Il cambiamento climatico è ancora la principale minaccia per la salute umana: le morti legate al caldo sono infatti salite in media in tutta Europa del 9%, ma nell’Europa meridionale dell’11%. L’inquinamento atmosferico e le temperature in costante aumento stanno dunque provocando problemi di salute che vanno dai più frequenti attacchi cardiaci e ictus alla diffusione di malattie infettive e traumi psicologici. E i sistemi pubblici sanitari europei, soprattutto quelli del sud, stanno cominciando ad entrare in crisi.
È un quadro allarmante quello tracciato dal Rapporto Europa 2024 di The Lancet Countdown on Health and Climate Change pubblicato su The Lancet Pubblic Health, una delle più autorevoli riviste scientifiche del mondo.
In un pianeta che si surriscalda a preoccupare ora sono i decessi legati al caldo: un aumento medio di 17 morti per 100mila abitanti tra il 2003-2012 e il 2013-2022.
Nell’estate 2022 sono state stimate 60 mila vittime legate al caldo estremo. Non solo, l’insicurezza alimentare, moderata e grave, ha colpito 60 milioni di persone in Europa: per 11,9 milioni l’insicurezza è dovuta ad un numero maggiore di giornate di calore e di mesi di siccità. Nel 2022 le perdite economiche dovute ad eventi estremi legati al clima sono state stimate in 18,7 miliardi di euro.
Un report che accusa il ritardo dei governi europei nel mettere in pratica azioni politiche per proteggere i cittadini dagli impatti dei cambiamenti climatici. Ad esempio, continuando a fornire sussidi per i combustibili fossili, che contribuiscono ad alimentare le emissioni. Nel 2021, secondo The Lancet, le emissioni prodotte dall’uso di combustibili fossili sono state pari a 5,4 tonnellate di CO2 pro capite in Europa. Sei volte quelle dell’Africa e quasi tre volte quella dell’America centrale e meridionale per persona.
Il clima e le diseguaglianze
Gli scienziati europei non hanno dubbi: per soddisfare le raccomandazioni del più recente Rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) che vedono nel 2040 l’azzeramento delle emissioni, i sistemi energetici europei dovrebbero diminuire la loro potenza (e quindi le loro emissioni) di circa tre volte.
Il cambiamento climatico è qui, in Europa, e uccide. Questo è il monito dei 69 team di ricercatori autori del rapporto. Perché in ogni parte del mondo le popolazioni stanno provando sulla propria pelle i vari modi in cui il cambiamento climatico, con tutte le sue conseguenze, può provocare disastri sul nostro pianeta. E se la salute di tutti è a rischio, secondo gli esperti, in un mondo che si scalda sempre di più crescono le diseguaglianze. Il livello con cui il clima interferisce con la salute dipende infatti anche dai livelli di sviluppo socio-economico, dall’emarginazione e dai modelli di iniquità già esistenti in ogni singolo paese.
Servono dunque azioni urgenti, spiegano gli scienziati, per ridurre le emissioni di gas serra, non solo per respirare un’aria più pulita e mangiare cibi migliori, ma anche per ridurre la disuguaglianza sociale e abitare in città più vivibili.
Non è uno scenario lontano
“Il cambiamento climatico sta già devastando la vita e la salute delle persone in tutta Europa”, ribadisce Rachel Lowe, direttrice di Lancet Countdown in Europe e leader del gruppo Global Health Resilience presso il Barcelona Supercomputing Center, in Spagna. “Il nostro report fornisce prove sull’allarmante aumento degli impatti sulla salute legati al clima in tutta Europa, tra cui la mortalità legata al caldo, le malattie infettive emergenti e l’insicurezza alimentare e idrica“.
Questo è il secondo rapporto condotto dal Lancet Countdown in Europa che monitora le conseguenza sulla salute dei cambiamenti climatici. Presi in esame 42 parametri (dallo sport alle diete, dai tagli alle emissioni paese per paese alle opportunità offerte per l’azione del clima) che monitorano gli impatti del clima sulla salute e le opportunità mancate e ritardate dell’azione politica.
All’indagine hanno partecipato ricercatori di istituzioni accademiche di tutta Europa e delle Nazioni Unite guidate dal Barcelona Supercomputing Center in collaborazione con il Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), un centro sostenuto dalla Fondazione La Caixa e 40 altre istituzioni in tutta Europa, hanno intrecciato i dati su salute e clima.
Le patologie in aumento
Tutti gli indicatori mostrano che c’è stato un peggioramento degli impatti del clima sulla salute. Ad esempio, lo stress da calore sta provocando una riduzione dell’attività fisica (il dato è del 2022) perché rispetto al 1990 viene considerata più rischiosa sia per le attività mediamente faticose (come il ciclismo o calcio); faticose (rugby o mountain bike). Risultato? Meno sport, sale il rischio di malattie.
E anche le malattie trasmissibili aumentano perché cresce la possibilità di diffusione di “vari patogeni e vettori di malattie sensibili al clima. Ad esempio Vibrio, virus del Nilo occidentale, dengue, chikungunya, Zika, malaria, leishmaniosi e zecche, che diffondono la malattia di Lyme e altre malattie“. Inoltre, si allarga la stagione in cui i pollini possono creare problemi al crescente numero di persone che soffrono già di asma e allergie.
