Nelle profondità del paradiso c’è una inattesa speranza. Una barriera corallina “incontaminata”, brulicante di vita, è stata da poco scoperta al largo di Tahiti nella Polinesia francese. Mentre la maggior parte delle barriere coralline del mondo sono oggi in sofferenza fra acque sempre più calde a causa della crisi climatica, inquinamento, acidificazione del mare e sbiancamento dei coralli, quella che un team di ricercatori dell’Unesco ha individuato fra 30 e 70 metri di profondità appare sana e intatta. “Un’opera d’arte”, l’ha definita il fotografo subacqueo francese Alexis Rosenfeld che per primo ha avuto la fortuna di immortalarla.

La barriera è stata scoperta a novembre dalla ricercatrice e subacquea Laetitia Hédouin mentre faceva una immersione ricreativa. Subito dopo il team del programma ‘Unesco per l’educazione, le scienze e la cultura’, che si sta occupando del monitoraggio dei coralli e degli ecosistemi marini anche in Polinesia, ha effettuato una spedizione per confermare la presenza della barriera e il suo stato di salute. Questa città sottomarina di spugne e coralli, casa di migliaia di specie di pesci e organismi marini, si estende per circa tre chilometri e la sua particolarità sta proprio nella profondità: si trova nella zona nota come mesofotica, solitamente oltre i trenta metri, dove c’è una bassa penetrazione della luce.

Proprio la profondità a cui si trova secondo gli esperti potrebbe essere la chiave del suo ottimo stato di conservazione che al momento non mostra né segni di sbiancamento né impatti da parte delle attività umane e nemmeno, per fortuna, segni di squilibri legati alle onde generate dallo tsunami del vulcano sottomarino eruttato a Tonga che ha impattato su diverse aree del Pacifico.

Il fatto che si trovi in acque profonde, a differenza di barriere più superficiali come ad esempio la Grande barriera corallina australiana, che in pochi decenni ha perso metà dei suoi coralli a causa dello sbiancamento, potrebbe essere un vantaggio in termini di sopravvivenza e riproduzione dei coralli e delle specie che la abitano.

Scoperta una nuova barriera corallina: “Immensa e incontaminata, è un’opera d’arte”

In un generale contesto di difficoltà delle barriere nel mondo, recentemente casi positivi di ripresa dei coralli sono stati registrati soprattutto a queste profondità. Segnali incoraggianti arrivano per esempio da alcune aree del Mar Rosso ma anche dall’Italia dove, al largo della Puglia, proprio nella zona mesofotica, sono state individuate “scogliere coralline” che sono oggi oggetto di studi da parte del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari.

La barriera scoperta al largo di Tahiti sembra già essere – per i biologi – una delle più grandi individuate a tali profondità, con “giganteschi e splendidi coralli che si estendono a perdita d’occhio” ha raccontato dopo le spedizioni Rosenfeld. Attraverso la missione Unesco adesso i ricercatori continueranno a mapparla, utilizzando sia nuove tecnologie sia sistemi che permettono di rimanere per diverso tempo a oltre 50 metri per prelevare campioni ed effettuare misurazioni.

Gli esperti non escludono nemmeno di riuscire a scoprire una estensione maggiore della barriera o altre formazioni del genere nel Pacifico. Per  lo scienziato marino Murray Roberts dell’Università di Edimburgo “poiché le acque di superficie si riscaldano più velocemente delle acque più profonde, in futuro potremmo scoprire che questi sistemi di barriere coralline più profonde saranno rifugi per i coralli. Dobbiamo uscire per mappare questi luoghi speciali, comprendere il loro ruolo ecologico e assicurarci di proteggerli per il futuro”.

Considerando anche che il 25% delle specie marine vivono nelle barriere coralline, questa scoperta per i ricercatori può aiutare a salvarne altre attraverso la comprensione della resilienza, per esempio ai cambiamenti climatici e alla pressione antropica, di quelle considerate intatte. “Questo ritrovamento, con la barriera in condizioni così incontaminate – concludono gli esperti – è un segnale di speranza e una buona notizia per ispirare la conservazione futura delle specie”.