Dinanzi alla tragedia non potremmo fare altro che restare in silenzio, rispettare il dolore dei famigliari e degli amici della vittima e riflettere. Ma siccome in molti, invece, in queste occasioni non vedono l’ora di dire la propria (perché in questo mondo nulla conta più della proprietà), e la propria non è altro che una vera e propria caccia (che, di volta in volta, riguarda proprio le streghe, i neri, i gay, gli immigrati, gli animali selvatici, l’altro), non posso esimermi dal mettere per iscritto alcune riflessioni, altrimenti il proprio parere lo esprimono solo i cacciatori.
Ho letto e ascoltato in questi giorni l’inverosimile riguardo la morte del giovane Andrea di soli 26 anni avvenuta, secondo l’autopsia e la successiva analisi del DNA, per l’attacco da parte dell’orsa JJ4 sulle montagne della Val di Sole in Trentino. In radio qualcuno, senza alcuna conoscenza biologica, ha parlato di “orsi, animali aggressivi che hanno nel loro istinto l’uccidere”, sui giornali altri, con una presunta conoscenza zoologica, hanno detto che “l’eliminazione non deve essere un tabù”, in TV qualcun altro, senza alcuna conoscenza (punto), ha parlato di “animali assassini da eliminare”. Che fare dunque quando un animale selvatico uccide un essere umano? La risposta istintiva degli “umani troppo umani” è: uccidiamo l’orso. La risposta ancor più istintiva degli “umani nemmeno umani” è: sterminiamo la fauna selvatica. Meglio chiarire da subito (così chi non ha tempo per leggere, ma ce l’ha per TikTok può immediatamente cliccare sull’app) che, dal mio punto di vista, entrambe le risposte sono chiaramente sbagliate per infinite ragioni, ma proverò ad illustrarne una di cui si parla poco, forse perché è la più scomoda per molti.
Con tutto il dovuto rispetto per il giovane Andrea, la cui perdita se fosse stato mio fratello o un mio amico sarebbe certamente stata inaspettata, impensabile, inaccettabile così come la stanno vivendo le persone che lo conoscevano, l’uccisione del ragazzo non è una tragedia annunciata per le motivazioni tra le più menzionate (l’orsa era recidiva, gli orsi in Trentino sono troppi, gli orsi sono pericolosi, etc.), ma lo è perché la nostra visione antropocentrica del mondo ci impedisce di vivere in un mondo di cui non siamo i soli, e nemmeno i più importanti, abitanti.
Ho letto che il ragazzo è stato attaccato dall’orsa mentre praticava lo sport della “corsa in montagna”. Ho dovuto rileggere più volte la definizione dello sport perché temevo di aver capito male. E invece no, dopo la mountain bike, adesso è saltata fuori dal cilindro la “mountain running”. Una corsa che si pratica su sentieri in natura, prevalentemente in altitudine, passando per boschi, valli e prati di montagna. Solitamente chi la pratica veste abiti tecnici da corsa colorati, indossa auricolari e si muove velocemente lungo i percorsi.
Se la si praticasse tra strade sterrate, pascoli montani, percorsi sportivi segnati e radure il maggior problema potrebbe essere la caduta accidentale inciampando in una roccia o scivolando sugli escrementi di una mucca. Il problema è che lo “sportivo” di turno pratica questa “corsa in montagna” ovunque tranne che in questi luoghi. Preferisce correre attraversando foreste, facendo slalom tra gli alberi, accelerando lungo i sentieri in pendenza e rifiatando mentre riscende a valle. Quante volte vi sarà capitato, mentre facevate un’escursione in quello che credevate essere un luogo naturale, magari anche protetto, e vi muovevate silenziosamente con i vostri binocoli, le vostre macchine fotografiche o semplicemente con le vostre scarpe da trekking e gli zaini, di essere sorpresi da strani rumori e colori brillanti che vi vengono velocemente incontro o vi colgono alle spalle, per poi vedervi sfrecciare a pochi centimetri un “mountain runner” (o una mountain bike) con l’istintiva reazione di spavento?
Ogni volta che mi è accaduto, direi almeno una volta ad ogni escursione in boschi ed aree protette d’Italia e d’Europa, il primo pensiero è stato: ma non basta tutto il territorio che abbiamo già stravolto per le nostre attività, ludiche e commerciali, ora anche nei boschi e nei parchi naturali devono correre (a piedi o in bici)? Ricordo quante discussioni abbiamo dovuto affrontare alcuni anni fa con un gruppo di “mountain bikers”, mentre gestivamo con un’associazione di conservazione biologica una piccola area protetta (una goccia di natura preservata in un mare di campi agricoli, boschi massacrati dalla selvicoltura, dalla caccia e dall’agricoltura) e chiedevamo loro perché, di tutto il territorio che avessero a disposizione ormai altamente impattato dall’uomo tra strade e stradine di campagna, volessero passare con le loro bici proprio sui sentieri all’interno del bosco. La risposta seccata degli sportivi fu che con le bici non si disturba nessuno.
