Alle otto del mattino il geopark Cefalonia-Itaca mostra la sua espressione migliore, quella che ha convinto l’Unesco ha onorarlo del suo prezioso riconoscimento (geoparco globale) poco più di un mese fa, e la geologa Eleni Zoumbouli – sorriso largo e passo svelto – ne è consapevole almeno quanto Giorgos Ismailos, responsabile dello stato conservativo di questa area benedetta dallo Ionio e dalle bizzarrie della natura. Eh sì, perché qui il Mediterraneo s’insinua nei katavothres, cavità sotterranee che si nascondono lungo la costa, e “scompare” per poi “riapparire” una quindicina di chilometri più avanti, a nord-est. Eleni spiega che il fenomeno ha origine antica, ma la sua scoperta nella penisola di Lassi è relativamente recente. Racconta la “corsa underground” del mare e il suo incontro con l’acqua dolce, che scende dal Monte Enos, prima di gettarsi nel lago di Melissani, un bacino di acqua cristallina all’altro capo dell’isola. Ma non un laghetto qualsiasi .Per esplorarlo si scende in una grotta e, una volta arrivati “a riva”, si sale su una barchetta a remi, gentilmente sospinta da esperti barcaioli locali che negli anfratti più angusti avanzano “giocando” col remo, di sponda. L’acqua salmastra è verde, azzurra, blu, grigia, a tratti viola e perfino nera come la pece perché rifrange la luce che cala copiosamente dal “buco” sopra le vostre teste e crea effetti pittorici diversi, secondo le ore solari. Un cratere circondato da alberi di cui si ammirano, dal basso in alto, radici e foltissime chiome. Sarà per il microclima specialissimo di questo luogo o per le biodiversità di cui è perfino superfluo dare conto.  Impossibile non rimanere con il naso all’insù, almeno fino a quando il gozzetto non si addentra nella parte più buia dell’antro tra stalattiti e stalagmiti, e comincia a sentirsi sottopelle un freddo inconsueto, roba a cui gli speleologi sono ben avvezzi.

Lago Melissani
Lago Melissani 

Tornando con i piedi per terra ci si trova immersi nel green. Tra cipressi, ginestre, ulivi secolari, fiori di campo, arbusti, querce e rocce calcaree ci vuole poco a respirare a pieni polmoni e, sebbene lontani dal prodigio dell’acqua, non si resta mai delusi. Ci sono una cinquantina di siti geologici da perlustrare, tra Cefalonia e Itaca, e altrettanti geo-monumenti, vale a dire depressioni carsiche, formazioni rocciose differenti e una flora endemica, della quale vale la penna citare almeno la ajuga orientalis (una sorta di orchidea selvatica) e la campanula cephallenica, che tinge di viola il sottobosco. Non è poco per un’isola di origine sismica che, l’ultima volta, nel 1953 ha subito un pesante terremoto che ha distrutto Argostoli (il villaggio principale prossimo all’aeroporto) e molte altre aree. E tutto questo dieci anni dopo l’eccidio di Cefalonia, rappresaglia tedesca che portò alla fucilazione di migliaia di militari e di gran parte degli ufficiali italiani (15-26 settembre 1943) della Divisione Acqui che rifiutò la resa delle armi. Una strage di massa (i corpi furono per lo più gettati in fosse comuni) ricordata con un sacrario inondato dal sole che dà conto delle vittime, uomini che non hanno mai fatto ritorno a casa dopo l’8 settembre.

La spiaggia di Myrtos
La spiaggia di Myrtos 

Intrecciata a questa storia tragica, i cui resti sono accolti intorno al mare, Cefalonia ne conserva altre mille, insignificanti e fondamentali. Tracce più antiche (dal 1500 al 1700 l’isola fece parte della Repubblica di Venezia, qualche secolo prima fu bizantina e mitologicamente sembra appartenesse a Ulisse) o addirittura filmiche come quelle legate al set de “Il mandolino del Capitano Corelli” tratto dal libro di Louis de Bernières, con Nicolas Cage e Penelope Cruz. Film che (nel 2001) regalò a Cefalonia la ribalta hollywoodiana e una spinta turistica non comune. Slancio che oggi, nella prima estate post pandemia, vede i visitatori inglesi ancora al primo posto per presenze seguiti dagli italiani. “Almeno queste sono gli anticipi della stagione, – spiega Gerasimos Timotheatos, presidente dell‘associazione degli albergatori di Cefalonia e Itaca – le nostre isole sono sempre state molto amate dai britannici: nel 2019 ne abbiamo ospitati più di 60mila, mentre gli italiani sono stati circa 30mila. Qui offriamo svariate possibilità di turismo sportivo ed esperienziale: bike, trekking, climbing e, ovviamente, spiagge meravigliose. Non solo. Oggi siamo in grado di proporre tra l’altro 11mila posti letto tra ville e appartamenti diffusi sul territorio”.

E se a convincere gli italiani ad imbarcarsi (voli diretti dall’Italia sono schedulati da diverse compagnie low cost) sono soprattutto spiagge come Myrtos (considerata tra le più belle del Mediterraneo), Petani, Emblissi ed Antisamis, non va trascurato l’appeal dei villaggi dell’isola. Fate rotta verso la marina di Sami (secondo borgo per grandezza): ci si può concedere un po’ di shopping prima di affrontare il trekking serale (www.samitrekking.com) con l’atletico Lambros Papalambros che – oltre a disegnare splendidi gioielli – vi guiderà verso le mura ciclopiche dell’antica acropoli con passo sicuro o, magari, pedalando al tramonto in mountain bike tra le capre che brucano, onnipresenti sull’isola.

Panorama dai vigneti Gentilini, Argostoli
Panorama dai vigneti Gentilini, Argostoli 

A Fiskardo, il porto più settentrionale e chic dell’intera zona dall’impronta veneziana, vivono poco più di duecento persone e le case (sparse nei vicoli dietro al lungomare) celano orti fioriti e profumi di piante aromatiche appena colte, su tutte il minuscolo e odorosissimo basilico greco. Le boutique hanno prezzi decisamente più alti che altrove, ma la brezza e la vista (anche delle barche da capogiro ormeggiate in porto) che si gode seduti in uno dei ristoranti, come Vasso’s, è forse comparabile soltanto al gusto della taramosalata e della linguina con gamberi in variazione ionica. E se poi volete cancellare il “peccato di gola” appena compiuto con un po’ di movimento, passeggiate fino al piccolo cimitero romano che emerge al limite del paese, sulla strada per la spiaggia di Foki. Qui gli scavi hanno portato alla luce preziosi gioielli e vasellame, a dimostrare ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) la lunghissima epopea di questa terra mitologica. Un’isola che già a maggio è ripartita correndo, dopo due estati segnate dal coronavirus, per mostrare dalla cima del monte Enos (1600 metri) alla spiaggia bianca di Kimilia, dalle vestigia classiche ai nuovi vini greci Robola prodotti dall’azienda Gentilini (che si fregia nel suo logo di un Leone di San Marco rivisitato e corretto) la sua ricchezza tutta mediterranea.