La soluzione a città sempre più invivibili, sempre più calde e sempre più inquinate sono gli alberi. Stefano Mancuso, botanico, saggista, docente universitario e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze, la necessità di piantare più alberi l’ha sempre sostenuta, ma con il suo ultimo libro, Fitopolis, la città vivente, edito da Laterza, si spinge oltre. Lo scienziato sarà al Festival di Green&Blue agli IBM Studios di Milano il 3 giugno alle 12. Per il divulgatore che ha rivelato al grande pubblico le sottovalutate, numerosissime capacità delle piante, non basta aumentare il numero di alberi, bisogna rivoluzionare la prospettiva e destinare gran parte della superficie delle città alle piante, facendo sì che “il rapporto fra piante e animali si riavvicini al rapporto che troviamo in natura: 86,7% di piante contro lo 0,3% animali (uomini inclusi)”.
Professore, un tale obiettivo non risulta utopistico?
“Soltanto se non consideriamo una prospettiva storica più ampia e se non consideriamo che si tratta davvero di una soluzione di buon senso, molto pratica. Basta pensare che trenta anni fa molte piazze delle nostre città erano enormi parcheggi e oggi, quando guardiamo a quell’obbrobrio, ci sembra una cosa antica. Sono sicuro che tra qualche anno quando vedremo le fotografie delle nostre città piene di cemento proveremo la stessa sensazione. In molti lo hanno già capito, sono tante le capitali europee che hanno già avviato e concluso progetti di trasformazione delle grandi strade in vie di alberi e parchi. Non è un obiettivo utopistico, è un obiettivo indispensabile perché le nostre città sono le maggiori produttrici di calore e di inquinamento, perciò da lì devono partire le prime misure di adattamento e di mitigazione al cambio climatico”.
Perché una misura così semplice, basata sulla natura, sembra ancora la meno realizzabile?
“In effetti a me pare inconcepibile che siamo interessati (poco, sia chiaro) a quel misero 0,3% della biomassa che rappresenta la vita animale e non reputiamo degno di alcun interesse l’87% circa della vita, ossia le piante. Credo dipenda anche dal fatto che ancora non è abbastanza diffusa la consapevolezza che in gran parte del Pianeta già oltre l’80% della popolazione vive in contesti urbani e tutti i modelli di previsione ci dicono che entro il 2050 oltre il 70% delle persone vivrà in città, a fronte del restante 30% che starà in ambienti rurali. Questa urbanizzazione è stata repentina soprattutto da noi, dove solo nel 1970 la proporzione era capovolta e il 79% degli italiani viveva in contesti rurale. Con questi presupposti è chiaro che ancora non capiamo che dobbiamo portare la natura in città se vogliamo sopravvivere come specie. Dobbiamo, insomma, preparare le nostre città ad affrontare i cambiamenti innescati dalla mutazione ambientale”.
Intende dire che non possiamo adattarci come specie a vivere nelle città come sono ora?
“Di sicuro non potremo vivere in città sempre più calde, lo dimostra il numero dei morti per le ondate di calore in continuo aumento, estate dopo estate. Bisogna immaginare città diverse e cominciare subito la loro trasformazione, perché una specie specialistica come l’uomo ha la necessità di un ambiente stabile, mentre il riscaldamento globale sta provocando un enorme cambiamento ambientale e la prima fondamentale necessità sarà di raffreddare le città. Non mi stancherò di ripeterlo, il modo più efficace e più rapido è con enormi quantità di alberi”.
“Piantiamo più alberi” è diventato ormai uno slogan, cosa serve ancora per attuare la rivoluzione di cui parla?
“È vero, ne parlano tutti, ma in modo populista e demagogico. Per passare dalle parole ai fatti dovremmo innanzi tutto metterne a dimora milioni e non qualche migliaio e poi trovare lo spazio che oggi non c’è. E qui torniamo all’affermazione precedente, bisogna partire da un ripensamento delle nostre città e sostituire l’asfalto che non possiamo più permetterci con quelle che chiamo “vie degli alberi”, cioè strade nuove pensate per persone, bici, pattini e non auto. Per ottenere subito una consistente diminuzione della temperatura in città non c’è altra soluzione”.
Portare gli alberi in città è sempre una buona idea? Anche loro, come noi, non soffrono?
“Soffrono nelle città di oggi, che non sono certo il luogo ideale per la crescita degli alberi, anzi, sono quanto di peggio, perché non basta togliere dell’asfalto per trovare un terreno adatto a ospitare una pianta. Dovremo ricreare un ambiente favorevole alla crescita delle piante e capire che gli alberi in città sono sottoposti a stress che non hanno nell’ambiente naturale, perciò è indispensabile prendercene cura con maggiore passione. Sono convinto che gli alberi non andrebbero considerati a carico degli assessorati all’ambiente ma a quelli della sanità e della salute pubblica, perché la loro salute è anche salute delle persone”.