Un secolo e mezzo fa non si andava in vacanza in montagna, prati e boschi in altura erano frequentati d’estate da chi portava le mucche agli alpeggi o saliva a fare legna, d’inverno erano cime solitarie. I villaggi erano a mezza costa o giù a valle e la vita era molto grama.

Era così anche a Santa Caterina Valfurva, alpeggi magnifici in cima alla Valtellina, in un anfiteatro circondato dalle cime del Cevedale, dell’Ortles e del Gran Zebrù. A farne prima di molti altri una meta per turisti avventurosi, allora si arrivava a cavallo o in carrozza lungo strade scoscese e polverose, fu l’acqua ‘forta’. Alla fine del ‘600 era stata scoperta una fonte di acqua rossastra e saporita alla quale il ferro che conteneva dava preziose virtù ricostituenti ed energetiche.

Il primo albergo fu avviato nel 1836 ma il decollo vero arrivò a partire dal 1875 quando gli alberghi si moltiplicarono, erano già sette nel 1880, e quell’anfiteatro bellissimo cominciò a prendere le sembianze di un borgo. Arrivare a Santa Caterina non era facile, la Valtellina, che si apre a est del Lago di Como, è lunghissima e Santa Caterina è al suo estremo, oltre non si poteva andare, come anche adesso d’inverno quando il Passo Gavia non è praticabile. Inglesi soprattutto, svizzeri, francesi, tedeschi si inerpicavano fin lassù per bere quell’acqua e combattere l’anemia, quell’acqua era famosa e ai primi del ‘900 fu anche imbottigliata ed esportata fino agli Stati Uniti. E poi la montagna era così bella che si aggiungevano le passeggiate e per i più sportivi le arrampicate. Il tempo dello sci e delle vacanze invernali era ancora lontano, ma alla fine degli anni ’70 dell’800 Santa Caterina era diventata una meta estiva di turismo montano. Nel 2025 saranno 150 anni, un anniversario degno di essere festeggiato.

(agf)

Le famiglie degli albergatori pionieri portano i nomi di Clementi, il primo, Pedranzini, Compagnoni, Antonioli, Fuchs. I Clementi e i Fuchs non ci sono più, ma molti alberghi sono ancora oggi gestiti dai discendenti di quei Pedranzini, Compagnoni, Antonioli, Bonetta.

Dall’inizio degli anni ’60 del secolo scorso a Santa Caterina si cominciò ad andare anche d’inverno, prima un piccolo skilift, poi due, poi gli impianti si sono moltiplicati come le piste intorno alla regina, la Compagnoni, pista da gare di coppa del mondo dedicata alla campionessa Debora che su quelle nevi ha imparato a sciare. Un vasto comprensorio dove anche in questo inverno siccitoso la neve non è mai mancata, neanche sulla bellissima pista di fondo che si snoda nel bosco partendo dal centro del paese.

L’acqua ‘forta’ non c’è più, la fonte è stata chiusa, il mondo è cambiato ma Santa Caterina è rimasta un punto fermo per chi ama la montagna. Sci e fat bike d’inverno, escursioni, arrampicate e scalate d’estate partendo dai rifugi Forni, Pizzini, Casati, Branca, 5°Alpini. E itinerari affascinanti lungo quello che era stato un fronte caldissimo della Grande Guerra. Gli austriaci arrivati dall’Alto Adige dopo aver conquistato il rifugio Casati e la Capanna Cedec (rifugio Pizzini) non dilagarono in Valtellina perché furono fermati proprio ai Forni, dove c’era il comando delle truppe italiane acquartierate nel gelo di quelle trincee.

D’estate Santa Caterina Valfurva diventa anche una capitale delle due ruote, tappa obbligata dei motociclisti che percorrono il circuito dei passi e scendendo dallo Stelvio si rifugiano a Santa Caterina prima di affrontare il Gavia. Ma ancora di più dei mountain biker, per i quali la Trans Alp ne ha fatto un luogo quasi mitico. Gli appassionati tedeschi partono sulle loro bici da Garmisch o da Obersdorf per arrivare sette giorni dopo a Riva del Garda, per loro Santa Caterina è un passaggio classico. E c’è chi si è attrezzato per ospitarli. Lo SportHotel ha un servizio per il trasporto dei bagagli dei ciclisti, deposito per le biciclette, officina specializzata, servizi per le ricariche di chi si muove con le bici a pedalata assistita, persino l’attrezzatura per il lavaggio per rimuovere il fango che i percorsi lungo i sentieri lasciano sulle bici e sulle moto.

Si scende dallo Stelvio e passata Bormio si risale a Santa Caterina. È il momento della birra, dei pizzoccheri, della bresaola, delle crostate ai mirtilli e di una buona grappa. Poi a letto, l’indomani c’è il Gavia da affrontare.