Per tornare a riveder le stelle, tutti devono poter capire cosa sta accadendo al Pianeta. A soli 21anni Sophia Kianni è talmente convinta di quella che per lei è diventata una missione fin da bambina, che non si ferma mai. Perché per arginare la crisi del clima non c’è più tempo. Senza sosta passa da un convegno all’altro, da una intervista ai principali media del mondo alle stanze dell’Onu, da raccolte benefiche ad aule di università sino all’incessante pubblicazioni di dati, cifre, report che raccontano il collasso climatico e, soprattutto, di come a pagarne il prezzo siano i paesi più poveri e meno responsabili delle emissioni.

 

A guidarla sono sempre la speranza, le parole del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e una missione: tradurre in tutte le lingue del mondo le conoscenze necessarie affinché chiunque, in ogni dove, possa capire la gravità di quel che sta accadendo alla nostra Terra sempre più calda.

Nata nel dicembre del 2001 a Washington D.C., Sophia Kianni è una attivista per il clima di origine irano-americana ed è la più giovane rappresentante del Youth Advisory Group on Climate Change delle Nazioni Unite. Oggi vive e studia a Stanford ma il suo impegno per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti devastanti della crisi climatica nasce dal passato, dai tempi della prima media, quando sentì parlare per la prima volta di riscaldamento globale.

Poco dopo, in un viaggio in Iran per salutare la nonna durante le vacanze estive, Kianni racconta di essere rimasta impressionata dalla quantità di inquinamento atmosferico: “Non riuscivo nemmeno a vedere le stelle”.

Fin da adolescente ha cominciato così a leggere e documentarsi prima sulle temperature e i cambiamenti climatici in Medio Oriente, che aumentavano a più del doppio della media globale,  poi sugli effetti dei fenomeni meteo intensi sulle varie popolazioni del mondo.

 

Ha raccontato quanto appreso ai suoi genitori, riversando su di loro tutte le sue preoccupazioni sul futuro, ma si è accorta che qualcosa non andava. “Quando gli parlai, mi hanno praticamente fissato con sguardi vuoti… non avevano mai nemmeno sentito parole come ‘emissioni di anidride carbonica’” ha detto Kianni a Vogue, rivista con cui collabora. Quel momento – seguito da un lavoro insieme a sua madre per tradurre e rendere comprensibili molti dei termini oggi usati per narrare la crisi del clima – per la giovane e futura attivista è stato un punto di partenza.

 

Un primo arrivo, racconterà poi, sarà invece quello per cui è impegnata ora: tradurre in oltre 100 lingue – grazie all’associazione da lei fondata e chiamata Climate Cardinals – le informazioni sul perché del riscaldamento globale innescato dall’uomo e sui suoi effetti su popoli, biodiversità, economie ed ecosistemi, in modo che chiunque possa capirne la drammatica portata.

“Per la prima volta ho realizzato veramente il potere dell’educazione climatica. E che io, da giovane, potevo fare la differenza per i miei cari e non solo”.

Cresciuta, il passo successivo – ispirata da Greta Thunberg – è stato quello di avvicinarsi al movimento di Fridays For Future, che anche negli States si stava espandendo, per poi prendere parte a soli 17 anni al grande sciopero per il clima del 2019 del Black Friday, in cui parlò davanti a migliaia di persone. Da scioperi condotti insieme a Extinction Rebellion a sit-in davanti alla Casa Bianca, l’impegno in pubblico di Kianni è cresciuto costantemente fino all’arrivo della pandemia che l’ha costretta a spostare le sue battaglie su social e videoconferenze, fino a quando nel 2020 il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha deciso di nominarla insieme altri sette leader climatici come “consigliere” sull’azione per la crisi climatica. Sophia era l’unica a rappresentare gli States e anche la più giovane del gruppo.

 

Il passaggio successivo, quello che come per un’altra giovane attivista – l’ugandese Vanessa Nakate – è stato determinante per farsi conoscere al grande pubblico, è stato nel settembre del 2021 la partecipazione come co-presidente all’evento Youth4Climate a Milano, considerata una pre-COP26 dei giovani. In quell’occasione, insieme al Climate Cardinals da lei fondato, Kianni ha contribuito in collaborazione con il governo italiano a tradurre in diverse lingue il Manifesto dello Youth4Climate. Oggi, mentre tiene conferenze in tutto il mondo, studia Scienza del clima e politiche sanitarie in California alla Stanford University.

