Con un tasso di crescita annuale media del 13,8% previsto da Marketsandmarkets per i prossimi quattro anni, le città intelligenti diventeranno sempre più protagoniste nella transizione ecologica. Costituiranno un mercato globale che raggiungerà gli 873,7 miliardi di dollari e deterranno al loro interno 115 milioni di unità di smart buildings, 70 milioni in più degli attuali 45 milioni presenti oggi con una crescita del 150% entro il 2026. In questo contesto, Rome Business School, che fa parte di Planeta Formación y Universidades (creata da De Agostini e dal Gruppo Planeta nel 2003), in collaborazione con Legambiente e Tscai, ha realizzato lo studio “Smart cities e qualità dell’aria”.
Le città più dinamiche
I centri urbani italiani tra crescita sostenibile e buone pratiche di mobilità” per capire come si stanno muovendo le città italiane. Con il Nord e il Centro Italia che si confermano come le aree più virtuose in termini di ecosostenibilità, mobilità sostenibile e progetti di riduzione dell’impatto ambientale mentre il Sud procede più lentamente. Nessuna delle 102 città analizzate da Legambiente nell’ultimo report Mal’aria però, riesce ad entrare nei parametri fissati dall’Oms, nemmeno le città più smart mentre secondo il report ICity Rank 2021 – Smart Cities Italia di Forum Pa che ne ha analizzate 107, quelle più avviate verso una transizione verde e digitale sono Firenze, Milano, Bologna e Roma Capitale.
Mezzogiorno indietro
In generale emerge un’Italia a due velocità. Le città del Nord e Centro si stanno impegnando a portare avanti la raccomandazioni dell’Ue in particolar modo sulla rigenerazione degli spazi pubblici e sul fronte alla crisi climatica mentre le regioni del Sud continuano ad avere un andamento lento sul miglioramento ambientale e in particolare riguardo a inquinamento atmosferico, perdite idriche, mobilità, trasporti pubblici e raccolta differenziata, oltre a far segnare un netto ritardo nella trasformazione digitale. Anche per le più smart però, incrociando i dati con il report Mal’Aria (2022) di Legambiente, nessuna rispetta i parametri dell’Oms soprattutto per gli alti livelli di polveri sottili (PM2,5 e PM10) e biossido di azoto. Con i livelli più preoccupati concentrati soprattutto nel settentrione con Cremona e Venezia, che per rientrare nei limiti dovranno ridurre le concentrazioni del 79% seguite da Milano (74%), Roma (70%), Ferrara (69%) e Bologna 66%. Il Centro e Nord Italia si dimostrano però le aree con maggiore attenzione alla realizzazione dei progetti green.
Primato per Bologna
Secondo l’Imd smart city index, la classifica mondiale delle città intelligenti Bologna risulta la prima città italiana, al 18° posto, seguita da Milano (22°) e Roma (77°). Nel capoluogo lombardo spiccano i progetti per la realizzazione di nuovi chilometri di piste ciclabili, per il miglioramento del trasporto pubblico e del verde urbano, quest’ultimo considerato un fattore chiave nel contenimento dell’inquinamento atmosferico dei centri urbani e nel contenimento, fino a 8°C, della temperatura cittadina. Bergamo e Genova, tra le città italiane più smart si stanno dimostrando attente alla trasformazione verde e in particolare alla realizzazione di progetti innovativi per la tutela delle api. Roma Capitale, spicca per progetti startup come quello delle biotecnologie per la difesa del decoro urbano e la riqualificazione del territorio. Tra le regioni, l’Emilia Romagna risulta la più virtuosa nella raccolta differenziata e con il nuovo piano regionale dei rifiuti 2022-2027, si è data gli ambiziosi obiettivi dell’80% di raccolta differenziata e del 66% per il riciclo dei rifiuti. Tra le principali tendenze per accelerare la trasformazione digitale e velocizzare la diffusione di servizi innovativi, c’è l’adozione di diverse forme di partenariato pubblico-privato. E se a livello mondiale Copenaghen e Amsterdam sono al vertice, anche in Italia spiccano buoni esempi come lo sviluppo delle “case dalle tecnologie emergenti” promosso dal ministero dello sviluppo economico, con progetti approvati e cofinanziati a Matera, Torino, Roma, Bari, Prato e L’Aquila.
La spinta della pandemia
A spingere indirettamente questa rivoluzione, ha contribuito anche la pandemia che ha costretto i più restii ad utilizzare la tecnologia a confrontarsi con computer, app, chatbot e realtà virtuali. E seppur molti progetti pilota e sperimentazioni digitali non si sono ancora trasformati in servizi ordinari per i cittadini, per l’indice Desi 2021 (digital economy and society index) l’Italia in un solo anno è passata dal 25° al 20° posto.