A Ilyess El Kortbi trema la voce quando parla della sua terra, l’Ucraina. Ha in mano il cartello del suo primo sciopero per il clima che fece nel 2019, prima che tutto cambiasse, e in testa ha tante cose da dire. A Torino, al Meeting europeo di Fridays For Future, è arrivato dalla Germania, il luogo in cui si è rifugiato dallo scoppio della guerra e dopo aver passato tante notti sui confini.

Ha 25 anni, è uno dei co-fondatori di Fridays For Future Ukraine, e se è arrivato nel capoluogo piemontese per unirsi ad altri attivisti è perché “stiamo tutti combattendo contro una crisi che non abbiamo causato”, quella del clima, così come quella dell’invasione russa in Ucraina, “che è strettamente collegata alla crisi climatica e alla lotta per l’energia” dice all’esterno del Campus Einaudi di Torino.

“Vengo da Kharkiv – racconta a Green&Blue – e sono scappato da una guerra che anche l’Europa ha acconsentito che accadesse comprando combustibili fossili e finanziando di fatto la Russia. Se sono qui è anche per portare, insieme ai miei compagni, un messaggio di pace e giustizia. Ben prima della guerra, nella mia città, abbiamo iniziato a scioperare per il clima e chiedere ai potenti una risposta per un mondo con una giustizia climatica reale, con un sistema che fosse basato sulle rinnovabili e non più dipendente dai combustibili fossili che sono alla base di tanti conflitti e dell’aumento delle emissioni”.

 

El Kortbi racconta come già prima del conflitto scioperare in Ucraina non fosse semplice. “La mia città è solo a 30 chilometri dal confine russo e vi assicuro che anche scioperare per il clima, per cercare di coinvolgere le persone, è un rischio. Eravamo spaventati dal farlo, ma eravamo ancora più spaventati per il nostro futuro in questo Pianeta che si surriscalda”.

 

Adesso, nonostante la guerra, da Kharkiv ha notizie di attivisti che continuano a provare a parlare di emergenza clima, perché anche se potrebbe “sembrare il problema minore, quando c’è un conflitto in corso, in realtà non lo è”.

A Torino, lui e i suoi colleghi hanno parlato agli altri attivisti della loro esperienza, della paura, ma anche della speranza. “Siamo speranzosi – dice – perché le persone stanno sia supportando e aiutando l’Ucraina, sia iniziando a interessarsi davvero – anche grazie alle nostre azioni – alla crisi del clima, così come a solidarizzare con i paesi Mapa, i più colpiti dalla crisi climatica, che oggi qui sono rappresentati da tanti giovani”.

 

Quando tornerà la pace, dice, non sa come saranno ridotte le foreste del suo Paese, la biodiversità, gli ecosistemi distrutti dalle bombe, i campi da coltivare. Di una cosa però è scelta “da adesso in poi dovremmo poter scegliere le energie che consumiamo e scegliere quelle pulite perché se continueremo con le fonti fossili ci saranno altri conflitti”.

 

Racconta dal suo punto di vista che “se l’Europa permette che una guerra accada vicino alle case delle persone, come gli altri Paesi vicini che guardano alla ricca Europa  possono pensare che il Vecchio Continente si occuperà davvero della crisi climatica? Oppure possa davvero diventare carbon neutral? Per poter davvero essere neutrale non dovrebbe più esserci alcuna dipendenza dal gas russo“.

 

Ora, conclude Ilyess, ha un sogno. Tornare e scioperare per il clima. “Adesso vivo in Germania, per ora. Continuo a pensare a amici e colleghi di Fridays che in Ucraina sono morti. Prima di arrivare dove sto adesso ho passato le notti ad aspettare, nelle zone di confine. Poi ho fatto il passo: ho abbandonato la mia vita e ho dovuto lasciare tutto alle spalle. Per cui quello che posso fare adesso è andare in più città europee possibili per portare la mia testimonianza e l’appello per un reale cambiamento, un messaggio di pace. Spero presto di tornare in Ucraina. Continuo a fare dei sogni in cui mi rivedo mentre scherzo e rido con gli amici a Kharkiv, ma sono solo sogni: loro non ci sono più. Anche loro combattevano contro quella che io chiamo una climate war, una guerra del clima. Loro non torneranno, ma la “guerra” in cui ci sta portando il riscaldamento globale, agendo, può ancora essere combattuta fermando le emissioni, prima che altre persone muoiano”.