Il 16 ottobre è la giornata mondiale dell’alimentazione, data in cui si celebra la fondazione dell’Organizzazione delle nazioni unti per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) avvenuta nel 1945 e nata con lo scopo di costruire un modello sostenibile affinché ogni essere umano abbia di che sfamarsi.

È quindi un momento propizio per parlare di sprechi alimentari fenomeno che, sostiene l’Onu, nel 2019 ha visto andare sprecato il 17% del cibo in gran parte (per l’11% del totale) dopo essere stato acquistato e quindi ascrivibile ai distributori e ai consumatori finali. Si tratta quasi di un miliardo di tonnellate a livello globale. Inoltre, secondo i dati raccolti dal Programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep), è uno spreco che genera fino al 10% delle emissioni di gas serra. Benché raccogliere dati globali attendibili sia un’impresa complessa, si può ragionare su quelli europei che offrono una maggiore affidabilità.

In Europa: l’Italia sprecona (al sesto posto)

I dati europei, messi a disposizione dall’Eurostat e rielaborati da Openpolis, dimostrano come l’Italia, a livello domestico, produca 120 chilogrammi pro capite di rifiuti vegetali e animali, situandosi così sesta tra i Paesi più inclini allo spreco.

In Italia

Offre una doppia lettura poiché, se si osservano i dati dal 2010 al 2020 si scova una diminuzione dei rifiuti alimentari, soprattutto quelli di natura vegetale. Se si restringe lo spettro di osservazione dal 2012 in poi, ossia dall’anno in cui abbiamo prodotto il minore numero di scarti domestici, l’andamento è inverso. Nel 2020 gli italiani hanno prodotto 8,4 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, ossia il 7% in meno in rapporto al 2010 ma il 48% in più rispetto al 2012.

 

Osservando soltanto i rifiuti alimentari domestici, inoltre, la produzione totale è passata da 4 a più di 7 milioni di tonnellate nel corso dei 10 anni presi in esame, con un aumento del 71%. Un aumento che riguarda soprattutto gli scarti animali (da 2,5 a 5,2 milioni di tonnellate, quindi il 110% circa) e meno quelli vegetali, cresciuti del 16,5%

È soprattutto culturale il meccanismo che spingerebbe ad acquistare generi alimentari destinati a finire nella spazzatura, occorrerebbe un intervento che possa correggere questo approccio. Il rimedio più efficace sarebbe quello della sensibilizzazione, anche nelle scuole, come suggerisce il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher international, Andrea Segrè.