Nonostante un tentativo orizzontale nella narrazione climatica da parte dei giovani di Friday For Future, in cui a emergere deve essere il problema surriscaldamento e non i singoli individui che ne parlano, come altre “colleghe” Kianni ha scelto una strategia comunicativa diversa da quella di Greta Thunberg. La giovane paladina dell’ambiente svedese, da cui è nata l’onda verde oggi conosciuta in tutto il mondo, dopo i primi anni di celebrità ed interviste ha spesso scelto di apparire sempre meno anche – a detta sua – per dar spazio ad altri attivisti (in particolare quelli dei paesi Mapa, i più afflitti dal cambiamento climatico).

Per Kianni invece lo strumento delle copertine, le interviste televisive, le collaborazioni con i giornali e anche l’uso costante dei social network, in cui pubblica sia le proprie foto sia dati scientifici sulla crisi climatica, è stato centrale.

 

Il momento in cui è diventata più nota agli occhi del mondo è stato per il suo discorso alla Cop27 in Egitto con il quale si è guadagnata le prime pagine di molte testate. Parlando anche come giovane consigliera dell’Onu, allora Kianni decise di citare il segretario Guterres ribadendo un concetto chiave per le politiche climatiche: quel “basta bugie” rivolto ai leader globali, capaci di tanti bla bla bla ma di pochi fatti nel fermare l’uso delle fonti fossili e delle emissioni.

Allora, i media globali cominciarono a definirla come una “nuova Greta”, appellativo però lontano dai voleri di Kianni. Nel suo discorso sul palco di Sharm El-Sheik, rivolgendosi soprattutto ai giovani, l’attivista ha ricordato che “non c’è un singolo Paese che abbia assunto impegni compatibili con il raggiungimento dell’obiettivo 1.5°C. Nel frattempo, oltre 7 milioni di persone ogni anno muoiono prematuramente a causa dell’aria tossica che respirano dovuta alla combustione di carburanti fossili”.

 

Proprio a margine di quell’incontro e dopo i successivi sviluppi della Cop27, prima conferenza delle parti sul clima in cui è stato affrontato di petto il discorso del loss and damage, le perdite e danni dei paesi più vulnerabili e meno responsabili della crisi del clima, Kianni aveva confidato i suoi pensieri a Green&Blue.

 

“La creazione di un fondo per il Loss and damage è una vittoria storica. Ma dobbiamo ancora continuare a fare pressioni per garantire che i soldi del fondo si materializzino davvero. Oltre a fare in modo che si introduca nei prossimi accordi un linguaggio più rigoroso sulla graduale eliminazione dei combustibili fossili”.

Riflettendo, per Kianni “il cambiamento climatico è un’emergenza sanitaria, ma è anche un’opportunità. Perché la riduzione dell’inquinamento climatico si tradurrà in benefici per la salute, immediati e a lungo termine. Però se vogliamo evitare esiti catastrofici, dobbiamo ridurre drasticamente e immediatamente i gas serra, in particolare il metano”.

Ma per riuscirci non si può più perdere tempo: “Se i nostri leader agissero per soddisfare le linee guida sulla qualità dell’aria dell’Oms, salveremmo milioni di vite: ogni giorno circa il 93% dei bambini del mondo sotto i 15 anni (1,8 miliardi di bambini) respira aria talmente inquinata da mettere a serio rischio la propria salute e il proprio sviluppo. Con 8 trilioni di dollari li salveremmo e guideremmo una vera azione per il clima. Allora, cosa stiamo aspettando?” è la domanda che si è posta Sophia.

 

Queste informazioni, questi dati che Kianni mastica con dimestichezza e che sono sempre “frutto della scienza”, così come le conoscenze che abbiamo sull’impatto antropico che per gli scienziati dell’Ipcc è responsabile dell’aggravarsi del surriscaldamento globale, secondo l’attivista americana devono poter essere comprese da chiunque.


