La prima compagna di viaggio che incontri, appena sbarchi nel piccolo aeroporto dall’atmosfera friendly della capitale estone, ti agguanta e non ti molla più. Ti riempie gli occhi 18-20 ore al giorno e non intende lasciarti dormire. Sì, perché la luce – che in estate si prende la rivincita sul buio dell’inverno che sembra eterno – avvolge Tallinn come una mantella di strass: fa scintillare l’acqua del Baltico, i tetti aguzzi degli edifici della Old Town, i tavolini all’aperto nella variopinta Rottermann, i murales di Telliskivi, le barche a due alberi nel porto di Noblesser, il Seaplane Harbour con i suoi hangar di legno (che nascondono avanzatissimi musei marittimi e di realtà virtuale) e perfino gli squarci dei palazzi distrutti dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale. È una luce piena, pervasiva, bianca come le non-notti che porta con sé insieme a un’insonnia che moltiplica il tempo per guardarsi intorno. E raccogliere inaspettate suggestioni. Per averne un’idea basta un lungo weekend.
È piccola Tallinn (poco meno di 500mila abitanti), come piccola è l’Estonia – un milione e 300 mila persone su un territorio più esteso di Danimarca e Svizzera – ma dal 20 agosto 1991 (giorno della sua indipendenza dall’ex Urss, mentre risale al 2004 il suo ingresso nell’Unione Europea e nella NATO) si è evoluta così in fretta da essere considerata la Silicon Valley d’Europa. E l’incontro con l’evoluzione arriva appena arrivi, se così si può dire: lui si chiama Clevon 1 (della Cleveron Mobility) è un veicolo a guida autonoma progettato per fare le consegne di qualsiasi cosa: pacchi e attrezzature varie. Il robot estone scorrazza per Tallinn da poco più di una settimana (è la prima città in Europa dove avviene la sperimentazione) e non sbaglia un colpo: ha sensori intelligentissimi, se ti ci piazzi davanti non t’investe e, soprattutto, ha un cuore super tecno, che prende ordini da un’app, e una vocazione ecologica. Corretta al centimetro, come è giusto che sia in tempi di riabilitazione energetica. Fa un certo effetto, insomma. E a Tallinn sarà il primo di una lunga serie.
Mette i brividi, sotto il cielo che minaccia pioggia, l’enorme edificio a semicerchio grigio che è Patarei Merekindlus, ovvero l’ex fortezza marina dell’Ottocento voluta dallo zar Nicola I, poi usata come caserma e diventata (dagli anni Venti del XX secolo fino ai primi del Duemila) il gigantesco carcere della città martoriata. Qui sia i generali nazisti che i sovietici hanno rinchiuso per decenni migliaia di uomini: criminali comuni, ebrei deportati dal resto d’Europa, prigionieri di guerra, dissidenti del regime staliniano. Un’umanità straziata che ha sofferto nelle celle oggi vetrine della mostra dal titolo “Il comunismo è prigione”. La visita è d’obbligo. Perché qui davanti al Baltico, nel quartiere di Kalamaja, dopo anni di abbandono e amare memorie, ha cominciato a materializzarsi il discusso progetto di recupero (avanzato nel 2018 dal ministero della cultura) che dovrebbe essere ultimato entro il 2026 e dovrebbe costare oltre 100milini di euro. Il piano prevede la riqualificazione dell’intero distretto con alberghi, negozi, spazi culturali, caffè, sale di registrazione, un museo permanente dedicato alle vittime dei soviet, nonché degli archivi sugli orrori bellici. Di tutto questo, per ora, si vedono planimetrie, opere di artisti alternativi, chioschi, pub, aree concerti e una animazione serale in decisa crescita, sebbene non paragonabile a quella frizzantissima di Telliskivi Loomelinnak. L’ex zona industriale dal carattere ferroviario a ridosso del centro storico – che poco più di una decina di anni fa era squallida e spopolata – oggi ospita studi d’artisti, edifici per co-working, negozi di designer emergenti, ristoranti, localini dove si esibiscono musicisti e performer, sedi di start up internazionali (ce ne sono oltre 200), officine di stilisti eclettici e un esercito di creativi digitali in arrivo da tutto il mondo.
Telliskivi, una volta di più, emoziona gli innamorati dell’Europa del Nord (siamo a 80 km da Helsinki). E ti induce a pensare al cambiamento urbano come chiave di volta della vita sociale: lo fa con gli stabilimenti dismessi che sembrano cattedrali futuristiche, la sequenza di murales, i vecchi binari della ferrovia e i bar piazzati dentro i container o, magari, nei desueti vagoni del treno che conquistano una second life. Il riuso e l’innovazione in questo quartiere sono dogmi. Qualche dimostrazione pratica? L’Hektor Container Hotel, un albergo le cui camere sono, in realtà, dei container (piazzati in un fascinoso fabbricone) dotati di bagno e servizi totalmente ecocompatibili. O il Fotografiska Restauran all’ultimo piano del meraviglioso, omonimo, museo dedicato alla fotografia (e non solo) che seduce tutti con la sua cucina creativa “a km 0 e no waste”. Lo chef Peeter Pihel ha meritato, qualche giorno fa, la stella verde Michelin “perché tutto viene riutilizzato, e ciò che rimane diventa compost che circola di nuovo nei campi e negli orti”. Un altro balzo in avanti dell’Estonia perfino in cucina. Anzi, nelle cucine di tutto il paese, visto che hanno conquistato per la prima volta la guida Michelin.
