“Purtroppo nella gestione dei rifiuti in Italia i cambiamenti si verificano molto lentamente. Anno dopo anno notiamo qualche lieve miglioramento: dall’aumento della raccolta differenziata alla crescita del riciclo. Insomma, non siamo fermi, ma gli obiettivi europei richiederebbero una decisa accelerazione”. La miglior sintesi del Green Book 2024, il rapporto sui rifiuti urbani in Italia, è quella di Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, la federazione delle utilities del settore che attraverso la Fondazione Utilitatis redige ogni anno il rapporto. Quest’ultima edizione non contiene grosse novità rispetto al recente passato. Ma evidenzia piccoli progressi e, all’opposto, problemi cronici della “immondizia” nel nostro Paese. A cominciare dall'”ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e tassi di avvio a riciclo”. I numeri del Green Book sono chiari: “Si rileva che a recupero di materia delle frazioni secche è avviato circa il 29%, a recupero di materia della frazione organica da raccolta differenziata circa il 23%. Insomma il “recupero” è al di sotto del 30%”.
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“In questi anni abbiamo troppo dibattuto della raccolta differenziata i cui dati però non sono ‘ambientali’ ma riguardano piuttosto l’organizzazione di un servizio o il senso civico delle persone e dei Comuni. Il vero dato ambientale è quello relativo al riciclo”, spiega Brandolini. Ma perché c’è questo grande divario tra la differenziata, che pure continua a crescere secondo il rapporto, e il riciclo? “Nella differenziata ci sono molte impurità (circa il 20%), spesso per errori compiuti in buona fede dai cittadini, e così non tutti i rifiuti sono riciclabili”, risponde il presidente di Utilitalia. “E poi in Italia, specie in alcune aree del paese, non ci sono abbastanza impianti di selezione e trattamento. Bisognerebbe inoltre migliorare i materiali immessi sul mercato, in particolare quelli di cui sono fatti gli imballaggi”.
Gli italiani producono comunque meno rifiuti rispetto a qualche anno fa (nel 2022 l’1,6% in meno rispetto al 2021), anche se messi sulla bilancia fanno comunque impressione: 494 chili a persona ogni anno. Veneto, e Sardegna hanno le migliori performance in fatto di raccolta differenziata, entrambe con circa il 76%, superano il 70% anche Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche. Il 65% è superato da Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta e Toscana, mentre la Sicilia oltrepassa per la prima volta la soglia del 50%, facendo registrare un aumento di 3,9 punti rispetto alla percentuale del 2021 e di ben 22 punti rispetto al 2018.
Tuttavia gli obiettivi europei sono ben più ambiziosi e riguardano, appunto, soprattutto il riciclo, non la differenziata. Le quattro direttive dell’Unione europea entrate in vigore nel 2018, e recepite dal governo italiano, fissano traguardi precisi: il 65% di riciclo effettivo dei rifiuti urbani da conseguire entro il 2035; il 70% di riciclo dei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 2030; il 10%, massimo, di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani entro il 2035. “Allo stato attuale emerge che l’Italia, pur non essendo molto lontana da questi obiettivi, rischia di non poterli conseguire se non si assisterà, in questi anni, ad un adeguato sviluppo del parco impiantistico”, si legge nel Green Book 2024, “soprattutto relativamente al trattamento della frazione organica, preferibilmente con realizzazione di impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano per la forsu (la frazione umida, ndr) e al recupero di energia delle frazioni non altrimenti recuperabili, con realizzazione di inceneritori”.
Ma proprio i termovalorizzatori sono controversi e al centro di scontri che coinvolgo la politica e i territori. “Su questi impianti si fa una cattiva politica, una cattiva informazione, e c’è anche una debolezza della pubblica amministrazione nello spiegare e nel confrontarsi con le popolazioni locali”, sostiene Brandolini.
“I termovalorizzatori sono impianti sicuri, con una tecnologia ormai consolidata, ma anche continuamente aggiornata per ridurre gli impatti ambientali e per migliorare l’efficienza energetica. Risultano la tecnologia più conveniente, sotto i profili sia ambientale che economico, per trattare quei rifiuti che non sono riciclabili, con la produzione di energia elettrica e termica. E sono la migliore alternativa alla discarica”. Secondo Utilitalia l’accelerazione necessaria a centrare i target europei del 2030 e del 2035 difficilmente potrà essere attuata con l’attuale organizzazione della gestione dei rifiuti: “Il settore risulta caratterizzato sia da una frammentazione orizzontale del servizio, dovuto ancora alla elevata presenza di gestioni che non superano il territorio comunale, soprattutto nelle aree centro-meridionali del Paese, sia da una frammentazione verticale relativamente alle fasi che compongono la filiera, con pochi grandi gestori in grado di chiudere il ciclo”.
Il risultato è un servizio inefficiente e costoso per i cittadini: non a caso “la spesa per la Tari assume valori differenziati in funzione delle aree geografiche…. Per una famiglia di tre componenti in un’abitazione di 100 metri quadri, nel 2023 la spesa media per il servizio è stata pari a 284 euro per il Nord, 347 euro per il Centro e 378 euro per il Sud”. “Gli appalti dati dai singoli Comuni sono assegnati ad aziende piccole e per periodi di breve durata”, osserva Filippo Brandolini. “Non ci sono quindi le condizioni imprenditoriali né l’orizzonte temporale per fare investimenti importanti e poi recuperarli. Inoltre per investire in innovazione occorre avere dimensioni di scala minime: un tempo si parlava di dimensioni provinciali ma oggi riteniamo debbano essere anche un po’ più grandi. I Comuni dovrebbero costituire enti di gestione di questi ambiti territoriali, per poi affidare il servizio a società interamente pubbliche o pubbliche-private, con gare per l’affidamento della gestione degli impianti. Ma in tante aree del nostro paese i Comuni non si mettono d’accordo per costituire gli ambiti, anche perché manca l’impulso delle Regioni in tal senso”. E qual è il ruolo della politica nazionale? “Facilitare la realizzazione degli impianti necessari in Italia, dai digestori anaerobici per trattare i rifiuti organici, ai termovalorizzatori, alle piattaforme per il trattamento della differenziata. Tutte infrastrutture che incontrano ostacoli sui territori”.