Nel decennio chiave – come ribadito dall’IPCC nel suo ultimissimo rapporto – per la riconversione ecologica, in un momento storico di grande spaesamento, accade che una vertenza partita da una fabbrica poco fuori Firenze ci indichi una strada possibile, un’alternativa realizzabile per traghettarci in un futuro vivibile rifondato sui principi della giustizia climatica e sociale.
Nasce la vertenza GKN di campi Bisenzio che partendo dalla decisione del Fondo speculativo Melrose – avvenuta a luglio 2021 – di delocalizzare la produzione di semiassi in una filiera, quella dell’automotive, in profonda crisi costruisce un percorso di larghissimo respiro e dall’enorme valore esemplare di confronto e convergenza con i movimenti sociali e ambientalisti.
Il licenziamento irregolare di GKN viene respinto e sostenuto da una mobilitazione nazionale di 40mila persone nel settembre 2021. Da lì a poco, a dicembre, comincia la “fase Borgomeo”: la fabbrica viene infatti ceduta a un nuovo proprietario che vagheggierà piani industriali inesistenti fino al febbraio 2023, momento della liquidazione della Qf, cioè Quattro effe (“Fiducia nel futuro della fabbrica di Firenze”) il nuovo soggetto con un nome che è tutto un programma di dilazioni a non finire.
Fino a ottobre scorso Borgomeo paga gli stipendi ma disattende i tavoli di crisi, mentre la proposta elaborata da lavoratori e lavoratrici della fabbrica con l’università Sant’Anna e gli ingegneri solidali per un polo pubblico della mobilità sostenibile viene ignorata.
Da novembre, come ha efficacemente riassunto il collettivo di fabbrica, comincia “l’assedio”: lo stop agli stipendi e la richiesta immotivata di cassa integrazione che viene respinta dall’Inps, per inadempienze nella documentazione. A gennaio, Borgomeo fa richiesta della cassa di riorganizzazione continuando a chiedere fondi pubblici senza presentare alcun progetto. A febbraio 2023 arriva poi la notizia della liquidazione di Qf.
Nel frattempo il collettivo di fabbrica assieme alla Rete delle imprese recuperate, Fuori Mercato e Officine Corsare, ha elaborato un’ulteriore alternativa: la realizzazione di pannelli fotovoltaici, grazie al brevetto di una start up tedesca, e di cargo bike. Ora, in un Paese senza pianificazione industriale, questo è il momento in cui vedremo se la parte pubblica della vicenda (il Comune, la Regione, il Mise) continuerà a essere complice di questo sperpero di ricchezza umana.
Con la loro iniziativa gli operai GKN hanno provato a ribadire che un altro tipo di transizione ecologica è possibile e che soprattutto è necessario ripensare in maniera radicale il rapporto tra capitale e lavoro, valorizzando quest’ultimo, da troppo tempo succube di scelte orientate dalla sola logica del profitto. La transizione ecologica toccherà tutti i settori industriali, ma in Italia soprattutto l’automotive. Dovendo almeno dimezzare le emissioni di CO2 una delle priorità è il tema dei trasporti, primo settore per emissioni nel nostro Paese, che ha visto incrementare le proprie emissioni rispetto ai dati del 1990.
Il tema – in un paese in cui la politica industriale è stata completamente azzerata – è dunque che c’è bisogno di tornare a ragionare seriamente su strumenti efficaci di pianificazione economica, che rendano possibile la tutela occupazionale, garantita anche dalla riduzione dell’orario lavorativo a parità – anzi aumentando, data la crisi inflattiva – i già bassi salari, con la transizione ecologica. La necessità è di un’economia pianificata ecologica, che si ponga in ascolto del mondo del lavoro, che come in questo caso ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per autodeterminare il proprio futuro, senza quindi che le scelte industriali siano delegate ai consigli di amministrazione, che nel contesto dell’economia globalizzata hanno perso tutti i contatti con il territorio.
Perché sostenere questo progetto di riconversione? Perché per un mondo del lavoro da troppo tempo in sofferenza è fondamentale che i lavoratori si riapproprino della capacità di essere motori del cambiamento. In questo caso inoltre parliamo di un progetto pionieristico che vedrebbe impegnati i saperi operai nella produzione di pannelli fotovoltaici, essenziali per l’abbattimento delle emissioni del nostro settore energetico – ancora legato a doppio filo ai combustibili fossili – e per una strategia di riappropriazione dell’energia come bene comune che preveda lo sviluppo di comunità energetiche solidali nei vari territori.
Inoltre, un altro elemento fondamentale del progetto sarebbe la proprietà della fabbrica. In questo caso sarebbero gli stessi operai a detenere una parte importante del capitale, cosa che chiaramente renderebbe molto più semplice un eventuale processo di democratizzazione interna dei ruoli, con riduzione delle gerarchie salariali e sperimentazione di nuovi modelli decisionali basati su assemblee tra gli operai e i sostenitori popolari.
La strada non è semplice. Bisogna dare gambe a questo progetto per farlo camminare verso un futuro fatto di giustizia sociale e climatica. E le gambe siamo tutte e tutti noi, tenuti a sostenere GKN tanto nella piazza chiamata per il 25 marzo a Firenze quanto nella raccolta di quei fondi necessari per dare un’alternativa non a una sola fabbrica, ma a un intero pezzo di società. Per questo come Fridays saremo in piazza, per ribadire che è tempo che se – come dicono – l’alternativa non esiste, saremo noi a produrla.
* Emanuele Genovese e Ferdinando Pezzopane sono attivisti di Fridays for Future Italia