caso del ciclone Sidr che nel 2007 in Bangladesh uccise oltre 4000 persone.
Il tasso di riscaldamento globale causato dall’uomo
In tutti questi casi c’è un collegamento, una connessione chiara – secondo gli scienziati – fra surriscaldamento globale e intensificazione degli eventi estremi. E in tutti questi casi il numero delle vittime elencato potrebbe essere “significativamente più alto” dato che molti decessi per ondate di calore tendono a non essere registrati come tali, soprattutto nelle nazioni più povere.
“Questo studio – dice Friederike Otto, co-fondatrice e responsabile della WWA dell‘Imperial College – dovrebbe aprire gli occhi ai leader politici che si aggrappano ai combustibili fossili che riscaldano il Pianeta e distruggono vite. Se continuiamo a bruciare petrolio, gas e carbone, la sofferenza continuerà”.
I temi in agenda alla prossima Cop29 a Baku
L’ennesima chance per aprire gli occhi è in arrivo tra meno di due settimane a Baku, in Azerbaigian, dove i leader si incontreranno per la Cop29, la Conferenza delle Parti sul clima. Ma anche in questo caso la sola natura politico-economica dell’Azerbaigian, un petro-stato che si basa sul gas, che importiamo in grandi quantità anche dall’Italia, getta più ombra che luce sulla riuscita degli accordi.
I modelli utilizzati dal WWA ci dicono inoltre che le simulazioni attuali, quelle relative alla possibilità se uno stesso evento si fosse verificato in un mondo senza rivoluzione industriale, sono chiare: se si eliminassero gli effetti dei miliardi di tonnellate di CO2 che gli esseri umani hanno immesso nell’atmosfera non saremmo arrivati ad eventi meteo così intensi ed estremi.
Un disastro umanitario
“L’enorme numero di morti che continuiamo a vedere in condizioni meteorologiche estreme dimostra che non siamo preparati per un riscaldamento di 1,3°C (come quello attuale, ndr) per non parlare di 1,5 °C o 2 °C” ha detto Roop Singh del Red Cross Red Crescent Climate Centre, istituto che supporta la WWA. “Con ogni frazione di grado di riscaldamento assisteremo a più eventi da record che spingeranno i Paesi sull’orlo del baratro, indipendentemente da quanto siano preparati” chiosa.
Fra i passaggi che gli esperti del WWA scrivono nella presentazione dei loro studi, c’è poi un punto che fa davvero paura. “Sappiamo che non esiste una catastrofe naturale – scrivono – sono la vulnerabilità e l’esposizione della popolazione a trasformare i pericoli meteorologici in disastri umanitari. Tuttavia, sempre meno pericoli meteorologici possono essere descritti puramente come ‘naturali’. Il nostro lavoro, insieme alla più ampia letteratura scientifica, ora mostra che con ogni tonnellata di carbone, petrolio e gas bruciati in più, tutte le ondate di calore diventano più calde e la stragrande maggioranza degli eventi di forti piogge, siccità e cicloni tropicali diventano più intensi”.
“L’Italia Paese allarmante per le temperature estreme”
Si tratta dell’ennesimo avvertimento rispetto a ciò che ci aspetta. E se crediamo che sia lontano, se anche osservare quanto successo a Valencia non ci tocca, o se le quattro alluvioni dell’Emilia Romagna in un anno e mezzo non bastano a farci riflettere e a spronare i governi a un cambiamento nelle azione per la decarbonizzazione, allora vale la pena ricordare come anche dal punto di vista medico le preoccupazioni stanno costantemente aumentando.
Pochi giorni fa è uscito un importante studio sulla rivista The Lancet che ci dice proprio questo: che le minacce alla salute a causa della crisi del clima sono ormai a livelli record. Altrove? No, anche in Italia: “Un Paese particolarmente allarmante per l’aumento dei giorni con temperature estreme. Qui la stima di decessi legati alle temperature estreme è salita da 129 persone a 159 persone ogni 100mila abitanti in soli 10 anni”.