C’è un Paese, l’Irlanda che prima di tutti, prima ancora dell’Onu, ha pensato all’ambiente. Non ha soltanto parlato di sostenibilità, ma realizzato un progetto che in dieci anni ha permesso risultati incredibili. Il progetto si chiama Origin Green, e ne abbiamo parlato con Andrea Segrè professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Buongiorno professore, inizierei con chiederle quali sono le caratteristiche che rendono Origin Green un progetto così importante.

Origin Green, che quest’anno compie dieci anni, è un programma promosso da Bord Bia, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti food&beverage irlandesi, nato da un sogno collettivo, un traguardo che l’Irlanda, ricco cuore verde pulsante d’Europa, si prefigge di raggiungere in un futuro non troppo lontano: diventare Paese leader nella produzione sostenibile di alimenti e bevande. Intanto va detto che si tratta di un programma molto “organico” sulla sostenibilità, nel senso che abbraccia tutto il sistema agroalimentare; poi l’approccio di misurazione degli indicatori che valutano i progressi ottenuti ha una base scientifica molto solida; infine, i dieci anni di esperienza (e miglioramenti) lo rendono effettivamente unico nel suo genere. Basta pensare agli eclatanti risultati raggiunti sino ad ora: 300 imprese alimentari, 55 mila aziende agricole, 71 mila membri che grazie alle iniziative intraprese nel decennio – oltre 2.600 obiettivi e 13.600 iniziative sostenibili – hanno permesso di ridurre di oltre il 6% la produzione di CO2 per unità di carne e di latte animale.

Come hanno fatto in Irlanda a pensare e mettere in piedi un progetto di questo tipo già 10 anni fa, quando di sostenibilità si parlava molto meno, quando non era ancora considerata un’urgenza? È una questione di mentalità, sensibilità, configurazione geografica?

Credo sia un mix di elementi, certo una geografia molto “verde” ha reso il green evidentemente un vantaggio competitivo in chiave economica molto forte, non a caso il nome del programma. In questo senso credo sia importate dire che la sostenibilità cambia il modello di business, perché parte dal presupposto – secondo me molto corretto – che senza il primo driver, quello economico, la sostenibilità non funziona perché le imprese non sopravvivono. E siccome nella ripartizione del valore aggiunto le imprese agroalimentari sono quelle che hanno i rischi più elevati (clima) e i margini più ridotti, è chiaro che fare bene al pianeta può fare anche bene all’economia. Altrimenti non funziona. Mi pare che in Irlanda questa consapevolezza sia maturata prima che altrove, infatti con il 90% del food&beverage prodotto sotto la supervisione del programma Origin Green, l’Irlanda rappresenta un modello esemplare di produzione sostenibile nel settore zootecnico.

 

Ottenuti questi risultati, possiamo considerare Origin Green come un caso che fa scuola? Che si può replicare anche in altri Paesi?

Credo proprio di sì, anche perché l’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile riguarda praticamente tutti i paesi del mondo, tranne pochissime eccezioni. Se qualcosa funziona in un paese perché, con gli opportuni adattamenti, non “copiarla” altrove? In altre parole le esperienze positive e documentate che entrano nella sostenibilità “in pratica” devono fare da guida per chi ancora non è arrivato a quel livello. Chi adotta le buone pratiche risparmia anni di investimenti, prove, esperienze negative. Per questo invito a “studiare” Origin Green, ogni paese poi lo declinerà secondo le sue necessità.

Perché crede che sia un progetto replicabile in Italia e a che punto siamo nel nostro paese con le produzioni agricole sostenibili?

In generale la replicabilità dei progetti deve passare per degli adattamenti rispetto alle condizioni peculiari di ogni Paese. Ciò detto, anche se l’Italia per la sostenibilità delle produzioni agricole ha fatto molto – penso ad esempio alla crescita del comparto biologico superiore alle medie europee, alla riduzione delle perdite agricole e degli sprechi alimentari, all’Agricoltura 4.0 … – manca un approccio “organico” nel senso di abbracciare tutto il sistema agroalimentare e anche la dotazione di metriche condivise e solide dal punto di vista scientifico, per misurare i progressi nel campo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, proprio come è nel DNA di Origin Green. Secondo me sarebbe utile organizzare un confronto a livello tecnico-scientifico. In fondo anche la nostra esperienza potrebbe essere di interesse per l’Irlanda.

A quali risultati potremmo ambire adottando un simile protocollo?

La strada per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile è segnata, certo crisi economica, pandemia, guerra incideranno sui tempi. Ma questo non vuol dire tornare indietro rispetto a un percorso condiviso, direi ineludibile. Se l’Italia adottasse un progetto simile, con degli opportuni adattamenti, ne trarrebbe un indubbio vantaggio. Per questo sarebbe utile una maggiore conoscenza reciproca. Come diceva il grande scrittore – guarda caso irlandese – George Bernard Shaw: “Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu e io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”. Inoltre, l’importanza di produrre cibo in armonia con la natura, riducendo l’impatto ambientale il più possibile, si affianca e si lega alla piramide nutrizionale, che richiama al consumo misurato dal punto di vista qualitativo e quantitativo di buone proteine di origine animale in tutte le fasce di età e secondo i fabbisogni. Origin Green, in questo senso, si inserisce perfettamente nell’approccio One Health: una salute unica che lega l’uomo con gli animali e l’ambiente naturale.

Per lei la sostenibilità può essere un buon antidoto contro la crisi che stiamo vivendo tra covid, guerra e aumento dei costi delle materie prime?

Sostenibilità è una parola salvifica, oggi molto abusata tanto che poi non solo se ne perde il significato originario ma anche l’effettiva portata. Se per sostenibilità intendiamo, in una prospettiva temporale, da una parte produrre di più con meno risorse e meno impatti, dall’altra consumare quanto basta e meglio, allora la risposta è sì: abbiamo un buon antidoto alla crisi che stiamo vivendo. Sapendo che non sarà l’ultima. Se la pandemia e la guerra possono avere un orizzonte (speriamo) di breve-medio periodo, il riscaldamento globale e le sue implicazioni su produzione, consumo, energia, immigrazione ci seguiranno nel lungo periodo. La resilienza/sopravvivenza del genere umano passa per applicare concretamente la definizione di sostenibilità, senza rimandare nessuna azione/progetto. Origin Green e il “modello irlandese” rappresentano un’ambizione raggiungibile anche in altre realtà: è una questione di responsabilità verso a noi stessi e il pianeta che abitiamo.