Se tutti gli imprenditori che hanno mosso i primi passi in California dopo aver respirato l’atmosfera del movimento hippy fossero come Yvon Chouinard, il mondo sarebbe di sicuro migliore. La storia personale del fondatore di Patagonia, che ha annunciato di aver ceduto le azioni della sua società, valutate circa 3 miliardi di dollari, a un fondo ad hoc e a un’organizzazione no-profit per la salvaguardia del Pianeta, è una favola ambientalista, il racconto di un innamoramento per la montagna in primis e in seguito per un autentico contatto con la Natura, che portano a un concreto ambientalismo. Al contrario degli uomini più ricchi del mondo, che devono gran parte dei loro profitti a investimenti nelle tecnologie verdi, lo statunitense non ha puntato direttamente su veicoli elettrici o batterie, ma ha fatto in modo di compensare l’impatto ecologico delle sue attività.
Chouinard è nato nel 1938 in America, nel piatto Maine, la sua famiglia proveniva dal Canada francese e suo padre era il classico tuttofare, idraulico e meccanico che sa lavorare e trasformare gli oggetti. Nel 1947 i Chouinard si trasferiscono in California ed è qui che Yvon comincia a scalare: spesso salta le lezioni del liceo per andare a surfare, oppure per arrampicarsi nell’Alta Sierra. Per gli appassionati di montagna il suo nome è legato a quello di Royal Robbins, con il quale è un precursore dell’arrampicata libera e senza chiodi: i due sono stati determinanti nel cambiare la cultura dell’arrampicata della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70, incoraggiando l’uso e la conservazione delle caratteristiche naturali della roccia.
È in quest’ottica che dalla fine degli anni Cinquanta, quando acquista una fucina a carbone, una pressa usata e vari altri utensili, inizia a costruire chiodi da roccia, che tiene nel bagagliaio della macchina e vende all’occorrenza agli appassionati. Il ricavo di questa piccola attività gli serve per mantenersi e intanto continuare a dedicarsi alla scalata e al surf. Nel giro di poco i suoi chiodi hanno un grande successo e nel 1960 fonda la Chouinard Equipment, Ltd. In dieci anni la sua azienda si ingrandisce e sviluppa nuovi prodotti. Insieme a un altro celebre alpinista americano, Tom Frost, crea nuovi prodotti, come picche e ramponi adatti all’arrampicata in verticale sul ghiaccio.
L’espansione della sua attività imprenditoriale nel settore dell’abbigliamento outdoor comincia nel 1970, con la compravendita di magliette da rugby acquistate in Scozia e rivendute negli Stati Uniti: è il primo passo per la nascita dell’azienda Patagonia, che diventa un marchio a livello mondiale. Anche in questa rapida ascesa nel mondo dell’imprenditoria, Chouinard non smette mai di portare avanti i suoi progetti per la protezione dell’ambiente e della natura e di mostrare consapevolezza per la sua responsabilità sociale: “Tutti i dipendenti hanno bisogno di orari flessibili per poter andare a fare surf quando ci sono le onde giuste o a sciare quando c’è la neve, o poter stare a casa ad accudire un bambino con l’influenza.”, ha dichiarato.
Il suo impegno ecologista si concretizza nel 2002 con la fondazione, insieme a Craig Mathews di 1% for the planet. Nel suo libro del Let my people go surfing. La filosofia di un imprenditore ribelle, del 2005 (tradotto in 16 lingue con vendite oltre le 500mila copie), ha spiegato che “Lo scopo di 1% for the Planet è di contribuire a finanziare diverse organizzazioni ambientaliste, in modo che collettivamente possano essere più efficaci nel risolvere i problemi del mondo”. “1% for the Planet” rappresenta infatti una rete globale di aziende, individui e organizzazioni ambientaliste che affrontano i problemi ambientali più urgenti del nostro Pianeta.
Fa scalpore l’appello di Chouinard nel 2011 alla vigilia del Black Friday, la giornata di corsa agli acquisti. Il fondatore di Patagonia compra infatti una pagina del New York Times per mandare il messaggio contrario rispetto all’ideologia dominante. Di fatto, incoraggia i suoi clienti a non acquistare nuovi prodotti, ma a riutilizzare o riparare i vecchi. I suoi messaggi negli ultimi anni sono chiari: “Dobbiamo convincere le aziende, di qualsiasi tipo esse siano, che non hanno soltanto il compito di soddisfare gli azionisti e massimizzare i profitti – dichiara -, ma hanno la responsabilità di salvare il Pianeta. Questo si può fare in un solo modo: mettendo mano alle tasche e dando soldi a chi già si occupa di farlo”.
La decisione di oggi di avere per la sua Patagonia “come unico azionista la Natura”, come ha dichiarato al Washington Post, è solo l’ultimo segnale della devozione di Chouinard per l’ambiente e del suo desiderio di continuare a surfare. Ma non da solo.