Così argomenterebbero anche per la corsa e possiamo essere tutti d’accordo che questi sono i modi più sostenibili di muoversi. Lo sono, però, ovunque (e parliamo di ben oltre l’80% di questo pianeta antropizzato) tranne che in Natura. Perché se già per un essere umano che passeggia in un’area protetta o in un residuo lembo di bosco ritrovarsi un suo consimile che sfreccia come un arcobaleno sibilante è un colpo alla serenità dell’escursione, immaginiamo cosa possa significare per un animale selvatico, un orso o un lupo, ritrovarsi un bipede che di corsa lo sorprende senza alcun preavviso, col solo rumore delle scarpe o delle ruote. Ecco che, da quanto ne sappiamo, l’incidente (così andrebbe definito e non aggressione, omicidio, attacco) possa essere avvenuto: l’orsa JJ4, forse in giro con i suoi cuccioli partoriti lo scorso anno, si sarà vista arrivare il povero Andrea trafelato e, spaventata per la sua vita o quella dei suoi piccoli, si è difesa.
Allora non me ne vogliano i “mountain runner” o i “mountain biker”, ma dovremmo rieducarci a vivere con la Natura e non a gestirla, controllarla, limitarla, ammazzarla. Perché quei territori del Trentino, così come molti altri d’Europa, ospitavano gli orsi (e i lupi, le linci e tanti altri) ben prima dell’arrivo dell’uomo civilizzato. Gli orsi di cui JJ4 era parte arrivano da un programma di “ripopolamento”, che significa tentare di incrementare una popolazione di una specie selvatica in declino a causa del disturbo umano presente in quel territorio. E questo dimostra che, se proprio qualcuno dovesse chiedere giustizia, questi sarebbero gli orsi cacciati, perseguitati, avvelenati, investiti, disturbati a migliaia negli ultimi duecento anni. E se c’è una popolazione che è cresciuta molto più del dovuto e che ha alterato gli equilibri naturali, questa è certamente quella umana, non degli orsi che rappresentano comunque una minoranza.
Non dimentichiamo che il numero di orsi e lupi in Italia è inferiore a quello del 95% degli abitanti di qualunque comune italiano. Di quale sovrappopolazione stiamo parlando? Ricordiamo che in Italia ci sono quasi 200 abitanti per chilometro quadrato. Quanti orsi per chilometro quadrato, nel solo Trentino, coloro che sostengono gli abbattimenti o i contenimenti pensano ci siano? In tutte le Alpi si stima una presenza di circa 100 orsi, aumentati lievemente negli ultimi anni dopo la reintroduzione del progetto Life Ursus, ora sulla bocca di tutti dopo il recente incidente.
Se pur immaginassimo tutti questi 100 orsi assiepati in Trentino, che ha una superficie di circa 13.600 km2, ci ritroveremmo con ben 0,007 orsi per km2 e ciò significa che, pur volendolo incontrare, si potrebbe trascorrere una vita intera senza mai riuscirci. A questo punto molti direbbero: “meglio, viste le conseguenze” ed è pur vero che in alcune zone, come la Val di Sole, gli avvistamenti sono più frequenti. Ma è proprio in queste aree che bisogna imparare a fare un passo indietro e convivere rispettando la natura selvaggia.
Ci riescono in Abruzzo con circa 60 orsi bruni marsicani, perché non in Trentino, hanno chiesto in molti? Ad onor del vero, alcune differenze ci sono. Innanzitutto, gli orsi marsicani sono più piccoli, forse meno territoriali e distribuiti su un territorio più ampio. Ad onor dell’ancor più vero, c’è da dire che l’appendice austriaca del Südtirol (definito Alto Adige solo quando fa più comodo essere associati al Belpaese), sembra voglia prendere la cattiva strada della terra di Mozart, dove la natura è sulla bocca di tutti, ma i grandi carnivori selvatici sono oramai sterminati e mai ben accetti. L’Austria, per quanto ricca di montagne, foreste e aree protette, non ha un singolo orso o lupo libero nel suo territorio. Li si trova solo tristemente nelle gabbia di “parchi zoologici” (ovvero zoo) all’ingresso delle aree nazionali protette. Ho contato 4 lupi e 3 orsi all’ingresso del Parco Nazionale degli Alti Tauri, tutti in una gabbia di 200 metri quadrati. Poi i camosci abbondano, i cervi e i cinghiali pure, ma tutti si lamentano dei danni che fanno nei campi (ovvio, se i predatori non ci sono chi equilibra l’abbondanza di prede? L’ecologia non è poi così incomprensibile).