Per questo Sophia è direttrice e fondatrice di Climate Cardinals, una non profit che conta nove mila volontari in oltre 40 Paesi del mondo. Lo scopo, come si evince anche dalla home del sito con scritte in una moltitudine di idiomi differenti, è quello di tradurre in 100 lingue le informazioni sui cambiamenti climatici.

 

Come ha ricordato la giovane ambientalista, la maggior parte della letteratura scientifica è oggi scritta solo in inglese, fatto che crea un allarmante divario di conoscenza per il 75% del mondo che non lo parla. Di conseguenza per molte persone è difficile agire o prendere parte alla lotta per il cambiamento di qualcosa che non si riesce a capire. Climate Cardinals si propone così di rendere il movimento per il clima “più accessibile” anche a coloro che non parlano l’inglese.

 

“Miriamo a educare e responsabilizzare una coalizione diversificata di persone per affrontare la crisi climatica – si legge sul sito –  Ad oggi, questo movimento internazionale abbraccia quarantuno paesi e ha raggiunto oltre 500mila persone con oltre 750mila parole di informazioni sul clima tradotte”. Come racconta Kianni, l’idea di tradurre queste parole è nata dalla sua esperienza personale quando cercava di dare informazioni sul surriscaldamento globale ai suoi parenti, oggi tutti coinvolti nella sua stessa lotta, per esempio riducendo l’uso dell’auto e facendo acquisti sostenibili.

 

Anche attraverso l’impegno di Climate Cardinals, l’altra grande battaglia portata avanti da Kianni, così come da tutti i Fridays For Future e dagli attivisti impegnati contro l’inazione per arginare la crisi del clima – è quella contro i combustibili fossili. Fonti, quelle fossili, che a forza di essere bruciate hanno impattato ovunque anche sulla qualità dell’aria.

“Voglio essere chiara questo inquinamento atmosferico è causato dalla combustione di carbone, petrolio e gas. Un combustibile fossile, quest’ultimo, che continua a essere presentato da alcuni, anche alla Cop27, come un modo per far uscire le persone dalla povertà. Ma come puoi emancipare le persone dalla povertà, quando le stai letteralmente avvelenando? I combustibili fossili ci stanno uccidendo”.

Dunque secondo la giovane rappresentante dell’Onu è fondamentale, per ridurre le emissioni e l’inquinamento atmosferico, una rivoluzione verde fatta di energie pulite. In un recente tweet, Kianni ha anche ricordato come ormai sia una questione che riguarda chiunque: “Oltre l’80% della popolazione mondiale è colpita dal cambiamento climatico e questo giustifica una risposta di tipo emergenziale” ha affermato specificando che dovremmo trattare la crisi del clima come l’emergenza da Covid-19.

Oltre a trattarla come una emergenza, serve però anche una educazione che inizi sin dalle scuole per aiutare i giovani a comprendere il collasso climatico in corso. “Il cambiamento climatico non viene né insegnato a scuola né considerato una materia che deve essere trattata come una priorità, anche se questo è il problema esistenziale che definisce il nostro tempo” ha spiegato la 21enne aggiungendo di aver anche iniziato un progetto per fornire ai giovani l’accesso alla terapia che tratta la loro eco-ansia.

E proprio ai giovani è anche rivolto il suo messaggio finale, il suo personale consiglio. Suggerisce ai coetanei (e non solo) di iniziare a interessarsi a livello locale dei problemi ambientali, di cercare delle soluzioni e, ovviamente, di “impegnarsi per influenzare un cambiamento politico. Ecco perché esorto sempre le persone a impegnarsi nella politica locale o nelle organizzazioni di base – ha raccontato ai media – votando per un candidato che crede nella giustizia climatica e assicurandosi che le loro voci vengano ascoltate”.

Come diffondere le voci? “Con i social. Invito vivamente altri giovani che vogliono fare la differenza nella loro comunità a usare Instagram, LinkedIn, Twitter, TikTok o quel che preferiscono per cercare di raggiungere quante più persone possibile e dare vita a un vero cambiamento”.