Godere di un tramonto in riva al mare, passeggiare su un prato in fiore, percepire i suoni e i profumi di un bosco, il piacere e il desiderio di immergersi in questi paesaggi è scritto anche nel nostro DNA e non è per tutti uguale. Secondo una ricerca condotta dall’Università nazionale di Singapore, infatti, alcuni individui sono più sensibili al richiamo del verde e questa caratteristica risulta in parte ereditaria. Lo studio, pubblicato su Plos Biology, ha mostrato che i gemelli identici (monozigoti) si somigliano di più, rispetto ai gemelli eterozigoti (o fraterni), anche in questo aspetto. Comprendere le radici dei nostri comportamenti è importante anche per inquadrare meglio il nostro rapporto con la Natura. E potenzialmente per migliorarlo, visti i benefici per la nostra salute, attestati da varie prove, associati ad esperienze rigeneranti nel verde.
Misurare l’amore per la natura
I ricercatori hanno considerato i comportamenti di 1.153 coppie di gemelli rintracciati mediante il più grande registro inglese, il TwinsUk, che include persone dai 16 anni in su. Di queste coppie, 764 erano composte da gemelli monozigoti e 389 da eterozigoti. Per farlo hanno domandato loro quanto spesso provano il desiderio di stare in un parco o in un giardino e con che frequenza e quanto tempo trascorrono in questi spazi, magari fuggendo dall’ambiente urbano. I risultati hanno mostrato che i gemelli identici, che condividono quasi il 100% del patrimonio genetico, assumono in media atteggiamenti più somiglianti, anche su questo fronte, rispetto ai gemelli fraterni – che invece hanno in comune circa il 50% del Dna. Gli autori spiegano che si tratta della prima prova dell’influenza genetica sulla nostra propensione verso la Natura.
Quanto pesa il DNA
In particolare, l’interesse, l’attenzione e il desiderio di passare più tempo a contatto con il verde sarebbero caratteristiche ereditabili circa del 46%, mentre l’abitudine a frequentare parchi e giardini circa del 34%. Le somiglianze, maggiori fra gemelli identici, si affievoliscono all’aumentare dell’età, suggerendo che al passare degli anni le esperienze e i fattori esterni – non genetici – assumono un peso crescente. Anche se i dati sono da ampliare, i ricercatori spiegano che che non solo l’educazione e le esperienze – dunque fattori ambientali esterni – ma anche fattori genetici hanno un ruolo sia rispetto alla nostra passione per la Natura sia rispetto a quanto spesso decidiamo di farle visita.
Aspetti da chiarire
Le percentuali si basano su stime statistiche, ottenute rielaborando le informazioni fornite dai partecipanti: per questo, stabilire con precisione qual è il reale peso del DNA risulta molto complesso. Nella valutazione del legame fra geni e tempo trascorso nel verde entrano in gioco vari elementi difficili da quantificare. Per esempio, chi abita in città ha meno occasioni di beneficiare di parchi, mare, montagna, laghi o foreste. Chi non ama particolarmente questi paesaggi, ma vive comunque a contatto con il verde, potrebbe essere invece stimolato a sviluppare una maggiore sensibilità. Inoltre, un limite può riguardare il fatto che l’indagine considera i due grandi gruppi di partecipanti (gemelli omozigoti e eterozigoti) e non distingue se fra le due categorie ci sono differenze sostanziali rispetto ai luoghi di residenza. Ma anche eliminando il peso di questi elementi, nelle conclusioni si rimarca il ruolo della genetica che apre una nuova finestra per lo studio del rapporto fra essere umano e Natura.