Il sociologo Luigi Ceccarini l’ha definita “un ossimoro”. Mario Draghi, l’unica barzelletta in vita sua l’ha raccontata in una conferenza stampa qualche mese fa ed era quella del cuore del vecchio banchiere ancora adatto ai trapianti perché “mai usato”. Eppure, malgrado tutti questi pregiudizi, la Banca Etica è una realtà, “che produce profitti e intanto contribuisce al bene comune, per quanto possa sembrare sorprendente”, afferma il cofondatore Ugo Biggeri, che ne è stato per diversi anni il presidente. Durante l’ultimo sciopero globale per il clima, Banca Etica ha deciso di chiudere i battenti e sostenere la protesta dei Fridays For Future. Perché i diritti – e la finanza non di meno – hanno a anche fare con l’ambiente, spiega Biggeri dalla sede centrale di Padova.
Quali sono le caratteristiche di Banca Etica, e soprattutto cosa fate per essere all’altezza di un nome così impegnativo?
“La nostra sfida quotidiana è di praticare la sostenibilità nella sua accezione più genuina e più ampia: ambientale, sociale, anche perché no finanziaria e di governance. La nostra banca è nata nel 1999 con l’obiettivo di finanziare la cooperazione sociale, la tutela dell’ambiente e la società civile, e di appoggiare il mondo non profit e l’economia solidale. C’era una forte componente cattolica alla base, ma anche una spinta dal mondo laico, dell’associazionismo, di tutto il terzo settore”.
In pratica come realizzate questi principi?
“Beh, intanto ci scegliamo con la massima attenzione i nostri clienti, sia quelli che vengono ad aprire un conto sia soprattutto quelli ai quali prestiamo soldi: niente società che producono armi, per esempio, né che smaccatamente inquinano l’aria e l’ambiente, oppure la cui governance a partire dagli assetti proprietari non è trasparente. Cerchiamo in ogni caso di mettere la persona al centro delle nostre attenzioni, non il business fine a se stesso”.
Una ricerca di Demos (e non è l’unica) testimonia che la gente non ha fiducia nelle banche. Magari qualche episodio del passato ha dato ragione a questo pregiudizio. Cosa fate per riscattare l’immagine del settore del credito?
“Cerchiamo, ripeto, un rapporto diretto con i clienti, ma soprattutto di restare sempre fedeli ai nostri principi ispiratori. Ogni singolo progetto viene valutato con il massimo scrupolo: ora per esempio ne abbiamo scartati diversi che prevedevano lo sviluppo di agricoltura non sostenibile, con problemi che andavano dall’uso di pesticidi agli Ogm”.
State sviluppando una sempre maggiore attenzione all’ambiente?
“Sì, certo. Del resto, gli stessi fondi del Pnrr, per il cui utilizzo è essenziale una compartecipazione fra pubblici e privati, sono in larghissima misura destinati alla transizione ambientale. Ma finanziamo anche moltissime piccole e piccolissime iniziative che altrimenti non avrebbero accesso al credito. È un po’ la scuola del microcredito di Muhammad Yunus, il fondatore della Grameen Bank che ha vinto il Nobel per la Pace nel 2006: come lui, anche noi riscontriamo a sorpresa un tasso di sofferenze inferiore alla media. Vuol dire che chi ha ricevuto un microfinanziamento è di solito puntuale nella restituzione, e questo per noi avviene in modo geograficamente uniforme, dalla Sicilia alla Lombardia”.
Sempre con un occhio particolarmente attento all’ambiente?
“Beh, certo è cruciale, in tempi di massima attenzione al riscaldamento globale, valutare l’impatto in termini di emissioni di carbonio di ogni iniziativa industriale che ci viene sottoposta, piccola o grande che sia. Le valutazioni in questione vengono fatte, progetto per progetto, da un folto stuolo di volontari che lavora con noi”.
Come è cominciata quest’avventura?
“Eravamo (Banca Etica è nata come società cooperativa per azioni, ndr) forse non quattro amici al bar, ma pochi di più: io ero, si figuri, un fisico e ingegnere, però attratto da sempre dalle tematiche della solidarietà, tanto che ero attivista di Mani Tese. Poi c’erano Fabio Salviato e Marco Piccolo, che lavoravano a una cooperativa finanziaria che già faceva microcredito per il commercio equo, la Ctm Mag. Ancora: Mario Cavani che lavorava in una banca popolare di Modena ed era presidente di una Ong, Fabio Silva che a sua volta lavorava nella Banca Popolare di Milano ed era un sindacalista della Cisl, Luigi Bobba che era presidente delle Acli, Nuccio Iovine dell’Arci, Massimo Campedelli del gruppo Abele, Maurizio Donadelli di una altra cooperativa finanziaria simile a Ctm Mag. E sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno. Tutti insieme decidemmo la creazione di un’istituzione finanziaria diversa dalle altre, con le connotazioni morali e ambientali in testa”.
C’era però anche da gestire una banca e non tutti, a giudicare dal suo elenco, erano esperti. Come avete fatto?
“Ci siamo dati da fare per recuperare il gap. Io per esempio mi sono iscritto a un corso rapido di gestione aziendale della Bocconi. Per noi era un sogno, per fortuna realizzato: come ha scritto Ilvo Diamanti nella prefazione di un libro sulla nostra iniziativa, che ha scritto Fabio Salviato (uno del gruppo), la scommessa era di far entrare l’etica, l’ambientalismo ma non solo, nel circuito sociale, economico e finanziario, per contaminarlo e inquinarlo – beneficamente, s’intende – dall’interno. E dimostrare che tutto è possibile quando si è mossi da ideali forti”.
Ora al gruppo si è unita Etica Sgr, una società di gestione del risparmio volta ad aumentare ulteriormente la consistenza patrimoniale e nel frattempo ampliare la clientela, di cui lei è presidente. La stessa filosofia?
“Naturalmente sì, anzi ancora più attentamente perseguita perché si tratta di raccogliere e gestire fondi consistenti, anche quotati sui vari mercati. Da sempre siamo convinti che selezionare gli emittenti (imprese e Stati) dal punto di vista ambientale e di governance offra un valore aggiunto anche sul piano dei rendimenti nel medio-lungo periodo. Centrale nel nostro modello di gestione è il processo di selezione degli emittenti, svolto internamente da un team di analisti Esg: effettuiamo un doppio screening, inizialmente con l’applicazione di criteri negativi di esclusione per scartare gli emittenti coinvolti in attività o settori controversi, e in seguito applicando i parametri positivi di selezione con un approccio best in class“.
Come avviene l’interazione banca-Sgr?
“In molti modi. Ad esempio, aderendo ai fondi di Etica Sgr si può scegliere di devolvere parte del capitale sottoscritto a favore di un fondo che fa da garanzia a progetti di microfinanza in Italia e sostiene iniziative di crowdfunding per attività che impattano positivamente sulla società. Tutto questo ci sembra che dia un contributo non solo ai beneficiari ma anche all’immagine stessa del sistema bancario-creditizio, e la fiducia è proprio quello di cui in questi tempi difficili c’è maggior bisogno”.