L’Europarlamento con il suo voto sulla tassonomia verde ha ceduto alle lobby di gas e nucleare sostenendo la proposta della Commissione di classificarli come fonti energetiche sostenibili, in base al regolamento sulla classificazione degli investimenti verdi. Un duro colpo al Green Deal Europeo e ad un’ambiziosa politica climatica in grado di fronteggiare il climate change.
Si tratta di una scelta politica senza alcuna base scientifica, come invece richiede il regolamento sulla tassonomia. La proposta, infatti, è stata adottata nonostante il parere fortemente contrario della Piattaforma sulla Finanza Sostenibile (PFS), ossia del gruppo di esperti indipendenti nominati dalla stessa Commissione per il supporto scientifico necessario alla redazione questo Atto Delegato Complementare per l’attuazione del regolamento sulla tassonomia. La PFS nelle sue raccomandazioni ha evidenziato che il nucleare va escluso in quanto non rispetta i criteri (previsti dall’articolo 17 del regolamento sulla tassonomia) relativi al principio sul non arrecare danni significativi all’ambiente, in particolare per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive. L’esclusione del gas fossile, invece, è motivata dal fatto che gli impianti a gas per poter fornire un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici, come richiesto dal regolamento, devono emettere meno di 100 gr CO2e/kWh, mentre gli impianti più efficienti a disposizione emettono non meno di 316 gr CO2e/kWh.
In linea con il parere scientifico del PFS, anche l’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), oltre 370 tra i maggiori investitori internazionali con un portafoglio di 50mila miliardi di euro, che chiede di escludere il gas fossile dal regolamento sulla tassonomia, in quanto “si indirizzerebbero capitali verso attività non compatibili con l’impegno Ue verso la neutralità climatica entro il 2050”. Ma la partita non è ancora terminata. I governi di Austria e Lussemburgo hanno già annunciato la loro volontà di ricorrere contro la proposta della Commissione alla Corte di Giustizia con buone possibilità di successo secondo diversi esperti giuridici del Consiglio e del Parlamento.
Legambiente chiede al governo italiano di sostenere il ricorso di Austria e Lussemburgo. Si deve evitare che centinaia di miliardi di euro vadano sprecati con il nucleare ed il gas fossile aggravando così la duplice crisi climatica ed energetica.
Per fronteggiare l’emergenza climatica – che ci tocca sempre più da vicino come dimostrano le ondate di calore e la siccità che hanno colpito duramente la nostra penisola – queste ingenti risorse finanziarie vanno invece investite non solo in rinnovabili ed efficienza energetica, ma anche in tutte quelle infrastrutture ambientali necessarie a difendere i nostri territori dai sempre più preoccupanti impatti climatici che rischiano di mettere in ginocchio molte attività economiche e minare la coesione sociale delle comunità in cui operano.
Per quanto riguarda il settore elettrico, secondo le recenti stime dell’autorevole think-tank Ember, l’Europa può raggiungere la neutralità climatica entro il 2035 quadruplicando la sua produzione rinnovabile ed espandendo l’infrastruttura elettrica necessaria con un risparmio di oltre 1000 miliardi di euro da qui al 2035 e nello stesso tempo garantire una maggiore sicurezza energetica ed una migliore qualità dell’aria che respiriamo. Sono però necessari investimenti iniziali per circa 300-750 miliardi di euro. Risorse che il mercato finanziario può mettere a disposizione più facilmente se si escludono gas fossile e nucleare dagli investimenti verdi.
Non c’è più tempo da perdere per fronteggiare l’emergenza climatica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc, per contenere il surriscaldamento del Pianeta entro la soglia critica di 1.5°C, le emissioni climalteranti globali devono raggiungere il picco entro i prossimi tre anni per poi essere ridotte del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Per contribuire equamente al raggiungimento dell’obiettivo di 1.5°C, l’Europa deve andare oltre l’attuale obiettivo del 55% e ridurre le sue emissioni di almeno il 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e poter così raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Solo così sarà possibile vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica, che rischia di mettere in ginocchio l’Europa. Crisi energetica e climatica vanno affrontate insieme e in sinergia con politiche ed investimenti che puntino su efficienza energetica e rinnovabili, senza farsi illudere dalla miope scorciatoia nucleare e abbandonando definitivamente il gas fossile come pilastro della transizione energetica. Una sfida che l’Europa può e deve vincere orientando in questa direzione gli investimenti verdi.
(*Stefano Ciafani è il presidente nazionale di Legambiente)