Per uno strano scherzo del destino lo hanno chiamato “Gus”, un nome che a pronunciarlo ricorda tanto quello dei gas, serra, che stanno contribuendo a sconvolgere la sua e la nostra esistenza. Pancia bianca, testa nera con sfumature gialle, Gus non è un pinguino imperatore qualsiasi. È il primo – almeno a quanto risulta ai ricercatori australiani – ad aver compiuto una impresa di proporzioni epiche: mai nessun imperatore si era spinto finora così a Nord nel mondo, mai nessuno aveva nuotato per quasi 3500 chilometri lontano da casa, dall’Antartide, in direzione nord, sino all’Australia.
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Un viaggio leggendario, per il mondo animale, che si è concluso a inizio novembre sulla splendida spiaggia di Ocean Beach di Denmark nell’Australia Occidentale, dove è stato trovato da un surfista. Un tempismo che è anche un assist per ricordarci, proprio in questo momento – quello in cui la scienza stima che quest’anno per la prima volta supereremo i +1,5 gradi globali rispetto alle medie pre-industriali, quello in cui ancora si sta ancora spalando il fango di Valencia, oppure si fanno preoccupanti riflessioni su come il neo eletto Donald Trump smantellerà le politiche climatiche raggiunte finora, magari uscendo dagli Accordi di Parigi – che questo Pianeta sta subendo delle trasformazioni epocali, a partire dai ghiacci. Per via dei gas serra, quelli che l’uomo con le sue attività antropiche bruciando combustibili fossili continua a pompare in atmosfera, il ghiaccio marino nel lontano Antartide continua a diminuire. Nel 2024 stessa tendenza del 2023: l’estensione è ai minimi e anche quest’anno si è sfiorato (ma non superato) un nuovo record di declino rispetto a quello, massimo, toccato nel 2023.
La carenza di ghiaccio sta sconvolgendo le vite degli ecosistemi antartici a tal punto che – secondo uno studio del 2023 – quattro colonie di pinguini imperatori su cinque, di quelle analizzate nel mare di Bellingshausen, non hanno visto sopravvivere alcun pulcino nel 2022. Senza ghiacci, su cui muoversi, proteggersi e cacciare, i pinguini imperatori faticano a sopravvivere e, tal volta, si spingono sempre oltre nel tentativo di trovare cibo. Non è chiaro se questo fosse anche l’intento di Gus ma i biologi australiani del DBCA (Department of Biodiversity, Conservation and Attractions), quelli che ora lo hanno preso in cura (il nome invece è stato dato dai telespettatori di una emittente australiana), ipotizzano che il pinguino possa aver seguito una determinata corrente proprio nel tentativo di trovare qualcosa da mangiare.
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Anche le correnti cambiano: “Tendono a spostarsi un po’ più a nord, verso l’Australia, rispetto a prima” ha raccontato ai media locali Belinda Cannell, ricercatrice presso l’Università dell’Australia Occidentale, convinta che quella di Gus sia lo spostamento più a nord di un pinguino imperatore finora mai registrato. Gus si è così trovato ad affrontare un viaggio epico, passando dalle temperature antartiche a quelle del novembre australiano, che attualmente a Ocean Beach oscillano fra i 15 e i 20 gradi. Quando è arrivato sulla terraferma – estremamente malnutrito – è apparso spaesato, ha detto Aaron Fowler, il surfista che lo ha individuato. Lo ha visto emergere dal mare e lo racconta come “enorme, molto più grande rispetto agli uccelli a cui siamo abituati”. All’inizio pensava fosse una anatra, poi si è alzato in piedi fra le onde e, senza timidezza, il pinguino si è avvicinato. D’istinto, spiega il surfista, “ha provato a scivolare sulla pancia”, come fa fra i ghiacci, invece si è “schiantato di faccia sulla sabbia, poi si è alzato e si è scrollato di dosso tutta la sabbia”. Una immagine che potrebbe far sorridere, ma che invece rivela quanto i cambiamenti in atto possano sconvolgere radicalmente le vite: fotografie non molto lontane da quelle di altri impatti, sempre legati alla crisi del clima, che intensificano gli eventi estremi sconvolgendo le nostre vite, catapultando noi improvvisamente noi umani da giornate secche e asciutte a quelle, come avvenuto dall’Emilia-Romagna fino alla Spagna, sommerse di acqua e piene di fango.
I pinguini imperatori dell’Antartide oggi sono a rischio estinzione proprio a causa della crisi climatica, quella di cui si parlerà dall’11 novembre a Baku alla Conferenza mondiale delle Parti sul clima, la Cop29. Lo scenario di fondo della Conferenza, in cui sarà centrale il tema della finanza climatica, sarà inevitabilmente legato ai contesti geopolitici e alle grandi assenze di molti leader mondiali (dagli Usa sino alla Francia). Se a contare fossero invece le nuove presenze, cioè gli impossibili cambiamenti che il riscaldamento globale ci sta già presentando, come un pinguino dell’Antartide che dopo migliaia di chilometri si ritrova a sguazzare nella sabbia su una spiaggia, forse l’urgenza di azioni concordate per arginare emissioni e cambiamenti climatici sarebbe diversa. Ma non lo sarà: anche quest’anno, nell’Azerbaigian produttore di gas e petrolio, non si parlerà davvero di come uscire dai combustibili fossili. Nel frattempo, il mondo continua a surriscaldarsi e l’umanità, alle attuali tendenze ci dicono i modelli, alla fine del secolo potrebbe ritrovarsi in uno scenario catastrofico di +3 gradi. Sempre per quella data, il 2100, di “Gus” ne rimarranno pochissimi: le ricerche ci dicono che oltre il 90% delle colonie di pinguini imperatori saranno praticamente estinte.