Il pigoscelide antartico (Pygoscelis antarcticus) è un pinguino e non se la passa bene, per nulla. Rispetto a quarant’anni fa le sue popolazioni sono diminuite del 50%. E se questa già è una cattiva notizia, non è la sola: se scompare questo pinguino, a rischio è anche tutto il ciclo del ferro dell’Oceano Antartico, perché i pinguini, come le balene, mangiano il krill, ricco di ferro, e lo riemettono nelle feci. Così, se scompaiono i pinguini, scompare anche il ferro nell’oceano, lì dove serve a far prosperare il fitoplancton (a sua volta cibo per krill), mettendo a rischio anche l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte delle acque. A raccontare tutto questo, sottolineando il ruolo – negativo – giocato dai cambiamenti climatici, è un team di ricercatori spagnoli, sulle pagine di Nature Communications.
L’idea di base dello studio, raccontano, è stata quella di guardare oltre alle balene come attori importanti nel ciclo del ferro nell’Oceano Antartico, soprattutto considerando che rispetto ai cetacei questi pinguini passano tutta la loro vita in zona. Per studiarli i ricercatori hanno studiato alcune popolazioni di pigoscelide antartico, stimandone le dimensioni, calcolando il volume del loro guano utilizzando dei droni e analizzandone anche alcuni campioni per misurare i livelli del ferro. In questo modo hanno osservato che questi pinguini producono un guano particolarmente ricco di ferro, sopratutto se paragonato a quello rilasciato da quei giganti delle balene. Al punto che, scrivono i ricercatori, si stima che grazie al guano dei pinguini venga immesso nell’oceano circa la metà del ferro di quello emesso dalle balene.
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Cosa dice tutto questo? Prima di tutto conferma che i pinguini pesano sul ciclo del ferro in Antartide. Ma considerando le popolazioni odierne di questi uccelli rispetto al passato lo studio di dice ben altro: i pinguini, verosimilmente per colpa dei cambiamenti climatici, stanno scomparendo, mettendo a rischio tutto l’ecosistema. Oggi contribuiscono a riciclare circa 500 tonnellate di ferro all’anno, la metà rispetto agli anni Ottanta quando la popolazione era due volte tanto. “Queste stime – si legge nel paper – servono come evidenze per sottolineare il ruolo che questi pinguini hanno come uno dei principali vertebrati mediatori del sistema di riciclaggio del ferro pelagico, capaci di provocare un possibile squilibro nell’ecosistema a causa della significativa diminuzione della loro popolazione”. Studiarli, così come studiare anche altri pigoscelidi, aiuterebbe a migliorare le politiche di conservazione per l’ecosistema marino dell’Antartide, concludono gli esperti.