Intanto, gli austriaci, con un governo di destra ma con i Verdi alleati, amano essere in natura, praticano spesso il “nordic walking”, ovvero camminano con stecche di supporto con zaini pieni di bambini a passo svelto verso l’arrivo e anche in questo caso ti chiedi, ma perché sta fretta, questa velocità? Mentre osservi i camosci a pochi metri te ne sfrecciano tre, mentre sei chinato ad ammirare una scarpetta di venere un altro paio quasi ti sbilanciano dalla foga. La maggior parte non guarda alcunché, non si ferma a contemplare piante e animali, osserva di sfuggita il paesaggio e ambisce al traguardo in cima dove l’attende un bel boccale di birra fredda e una sigaretta nell’ennesimo rifugio costruito a 2.000 metri con tanto di bar, tavola calda, panchine, cestini e giostrine.
Questa, però, non è la Natura, non è la montagna e non è la foresta di cui abbiamo bisogno in questo momento storico e non è il rispetto che dovremmo a chi in Natura, nella montagna e nella foresta vive. La versione addomesticata e antropizzata di quel minimo che resta di Natura selvaggia è un mediocre surrogato che ci fa comodo e che in molti vorrebbero diffondere, sull’esempio austriaco, in Südtirol e nel resto d’Italia e d’Europa. Pochi scampoli di Natura dalla quale, però, vorremmo eliminare qualunque cosa ci possa minimamente infastidire, mentre aggiungiamo artefatti che trasformano anche il parco più strettamente protetto in un giardino pubblico della domenica, dove vai a bere e chiacchierare con gli amici.
Non è questa la Natura selvaggia che anche la Comunità Europea, dopo secoli di sfruttamento e distruzione degli ecosistemi e delle specie del Vecchio Continente, ci chiede di ripristinare (ad esempio, con la Strategia 2030 per la Biodiversità che prevede un aumento del 30% di aree protette, di cui il 10% strettamente protette – mentre ad oggi in Europa non raggiungiamo il 3-4%!). Cosa ce ne facciamo di foreste senza animali? Quale valore hanno le montagne puntellate di rifugi, alberghi e bar? Cosa conserva un’area protetta dove si corre o si va in bicicletta?
Eppure in altri luoghi del pianeta gli uomini e gli orsi (ben più grandi come i grizzly) convivono senza grossi problemi, perché forse la gente ha imparato a rispettare la loro presenza, la loro selvaticità, sa come comportarsi, non corre, non li sorprende ma nemmeno urla, usa lo spray al pepe in caso di approccio ravvicinato, li osserva, li ammira e li lascia vivere.
Allora il problema non si risolve ammazzando l’orso di turno, riducendone una popolazione già risicata o ricominciando un’assurda caccia alle “bestie” (che, purtroppo, in molti luoghi del pianeta non è mai finita). Il problema si risolve rieducando l’uomo, ricordandogli quel rispetto e quell’umiltà nei confronti della forza della Natura, che non va controllata o limitata, solo assecondata. Il problema si risolve ridando più spazio indisturbato alla Natura selvaggia, proteggendo più territorio, ricostituendone i corridoi ecologici affinché gli animali possano muoversi e non concentrarsi tutti nelle uniche aree naturali, rispettando i suoi ritmi e la sua quiete laddove a stento cerca di sopravvivere.
Forse JJ4 non ha fatto altro che difendere i suoi cuccioli da un grande spavento. La sua colpa è di essere stata un orso in un territorio altamente antropizzato. Dicono sia recidiva, ma in pochi riflettono sul fatto che dalla prospettiva opposta è l’uomo ad averla più volte infastidita. Così come ha fatto con i suoi simili e tutte le altre specie selvatiche. I recidivi siamo noi e, semmai esistesse un tribunale della Natura, alla gogna finiremmo noi.
Requiem per Andrea, troppo giovane per lasciare questa terra meravigliosa, e requiem per JJ4, troppo selvatica per vivere insieme a questa umanità diseducata alla Natura. È vero, l’orsa è ancora viva, ma temo non lo sarà per molto a prescindere dalle decisioni dei tribunali. Qualcuno, legalmente o illegalmente, farà giustizia senza aver minimamente compreso che solo la vita è giusta e quando la si perde per mano della Natura selvaggia bisognerebbe solo chiedersi cosa noi, uomini delle civiltà, abbiamo sbagliato.
*Roberto Cazzolla Gatti
Biologo ambientale ed evolutivo, Ph.D.
Professore di Biologia della Conservazione
Università di Bologna