A 390 metri di profondità, in fondo al mare del Labrador, giace l’ultima nave di quello che gli americani considerano “il più grande esploratore di tutti i tempi”. Un team guidato dalla Royal Canadian Geographical Society (RCGS) nelle scorse ore ha infatti individuato il relitto della nave chiamata “Quest”, localizzato al largo della costa di Terranova, piroscafo affondato nel 1962 e considerato l’ultima imbarcazione su cui il famoso esploratore polare sir Ernest Shackleton tentò di raggiungere per l’ultima volta il cuore dell’Antartide.
I resti della nave, un piroscafo lungo 38 metri, sono stati individuati grazie ai sonar: il legame con l’esploratore, che secondo un sondaggio negli Stati Uniti è da molti considerato il più grande di tutti i navigatori, conferisce alla nave “un grande significato storico” ricordano dalla RCGS. L’avventuriero irlandese è da sempre celebrato per le sue imprese e anche per la capacità di prendersi cura del suo equipaggio, avventure che avvenivano in un periodo storico in cui raggiungere i poli era estremamente proibitivo e improntate soprattutto sul continuo (ma mai davvero centrato) tentativo di esplorare l’Antartide.
Ernest Shackleton era nato nel 1874 a Kilkea House, in Irlanda, e dopo essersi arruolato a sedici anni su una nave della marina mercantile britannica e aver solcato per anni gli oceani si aggregò alla spedizione antartica della Royal Geographical Society guidata da Robert Falcon Scott, considerato fra i grandi esploratori dei poli. Eccellente navigatore, per tre volte Shackleton tentò di sfidare il Polo Sud senza mai arrendersi. Una delle sue navi finì stritolata fra i ghiacci, salvò decine di membri del suo equipaggio e in alcuni casi arrivò molto vicino al cuore dell’Antartide. Sembrava sempre capace, narra la storia, di sfidare l’impossibile: a lui si deve il campo base sull’Isola di Ross ma anche la storica traversata del continente antartico.
Nel 1921, dopo diversi tentativi, Shackleton provò a salpare ancora una volta verso l’Antartide a bordo della Quest. Quandò partì a Londra fu salutato da una enorme folla in festa: purtroppo però, riportano le cronache di allora, nel 1922 nel porto di Grytvyken nella Georgia del Sud all’età di 47 anni fu colpito da un attacco cardiaco e morì. Fu seppellito, per volontà della moglie, proprio nel cimitero di Grytvyken. “Il suo ultimo viaggio ha messo fine all’era eroica dell’esplorazione polare, sicuramente nel sud” ha ricordato il famoso cacciatore di relitti David Mearns.
La Quest, battezzata nel 1917, per diversi anni solcò ancora i mari e affondò tra i ghiacci il 5 maggio del 1962: da oltre sessant’anni dei resti di questa nave diventata un’icona per gli esploratori non si avevano più notizie. I sonar hanno rivelato che il relitto giace quasi in posizione verticale sul fondale marino: l’albero principale risulta rotto ma buona parte dell’imbarcazione sembrerebbe essere ancora intatta. La nave, ai tempi, veniva utilizzata per la caccia alle foche: lo spesso strato di ghiaccio marino durante una battuta di caccia perforò lo scafo contribuendo al successivo affondamento, in pratica lo stesso danno inflitto alla Endurance, altra nave che Shackleton utilizzò nella sua sfortunata spedizione imperiale transantartica del 1914-1917. Entrambi gli equipaggi delle due navi dell’esploratore fortunatamente però riuscirono a salvarsi.
Inizialmente la Quest sarebbe dovuta salpare per esplorare l’Artico ma quando saltarono i finanziamenti da parte del governo canadese la spedizione fu orientata sull’Antartide nel tentativo di mappare le isole, raccogliere campioni, fare ricerca scientifica e installare infrastrutture, come le stazioni meteo. Ora, probabilmente a fine anno, la Royal Canadian Geographical Society punta a una seconda spedizione per riuscire a visitare e indagare in maniera completa i resti del relitto. “Per adesso non abbiamo intenzione di toccare il relitto. In realtà si trova in un’area già protetta per la fauna selvatica, quindi nessuno dovrebbe toccarlo” ha ricordato il direttore associato delle ricerche, Antoine Normandin, sostenendo però la volontà di poter presto “fotografarlo con un veicolo telecomandato, per capire veramente il suo stato”.
Per molti appassionati di relitti e di esplorazioni il ritrovamento della Quest chiude il cerchio sulla straordinaria vita di Shackleton, la cui tomba nella Georgia del Sud è tutt’oggi visitata da centinaia di persone che lo considerano il “boss” delle esplorazioni antartiche. “Shackleton vivrà per sempre come uno dei più grandi esploratori di tutti i tempi, non solo per ciò che ha ottenuto nell’esplorazione, ma per il modo in cui lo ha fatto e per il modo in cui si è preso cura dei suoi uomini. La sua storia è senza tempo e verrà raccontata ancora e ancora e io sono solo uno dei tanti discepoli che continueranno a raccontarla il più a lungo possibile” ha ricordato David Mearns.