Primo non sprecare. Non solo per una questione di responsabilità ambientale e sociale, ma anche economica. In un periodo in cui i temi della sostenibilità sono al centro del dibattito pubblico, fa specie leggere i risultati di un report targato McKinsey dal titolo “Reducing food loss: What grocery retailers and manufacturers can do”.

I danni dello spreco

Secondo lo studio, il cibo che ogni anno va perduto o sprecato pesa per ben 620 miliardi di euro, non meno di un terzo di quanto viene prodotto ogni anno. Questo mentre buona parte del pianeta deve invece fare i conti con la piaga della povertà, con un difficile accesso al cibo. Infatti, sono ben 3,1 miliardi (su 7,8 miliardi di abitanti della Terra) le persone in stato di insicurezza alimentare e 828 milioni quelle che soffrono la fame, secondo i dati pubblicati della Fao in occasione della terza giornata mondiale della consapevolezza sullo spreco alimentare. Questo mentre le proiezioni demografiche sottolineano la necessità di aumentare la produzione agricola per sfamare una popolazione mondiale in crescita.

Tra i prodotti più sprecati spiccano ortofrutta e cereali, responsabili di gran parte delle perdite, mentre la carne non va oltre il 3% totale e i prodotti lattiero-caseari si attestano pochi decimali più in alto.

Le perdite sono imputabili a tre fattori, che incidono all’incirca nella stessa misura: in fase di raccolto, con le eccedenze di produzione; il cibo commestibile, ma non conforme alle specifiche del cliente; infine la quota non commestibile.

Dove intervenire

Il report sottolinea che all’incirca la metà degli sprechi alimentari avviene a monte della filiera (con il picco che viene raggiunto tra i pomodori), vale a dire durante la raccolta, in fase di movimentazione e stoccaggio post-raccolta o in fase di lavorazione.

Il costo degli sprechi in realtà è anche superiore agli effetti diretti, dato che occorre considerare il consumo di acqua connesso agli sprechi e le relative emissioni di gas serra.

Ecco perché la riduzione degli sprechi dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni globali, coinvolgendo tanto le istituzioni, quanto gli operatori privati e i cittadini. Gli analisti sottolineano che “siamo di fronte a una vera e propria emergenza, economica e sociale”, ma segnalano anche che ci sono spazi per intervenire e ridurre gli sprechi fino al 70%.

Il ruolo degli operatori

Produttori e rivenditori di generi alimentari possono svolgere un ruolo cruciale: forti del loro posizionamento al centro della filiera, potrebbero promuovere un processo di collaborazione per riutilizzare alimenti che altrimenti andrebbero sprecati, destinandoli all’alimentazione o a utilizzi alternativi, come le biomasse o i mangimi per alimentari. A fronte di un impegno diffuso da parte degli operatori, sottolinea il report, si potrebbero abbattere le emissioni di CO2 fino a sfiorare il 10%.

Le azioni più efficaci per ridurre lo spreco, si legge ancora nello studio, richiedono la collaborazione tra produttori, retailer e fornitori attraverso una pianificazione a lungo termine. Un approccio necessario per evitare impegni spot, e pertanto non strutturali.