Pochi click, una manciata di euro spesi e dall’altra parte del mondo a casa nostra arrivano direttamente buste di plastica zeppe di vestiti, accessori e qualunque cosa desideriamo. Eppure, dietro a questo processo in continua crescita, quello del fast fashion e di aziende spesso asiatiche come Shein e Temu, ma anche AliExpress ed altri, ci sono lati oscuri su cui spesso è complesso ottenere risposte, sia sul lato delle condizioni dei lavoratori, sia su quelle della qualità o la composizione dei prodotti.
Più report e inchieste di varie associazioni, fra cui Greenpeace nel 2022 hanno svelato finora che i prodotti commercializzati in particolare dai colossi cinesi possono contenere in più casi materiali tossici e sostanze che vanno dagli ftalati sino ai metalli pesanti. Sostante potenzialmente dannose per chi le indossa e in grado anche di causare anche malattie dell’epidermide. La nuova attenzione internazionale per provare a far luce su cosa contengono realmente i miliardi di capi commercializzati a costi bassissimi online, di recente hanno portato anche a diverse inchieste e operazioni giudiziarie Solo a metà agosto ad esempio le autorità di Seul hanno sequestrato centinaia di prodotti e dopo diversi test che hanno coinvolto oltre 144 capi e accessori hanno scoperto in più abiti la presenza di sostanze tossiche che superano i limiti consentiti dalla legge.
Nell’ispezione dei coreani sono stati valutati per esempio prodotti di Shein, AliExpress e Temu e altre aziende ed è stato scoperto che alcune scarpe contenevano livelli elevati di ftalati (anche di 229 volte oltre il limite). Gli stessi funzionari di Seul hanno sottolineato come determinati prodotti plastificanti a base di ftalati possono impattare sulla fertilità o sulle nascite premature, così come altri possono risultare cancerogeni. In alcuni prodotti è poi stata trovata formaldeide sopra i livelli consentiti, nonostante Shein si sia difesa sostenendo di lavorare “a stretto contatto con agenzie di test internazionali di terze parti per effettuare regolarmente test di campionamento basati sul rischio e per garantire che i prodotti forniti dai fornitori soddisfino gli standard di sicurezza dei prodotti Shein”.
Poche ore dopo la diffusione dei risultati del blitz delle autorità coreane sui social come TikTok o Instagram diversi influencer, tra cui Sean Christopher, hanno realizzato contenuti proprio per tentare di rilanciare il dibattito sulla pericolosità di alcune componenti chimiche presenti nei capi del fast fashion. “Dobbiamo cominciare a prendere questa cosa molto più seriamente” spiegava Christopher invitando tutti a parlare del problema nonostante marchi come Shein continuino la loro inarrestabile ascesa, dato che solo nel 2023 hanno registrato un fatturato di 45miliardi di dollari. A raccogliere l’invito dei social ci ha pensato però di recente il sito tedesco Oko-Test che ha realizzato una interessante prova relativa ai prodotti Shein. Come normali clienti i redattori hanno ordinato 21 articoli online, dalle scarpe per neonati sino ad abiti, giacche e accessori. I test effettuati in laboratorio, tutti dettagliatamente spiegati ai lettori, mostrano come “solo un terzo degli articoli esaminati riesce ad arrivare malapena al voto di sufficiente o adeguato”, mentre per tutti gli altri si parla di prodotti scarsi o decisamente inadeguati (in termini di qualità delle componenti).
Un vestito da bambina con motivi di unicorno per esempio durante i test ha rilasciato antimonio tossico, residui che attraverso il sudore possono essere assorbiti. In altri capi è stata trovata dimetilformammide , mentre alcuni sandali erano “pieni di sostanze tossiche” tutte sopra ai livelli UE: si parla per esempio di piombo e cadmio, metalli pesanti pericolosi per la salute. Non solo, da Oko-test scrivono di essere “stupiti dalla quantità di ftalati vietati che il laboratorio ha trovato nei sandali da donna Shein: il contenuto supera di 15 volte il già non troppo severo limite della direttiva europea REACH”. In compenso in quelli da uomo sono stati trovati “idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che possono provocare il cancro e sono quindi vietati e in livelli fino a 22 volte superiori ai valori limite REACH” scrivono i tedeschi. Inoltre sono stati fatti test anche sulla resistenza: un paio di pantofole leopardate da donna sono durate appena 14mila passi prima di rompersi. Visto il prezzo, forse non c’è da stupirsi, mentre la composizione dei prodotti invece “dovrebbe farci riflettere” indicano gli esecutori dei test. Proprio sui componenti e sulla provenienza di determinati tessuti, Oko-Test ha inviato una lunga serie di domande a Shein per capire di più (anche sulla provenienza) e per indagare il possibile impatto sui consumatori: in cambio, scrivono i tedeschi, “non abbiamo ricevuto alcuna risposta”.