Rischiano di estinguersi. E la colpa è soprattutto nostra. Dopo 400 milioni di anni, una storia cominciata prima della comparsa dei dinosauri, la sopravvivenza degli squali è sempre più a rischio. Nel Mediterraneo non se la passa bene la metà delle 48 specie presenti: dallo spinarolo (Squalus acanthias) allo squalo smeriglio (Lamna nasus), dallo squalo volpe (Alopias spp) allo squalo grigio (Carcharhinus plumbeus), dallo squalo elefante (Cethorinus maximus) allo squalo zigrino (Dalatias licha), passando per la verdesca (Prionace glauca) e per lo squalo mako (Isurus oxyrinchus). E il 37% delle specie di squali, a livello globale, è a rischio di estinzione. Le cause principali? La pesca e il riscaldamento globale.
Così, nella Giornata Mondiale dello squalo – istituita il 14 luglio dalle Nazioni Unite per accendere i riflettori sul rischio concreto della sua estinzione – i riflettori si accendono sullo stato di salute delle popolazioni delle circa 600 specie di elasmobranchi (squali e razze) diffuse in tutto il mondo.
Con l’Italia che – secondo il report del Wwf “The shark and ray meat network: a deep dive into a global affair” – è al primo posto, in Europa, per le importazioni di carne di squalo (la Spagna è prima per le importazioni. E a concorrere al declino delle popolazioni sono anche i cambiamenti climatici, che influiscono sul sincronismo riproduttivo delle popolazioni: un po’ come se, con il riscaldamento dei mari, gli squali perdessero sempre più la “bussola”.
Quanto basta per provare a invertire il trend. Come prova a fare, ad esempio, il progetto LIFE ELIFE, che coinvolge dieci partner in Italia, Grecia e Cipro: la Stazione Zoologica Anton Dohrn, coordinatore del progetto, l’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie (Lampedusa e Linosa) e quella di Tavolara-Punta Coda Cavallo (Sardegna), Costa Edutainment, con particolare riferimento agli Acquari di Genova e Cattolica, il Consorzio Mediterraneo, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Legambiente Onlus, il Marine & Environmental Research (MER) Lab, Algowatt e l’Università degli Studi di Padova.
L’obiettivo primario è, neanche a dirlo, ridimensionare il numero delle catture di squali e razze nel Mediterraneo, cominciando da quelle accidentali. E promuovendo pratiche di conservazione nel contesto della pesca professionale, in alcuni porti italiani, greci e ciprioti, e nelle aree marine protette di Tavolara e delle isole Pelagie “attraverso – spiegano i referenti – una corretta informazione su queste specie e l’applicazione di strumenti alternativi di pesca, che consentano di limitare le catture accidentali e aumentare la sopravvivenza degli squali pescati”.
“Gli squali mediterranei – conferma Marco Milazzo, professore ordinario di Ecologia Marina all’Università di Palermo – sono in via di estinzione perché per decenni sono stati pescati in maniera intensiva e continuano a rappresentare catture accidentali delle flotte di tutto il Mar Mediterraneo. Oggi i Paesi dell’Africa settentrionale sbarcano circa il 70% delle catture di elasmobranchi di tutto il bacino e sono dati sottostimati visto che l’instabilità geopolitica dell’ultimo decennio e la recente pandemia hanno portato ad una forte contrazione delle economie dei paesi nordafricani e al collasso dell’industria turistica: ci sono chiari segnali di un incremento della pesca illegale in questi paesi, probabilmente per effetto di una domanda crescente di carne di squalo in mercati interni ed a sostegno di un’economia di sussistenza, ma anche da parte dei mercati internazionali. Tutto questo sta mettendo gli squali mediterranei in un pericolo maggiore rispetto a prima. E bisogna intervenire”.
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Il progetto LIFE ELIFE lo sta facendo, per esempio, con una serie di azioni dimostrative in giro per lo Stivale, da Chioggia a Lampedusa, dalla Sardegna settentrionale a Monopoli. In particolare si punta a diffondere l’utilizzo del palangaro pelagico a basso impatto, uno degli attrezzi da pesca sperimentali che – insieme alle buone pratiche nella pesca professionale – hanno l’obiettivo di ridurre il cosiddetto “bycatch”, la cattura accidentale, con conseguente incremento delle mortalità, degli elasmobranchi.
Rispetto al palangaro classico – formato da una lunga lenza, con inseriti ad intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo – quello a basso impatto è armato di ami circolari (C-hooks) che sostituiscono i tradizionali ami a forma di J (J-hooks) e ne costituiscono una valida alternativa.
Come? Consentendo la pesca delle specie bersaglio – in questo caso il pesce spada – ma rendendo più facile e sicuro il rilascio di altre specie catturate accidentalmente, squali e razze in primis. E nelle prime uscite la teoria è diventata pratica: il nuovo strumento ha consentito di individuare e liberare, al largo di Cirò Marina, sulle coste della Calabria, due esemplari di trigone viola (Pteroplatytrygon violacea), una delle specie più interessate dalla cattura accidentale nella pesca con il palangaro pelagico tradizionale. L’attività – avviata nel mar Ionio, ma anche nello Stretto di Sicilia (Lampedusa e Mazara del Vallo), nel Tirreno Centro-Meridionale (Vibo Marina e Porto Torres) e in Mar Ligure (Albenga) – fa seguito a quella di un altro strumento, il SED (Shark Excluder Device/dispositivo di esclusione per squali), promossa all’interno dello stesso progetto. Si tratta di una griglia posta nelle reti a strascico che impedisce agli squali di essere catturati accidentalmente. Anche in questo caso, i test si sono conclusi con successo in Adriatico, mentre sono in corso nel Mar Ionio con i pescatori di Cirò Marina e Catania.
Azioni di difesa degli elasmobranchi prendono forma anche attorno al Banco di Santa Croce, in Campania, dove Eleonora De Sabata porta avanti “Stellaris” con l’associazione MedShark, che si occupa dello studio e della conservazione dell’ambiente mediterraneo, e in particolar modo degli squali. “Difendiamo gli ecosistemi – spiega – e chiediamo ai pescatori di rilasciare velocemente gli squaletti pescati accidentalmente, soprattutto gattopardi. Segnalando le catture: ogni avvistamento è fonte di informazione preziosa”. E poi aggiunge: “Il modo migliore per festeggiare la giornata degli squali? Lo ha trovato un pescatore di San Benedetto del Tronto, che in queste ore mi ha inviato il video della liberazione in mare di alcuni gattucci finiti accidentalmente nelle reti. MedSharks lavora con pescatori professionisti e sportivi affinché gli squali che per errore abboccano possano essere rilasciati velocemente e in modo da assicurare la loro sopravvivenza una volta tornati in acqua”.
E non finisce qui. Per sensibilizzare il grande pubblico sull’importanza della tutela degli squali, già in passato accompagnati da una superficiale aura di negatività, amplificata certo dall’approccio di alcuni film celebri, in occasione della Giornata mondiale dello squalo le famiglie in visita all’Acquario di Genova potranno scoprire i contenuti e gli obiettivi del progetto LIFE ELIFE grazie alle speciali animazioni organizzate lungo il percorso espositivo, nell’ambito del progetto (attività compresa nel biglietto d’ingresso dell’Acquario di Genova e prevista nelle fasce orarie 11-13 e 14-16). Un biologo esperto coinvolgerà i partecipanti con un gioco a quiz, mettendoli alla prova su alcuni aspetti specifici legati alla biologia degli squali. E sottolineando l’importanza di difendere una specie dal fascino ancestrale, oggi sempre più a rischio a causa dell’uomo.