L’Europa del sud più a rischio
Gli impatti negativi sulla salute legati al clima e la responsabilità del cambiamento climatico non sono uguali in Europa e nel mondo e riflettono le disuguaglianze socio-economiche e l’emarginazione.
La mortalità correlata al caldo è due volte più alta nelle donne rispetto agli uomini, così come le famiglie a basso reddito hanno una probabilità più alta di sperimentare l’insicurezza alimentare. I decessi attribuibili a una dieta squilibrata sono più alti tra le donne e l’esposizione al fumo degli incendi era più elevato nelle zone altamente svantaggiate.
L’Europa meridionale tende dunque ad essere più colpita da malattie legate al caldo, incendi, cibo, insicurezza, siccità, malattie trasmesse dalle zanzare e leishmaniosi. Al contrario, l’Europa settentrionale è ugualmente più colpita da vibrioni e zecche, che possono diffondere malattie come la malattia di Lyme e l’encefalite.
Nonostante questo scenario, secondo il report di The Lancet poche sono state le iniziative per diminuire il divario tra zone e popolazioni più o meno svantaggiate. Ma nemmeno si è fatto molto nella ricerca, per capire quanto il clima incide sul benessere e la salute dei cittadini. Basta pensare, scrivono nel dossier, che il Parlamento europeo nel 2022 ha dedicato a questo argomento solo lo 0,1% degli incontri, altrettanto hanno fatto i media. Insomma, i segnali di un’azione politica a tutela dei cittadini sono scarsi.
Altri paesi subiscono le emissioni prodotte dall’Europa
“Il cambiamento climatico è intrinsecamente un problema di giustizia sociale e ambientale – afferma il dottor Kim van Daalen, ricercatore di Lancet Countdown in Europe, autore principale del rapporto – guardando all’interno dei paesi europei stiamo vedendo che sono le comunità più svantaggiate ad essere particolarmente colpite dai problemi di salute legati al clima. Ma i paesi europei delocalizzano anche gli impatti dei propri consumi sulla salute di cittadini in altre parti del mondo. Popolazioni che sono così costrette a subire l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra come risultato dei beni e dei servizi consumati però dall’Europa”. Molti paesi europei infatti continuano a esternalizzare altrove le pressioni ambientali, emissioni di CO2 e PM2,5 basate sul consumo superiore alle emissioni derivate dalla produzione.
“Neutralità carbonica raggiunta entro il 2100”
La strada verso sistemi energetici a zero emissioni rimane dunque tristemente inadeguata. L’uso del carbone è aumentato: 13% dell’approvvigionamento energetico totale dell’Europa nel 2021, era al 12% nel 2020. Non solo, 29 dei 53 paesi della regione europea stanno ancora fornendo sussidi netti per i combustibili fossili.
Nel periodo 2005-2020 le morti attribuite all’inquinamento atmosferico (PM2,5) causato dall’uso di combustibili fossili sono diminuite del 59% in Europa. Una diminuzione dovuta alle tecnologie di controllo dell’inquinamento atmosferico. “L’esposizione all’inquinamento atmosferico sta danneggiando la salute delle persone in Europa e oltre – afferma Cathryn Tonne, epidemiologa e co-direttore di Lancet Countdown for Health and Climate Change in Europe – Mentre il nostro rapporto mostra una diminuzione dell’inquinamento atmosferico (PM2,5) negli ultimi 15 anni in Europa questa diminuzione è dovuta principalmente al miglioramento delle tecnologie di controllo dello smog, ma non le emissioni di gas a effetto serra. Abbiamo ancora bisogno di misure politiche adeguate per affrontare l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas a effetto serra in parallelo”.
Il ruolo guida dell’Europa
La mancata adozione di misure decisive può esacerbare gli attuali impatti dei cambiamenti climatici. Per questo, secondo gli autori dello studio, l’Europa dovrebbe riprendersi quel ruolo guida che ha avuto e impegnarsi a favore di una transizione ambientale equa e sana. Assumersi la responsabilità globale e sostenere le comunità più colpite. “Stiamo già sentendo il costo di un’azione ritardata, ma conosciamo anche i risultati che potremmo raccogliere eliminando gradualmente i combustibili fossili. – afferma Rachel Lowe – Limitare il riscaldamento globale a meno di 1,5°C attraverso una transizione giusta e sana offrirebbe benefici salvavita per tutta Europa e oltre. Urgente l’attuazione di politiche climatiche incentrate sulla salute e sul benessere dei cittadini”.
Eppure la stragrande maggioranza degli europei è a favore dell’azione per il clima. L’84% concorda sul fatto che affrontare il cambiamento climatico dovrebbe essere una priorità per migliorare la salute pubblica e quasi 7 su 10 pensano che i loro governi nazionali non stiano facendo abbastanza per affrontare il cambiamento climatico. A questa sensibilità non corrispondono però scelte politiche coerenti.