Il linguaggio umano è un uno dei temi più controversi nel campo dell’evoluzione. Nessun’altra specie possiede infatti un sistema di comunicazione così complesso e flessibile. E ritrovarne le radici nel mondo animale non è quindi semplice. Le grandi scimmie ad esempio sono i nostri parenti più stretti, e sebbene possiedano capacità cognitive e sociali estremamente raffinate, si ritiene che non condividano con noi uno degli aspetti più fondamentali del linguaggio parlato: la capacità di produrre i suoni che compongono le parole delle lingue umane.

Un nuovo studio su Scientific Reports punta però in direzione opposta: esisterebbero infatti almeno due esempi di scimmie documentate nell’atto di pronunciare in modo comprensibile parole delle lingue umane, trascurati fino ad oggi dalla comunità scientifica.

“Mamma, guarda qui”: la condivisione tra scimpanzé in un gesto

Come nasce la parola

Il linguaggio umano è, in prima istanza, un linguaggio parlato. Ed è per questo che in passato si è prestata molta attenzione alle capacità vocali delle grandi scimmie come gli scimpanzé, i cugini più prossimi della nostra specie. Se – come ritengono molti esperti – sono completamente incapaci di apprendere come produrre i suoni delle nostre lingue (assenti nelle loro vocalizzazioni naturali), allora bisognerebbe capire cosa glie lo impedisce, e quindi quali caratteristiche sono comparse ex-novo nella nostra specie per donarci la parola.

Per alcuni ricercatori, le differenze sarebbero principalmente morfologiche, legate ad una fisiologia della gola inadatta alla produzione dei suoni umani. Per altri, il problema nascerebbe invece al livello del sistema nervoso, dalla mancanza dei circuiti neurali necessari per apprendere nuove vocalizzazioni ascoltando qualcuno che le produce (come ad esempio un essere umano), e per coordinare i movimenti dell’apparato fonatorio in modo da pronunciare le sillabe delle nostre lingue. Altri ancora, ritengono che in realtà gli scimpanzé possiedano una capacità quanto meno rudimentale di pronunciare le parole umane.

È il caso degli autori del nuovo studio, che a sostegno della loro tesi indicano due testimonianze video in cui gli scimpanzé Johnny e Renata, registrati, rispettivamente, presso il Suncoast Primate Sanctuary di Palm Harbor e in una struttura non meglio specificata a Roma. In entrambi i casi, gli animali vengono ripresi dai loro guardiani e addestratori mentre pronunciano a comando la parola “mamma”, una delle reiterazioni di sillabe più semplici anche per gli esseri umani, che non a caso compare nelle primissime fasi della lallazione.

L’esperimento

Per verificare quanto fossero accurate le parole pronunciate dai due scimpanzé, gli autori dello studio hanno reclutato un gruppo di volontari, gli hanno fatto ascoltare i suoni pronunciati dai due animali intramezzati dalle stesse parole pronunciate da persone affette da Parkinson (e quindi più insicure nella pronuncia a causa della malattia), e chiesto poi di trascrivere foneticamente le parole ascoltate. I volontari non erano a conoscenza del fatto che alcune delle parole che avrebbero ascoltato erano state pronunciate da due scimpanzé, in modo da non avere aspettative che avrebbero potuto influenzare i risultati. Per entrambi gli animali, le trascrizioni delle parole fatte dai volontari hanno confermato che nella maggior parte dei casi la loro pronuncia di “mamma” risultava abbastanza precisa da essere comprensibile per un ascoltatore umano.

Secondo gli autori dello studio, è la conferma che gli scimpanzé sono potenzialmente in grado di pronunciare almeno alcune delle parole delle lingue umane. E questo li renderebbe candidati ideali per studiare l’evoluzione del nostro linguaggio parlato, un campo in cui fino ad oggi erano stati preferiti i confronti con animali ben più distanti da noi (anche per quanto riguarda la morfologia dell’apparato fonatorio) come elefanti, balene e merli indiani.