Il vertice più atteso sta dunque per iniziare: questa mattina a Glasgow si aprirà ufficialmente la 26esima edizione della Conferenza delle Parti, il summit annuale delle Nazioni Unite dedicato al clima. A denunciarne l’importanza basta una frase del premier inglese Boris Johnson: “Se fallisce, fallisce tutto”. Da oggi a venerdì 12 novembre, nelle sale riservate alle trattative diplomatiche i delegati di tutte le nazioni del mondo cercheranno un accordo che possa salvare la Terra dal riscaldamento globale, mentre all’esterno attivisti, ong, aziende daranno vita a una “kermesse verde”, nella speranza di poter influenzare i potenti del Pianeta.

Green and Blue, il canale del Gruppo Gedi dedicato all’ambiente e all’innovazione, per le prossime due settimane seguirà Cop26 con i suoi inviati a Glasgow, con dirette streaming, interviste ai protagonisti, retroscena e aggiornamenti in tempo reale sullo stato di avanzamento delle trattative. Uno sforzo giornalistico notevole, per un evento che, nel bene o nel male, farà la storia.

LEGGI IL DOSSIER DI GREEN&BLUE

Per comprendere la portata della Conferenza che prende il via oggi nella capitale scozzese, occorre fare un passo indietro lungo sei anni. Nel 2015 alla Cop21 vennero siglati gli Accordi di Parigi: la comunità internazionale si impegnava a prendere le misure necessarie per tenere il riscaldamento della Terra entro gli 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale. E si dava cinque anni di tempo per capire come agire, dopodiché nel 2020, con la Cop26, si sarebbe dovuto iniziare a fare sul serio. Ma la pandemia ha fatto saltare la Conferenza delle Parti che si sarebbe dovuta tenere l’anno scorso e l’appuntamento decisivo è slittato al novembre 2021.

Tuttavia, neppure l’anno in più, concesso causa Covid, è stato utile a rimuovere i tanti ostacoli sul percorso verso un mondo “carbon neutral”, senza emissioni di CO2 nell’atmosfera. Come emerso nelle ultime ore a Roma, nei lavori del G20, ci sono grandi Paesi, Cina, India e Russia, che chiedono più tempo (il 2060 anziché il 2050) per la decarbonizzazione e non ritengono vincolanti gli 1,5 gradi in più, ma si accontenterebbero di rimanere al di sotto dei 2 gradi (il piano B degli Accordi di Parigi).

Ora si tratta di vedere se i prossimi 15 giorni serviranno solo a fotografare una situazione ormai cristallizzata (la Ue e l’America di Biden che spingono per accelerare la transizione ecologica, gli altri grandi che frenano), o se invece la diplomazia climatica che da oggi si metterà al lavoro nello Scottish Exibition Centre riuscirà a sbloccare la situazione e a presentare al mondo un accordo che possa essere salutato come un successo il 12 novembre.

Certo, viste le premesse, pare difficile che possa concretizzarsi uno degli auspici della presidenza britannica di Cop26: relegare il carbone alla storia, al passato dell’energia. Più probabile che si riesca a superare la resistenza all’accordo dei Paesi africani e dei Paesi vulnerabili, i quali chiedono aiuti economici ai Ricchi per poter avviare la loro transizione e ricordano come le promesse (100 miliardi di dollari l’anno) siano state in gran parte tradite.

Il glossario

Ventisei parole per capire Cop26

di Anna Dichiarante

Staremo a vedere. Intanto oggi alle 12 si parte con la cerimonia di apertura, anche se il via vero e proprio alla Cop26 ci sarà domani alle 13 con il summit dei capi di Stato e di governo, con le pesantissime assenze del russo Putin e del cinese Xi Jinping. Una terza “inaugurazione” si celebrerà martedì 9 novembre, quando, all’inizio della seconda settimana di lavori, gli sherpa lasceranno il posto alle delegazioni di “alto livello”, i ministri dell’Ambiente per intendersi.

A fare gli onori di casa in questa piovosa domenica scozzese sarà Alok Sharma, membro del governo inglese e presidente di Cop26. Accanto a lui Patricia Espinosa, segretario esecutivo della Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), Hoesung Lee, presidente dell’Ipcc (Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) e Indian Logan-Riley, attivista climatica, in rappresentanza delle popolazioni indigene.

Domani invece si succederanno sul palco il primo ministro inglese Boris Johnson, il premier italiano Mario Draghi (che è co-presidente di Cop26), il capo del governo delle Barbados Mia Amor Mottley, Sir David Attenborough, l’uomo che con i suoi documentari ha raccontato la natura a tutto il mondo, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e il Principe Carlo.

Spenti i riflettori, le delegazioni inizieranno a lavorare. Tra i primi temi in agenda, la finanza, cioè come mobilitare risorse economiche pubbliche e private per ridurre le emissioni di CO2 e contenere gli effetti del riscaldamento globale. Il 4 novembre si discuterà di transizione energetica, il giorno successivo di come coinvolgere i giovani e più in generale i cittadini nelle politiche per il clima. Sabato 6 novembre, sarà la volta di biodiversità e risorse naturali, messe a dura prova dall’innalzamento della temperatura.

Poi inizierà la seconda settimana di trattative. Quella decisiva.