E se proprio volete fare un passo indietro – cosa piuttosto difficile per gli estoni che hanno pagato nei secoli la libertà a caro prezzo – regalatevi una salita in collina fino al cuore medievale della città: Toompea. Racchiusa da una cinta muraria, di cui oggi restano venti torri di guardia, Tallin conserva qui il tessuto urbano del XIII-XVI secolo. Le stradine con i ciottoli sbucano nella Raekoja Plats (la piazza del municipio in stile gotico che questa settimana ospita quattro giornate di sfilate medievali intorno alla chiesa di San Nicola) dove si trova ancora la farmacia aperta nel 1422. È tra le più antiche d’Europa ancora attive. Vale la pena entrare qualche minuto. E poi ecco la Cattedrale e le immancabili chiese – che in epoca sovietica erano state dimenticate se non riadattate ad altri usi: la Pühavaimu kirik (del Santo Spirito) che risale al XIV secolo e ha il campanile più alto d’Estonia, le San Olov e San Nicola (trasformata in museo d’arte nel 1984), solo per ricordare le più note. Camminando tra rarità e vestigia – con qualche pausa shopping negli attrattivi negozi tradizionali di cappelli e ceramica – è facile capire perché nel 1997 l’Unesco ha dichiarato il centro storico di Tallinn Patrimonio dell’Umanità (https://whc.unesco.org/en/list). L’emozione è grande e il Passaggio di Santa Caterina, uno stretto cunicolo medievale che unisce due strade, riesce ad amplificarla.
A caccia di suggestioni, scendete dalla collina ma non prima di aver fatto una sosta al Mercato dei Fiori collocato sotto le mura fortificate, tra le due torri d’accesso. Sfilerete tra due ali bancarelle zeppe di peonie colorate, rose, sterlizie, piante aromatiche e girasoli: tutti si fermano a comprare un mazzolino. “Perché gli estoni – spiega Jan, la guida locale – sono di poche parole e se hanno qualcosa da dire lasciano parlare i fiori”. Da annotare.
Ci si avvia verso il centro “moderno”. Vi troverete davanti ancora il passato, ma stavolta quello più recente. Diversi esempi di architettura e statuaria made in Urss, l’Original Sokos Hotel Viru e il museo del Kgb, che vi aspetta con i suoi cimeli al 23° piano del palazzone per un tour guidato. L’albergo fu realizzato nel 1972, durante il periodo sovietico, ad uso esclusivo degli stranieri e quando fu ristrutturato in gran parte delle stanze sono state trovate microspie, cimici nascoste da decenni perfino nel cemento. Più antica ancora è la bellissima Estonian National Opera, esempio di Art Noveau, che dal 1913 accoglie gli estoni per i concerti. Ancora in centro svettano, nell’area di Maakri, i grattacieli specchiati e gli uffici ultramoderni del business distric che convivono con i vecchi edifici in mattoni. Su cui Rottermann ha realizzato un tesoro insieme ai magazzini merci oggi riconvertiti in ristoranti e boutique di tendenza, oasi urbane che gravitano intorno al Museo di Architettura Estone che è in un magnifico edificio storicamente adibito allo stoccaggio del sale.
L’esplorazione di questa città trasformata e trasformista prosegue. “Cambiare per rimanere sé stessi”, c’è scritto su uno dei cartelli che hanno trasformato una delle strade centrali di Tallinn nell’altare della protesta contro l’invasione russa in Ucraina. Poco lontano c’è la caffetteria più elegante della città, la Majasmokk Kohvik al 16 di Pikk Street. Sta lì, bellissima, con i suoi stucchi e le sue tazze decorate modello viennese dal 1864. Ogni tanto qualcuno passa urlando qualcosa di incomprensibile alle nostre orecchie (“Ucraina libera, Estonia sempre libera”), lascia un fiore e qualcun altro risponde. Nella Silicon Valley d’Europa la paura della guerra non è, forse, più forte che altrove ma qui la storia di trent’anni fa brucia ancora. Così, perché i visitatori siano rassicurati il paese ha deciso di scrivere sul suo sito un messaggio diretto: “L’invasione russa in Ucraina non è un motivo per annullare il tuo viaggio in Estonia”. La luce dell’estate promette faville.