Sull’isola che c’è – e vuole rimanere tale – si cerca il topo che non c’è, ma che potrebbe causare un’enormità di problemi. Accade a Saint Paul island, sperduta isola delle Pribilof in Alaska, nel mare di Bering. In questo luogo remoto, dove vivono circa 350 persone, fauna ed ecosistemi sono davvero straordinari: per la ricchezza di biodiversità, dagli uccelli sino a foche e cetacei, questo angolo di Terra viene anche chiamato le “Galapagos del Nord”.
Qui, dove la natura ha leggi rigide ed ecosistemi tanto ricchi quanto fragili, da un po’ di mesi c’è un piccolo ma al contempo gigantesco problema: un topo. Un residente dell’isola a giugno si è infatti detto certo di aver avvistato il roditore in un luogo, Saint Paul Island, considerato “rat free”. Questi animali infatti, come già accaduto in altre località – e soprattutto nelle isole – possono arrivare per errore via nave: in caso di riproduzione sono in grado di cambiare per sempre gli equilibri della fauna.
A cavallo fra il 2018 e il 2019 proprio a Saint Paul era già successo: un roditore era stato individuato e poi cacciato sull’isola. Ora la storia si ripete e vede coinvolte le autorità locali e la cittadinanza: la caccia al topo va avanti da settimane ma di quello che per ora sembra più che altro un roditore fantasma, attualmente non c’è traccia. Ovunque all’interno dell’isola sono state piazzate trappole, anche con burro d’arachidi, nel tentativo di catturare l’animale e di scongiurare un possibile collasso ecologico di questo ecosistema dove i roditori potrebbero far fuori velocemente uova, pulcini e altri piccoli animali fondamentali per gli equilibri della natura.
La segnalazione della possibile presenza di un topo risale ormai a tre mesi fa ma ora la ricerca, case comprese, si è fatta sempre più serrata: si usano perfino telecamere di videosorveglianza per accertare la possibile presenza di un ratto. “Sappiamo, perché lo abbiamo visto su altre isole e in altre località in Alaska e nel mondo, che i ratti decimano completamente le colonie di uccelli marini, quindi la minaccia non è mai una cosa che la comunità prenderebbe alla leggera”, ha spiegato Lauren Divine, direttrice dell’ufficio per la conservazione dell’ecosistema a Saint Paul. Proprio in Alaska in passato, con grandi sforzi da parte del Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti, ci sono state importanti operazioni di eradicazione, come quella avvenuta nell’isola un tempo chiamata Rat Island nelle Aleutine. Sforzi di questo tipo possono durare anni e costare milioni, motivo per cui a Saint Paul – anche se non c’è certezza del topo – puntano su ogni strategia di prevenzione possibile.
Prevenzione a tal punto da valutare la possibilità – cosa che non era permessa finora per proteggere le otarie – di introdurre un cane a Saint Paul, un esemplare che potrebbe aiutare a scovare il ratto. Insomma, qualsiasi stratagemma può aiutare dato che come spiega Divine si tratta davvero di “trovare un ago in un pagliaio”. Nel 2019 per esempio c’era voluto quasi un anno prima di riuscire a catturare il topo arrivato probabilmente a bordo di una imbarcazione.
I conservazionisti e i biologi che operano sull’isola anche in questi giorni hanno ricordato l’importanza di prevenire e combattere le specie invasive che potrebbero compromettere la straordinaria abbondanza di questo angolo dell’Alaska: per questo un altro dei sistemi utilizzati è quello di trappole dotate di blocchi da masticare, progettati per scovare eventuali morsi, oppure l’uso di materiali ultravioletti per individuare tracce di escrementi di ratti. Anche se per ora c’è solo il sentore che il ratto possa essere effettivamente presente sull’isola, la caccia non si fermerà, come ha fatto sapere dall’Ecosystem Conservation Office di Saint Paul: ogni dubbio deve essere eliminato e ogni cittadino dovrà fare la sua parte, sia segnalando “ogni possibile avvistamento o prove della sua presenza”, sia “impegnandosi a smaltire sempre correttamente il proprio cibo e i rifiuti”.