Bellezza e biodiversità. Le conchiglie, come la loro forma a spirale, narrano storie sovrapposte: non solo la propria, ma anche quella del mare, dei suoi cambiamenti, dell’umanità. Portatrici di importanti messaggi per gli scienziati, durante la stagione estiva sono vittime di un depauperamento. Il 70% di gusci e molluschi in luglio e agosto infatti sparisce con danni alla spiaggia e ai suoi ecosistemi: agli organismi che hanno bisogno delle conchiglie per nascondersi o per nutrirsi. Un bel libro “Il suono del mare. Le conchiglie e il futuro degli oceani” della giornalista americana specializzata sui temi ambientali, Cynthia Barnett (La Nave di Teso).
Un volume di 544 pagine interamente dedicato alle conchiglie, ai molluschi e a quello che hanno rappresentato per i popoli e per la scienza. Una narrazione, condotta con la consulenza degli esperti delle maggiori istituzioni che conservano e collezionano le conchiglie, dalla Smithsonian Institution di Washington DC al Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi: dai primi esseri viventi dotati di guscio che risalgono a circa un miliardo di anni fa, per arrivare a quei fossili che ci danno indicazioni sull’evoluzione, l’estinzione e il cambiamento geologico.
La vita dentro la conchiglia
Spiega la scrittrice: “Questo libro mostra qualcosa che non è più dato vedere. La vita dentro una conchiglia, le regine delle Maldive e molti altri esseri che i libri di storia hanno tralasciato, le connessioni tra la condizione umana e quella dei mari. Proprio come accadde di amare le conchiglie per il loro meraviglioso aspetto esteriore, anziché gli animali che le costruirono, così abbiamo amato gli oceani come sfondo bellissimo della nostra vita, anziché come fonte stessa della vita”.
La storia dei continenti
Conchiglie ritrovate in cima alle montagne che raccontarono la storia di continenti che si muovevano e di mari che si alzavano e si abbassavano, “articolando così una storia della Terra molto più antica di quei 6000 anni narrati nella Bibbia“. Ancora Barnett: “Disposte in diverse stratificazioni sulle pareti di un canyon, di una falesia o molti livelli sottoterra, le conchiglie marine registrano un diario fossile lungo mezzo miliardo di anni, lasciandoci uno dei più esaustivi archivi della vita passata e del cambiamento globale del nostro pianeta. Proprio come ci racconta la memoria della Terra conservata nelle montagne, le conchiglie sono capaci di registrare la storia umana”.
Così l’archeologo portoghese João Zilhão che ha passato la vita esplorando cunicoli rocciosi e grotte con lo scopo di comprendere la vita dell’uomo di Neanderthal, ha trovato nello studio delle conchiglie marine rinvenute nelle grotte della penisola iberica la chiave di lettura per i suoi studi.
Il danno dei collezionisti
“Sono il reperto naturale più ambito dai collezionisti, insieme alle pietre; sono di fatto la più antica forma d’arte a noi nota nella storia del mondo”. Ma il male arrecato ai molluschi dai collezionisti di conchiglie “è paragonabile all’impatto prodotto dalle automobili private rispetto a quello degli impianti industriali a combustione fossile nell’aumento del riscaldamento della Terra con le emissioni di anidride carbonica – è il paragone di Barnett, che sottolinea – Paradossalmente a costruire le conchiglie più amate da noi esseri umani come la conchiglia regina e il nautilus camerata sono proprio le creature che, in nome di tanta bellezza, stiamo uccidendo”.
Perché i molluschi non sono considerati a rischio
Sono state gioielli e arte. Soldi e armi. “I loro creatori, i molluschi, sono simboli di tutta la natura sfruttata e portata al limite della sostenibilità: un limite segnalato dalla dissoluzione delle loro splendide case nel mare acidificato”, scrive Barnett. Eppure, i molluschi non vengono inseriti nelle liste o studiati come altre specie minacciate di estinzione. Perché? “Non attirano l’attenzione – si legge nel libro – e di conseguenza nemmeno i fondi della ricerca, di cui godono animali come le tartarughe marine o i panda. La Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature (Iucn) – l’osservatorio ufficiale che registra lo sconcertante indice di estinzione degli animali in corso in ogni parte del mondo – sottostima gravemente la drastica riduzione del numero di invertebrati, che tocca il 97% circa di tutte le creature viventi. Oggi le specie più popolose sono estinte a livello locale in Cina, a Taiwan, a Singapore, e in molte isole di minori dimensioni, dove sono state raccolte in quantità eccessive a causa della prelibatezza del loro muscolo adduttore – un sashimi ricercatissimo – e della bellezza dei loro gusci”.
A New York e in altre baie in ogni parte del mondo, storicamente colonie di ostriche e perfino riserve di vongole giganti nell’oceano Pacifico – in luoghi rigorosamente tenuti segreti per preservarli dai bracconieri – sono in corso progetti di ripopolamento. “Riportare alla vita quelle creature seminali potrebbe essere d’aiuto per recuperare gli habitat marini e per ristabilire quell’allevamento oceanico non inquinato che è necessario per nutrire le persone e salvare i pesci di mare”.
Piccoli esseri che lottano contro l’anidride carbonica
Le vongole, le ostriche, le cozze e le capesante puliscono il mare e nello stesso tempo sono una fonte importante di cibo e lavoro e lottando contro l’estinzione. “Fanno tutto questo mentre costruiscono i loro gusci, assorbendo tonnellate di CO2. Le conchiglie frantumate o macinate possono servire anche a ridurre la nostra dipendenza dal calcare estratto e possono contribuire a rendere più ecologico il cemento, il quale è la terza fonte di emissioni di carbonio causate dall’uomo dopo i combustibili fossili e la rotazione delle colture” scrive Barnett “Un guscio a spirale, nel suo infinito ripetersi, è una buona rappresentazione dell’economia della natura: un’economia circolare, guidata dalla rigenerazione piuttosto che dallo spreco”.
“I molluschi passano la vita a riciclare i prodotti chimici presenti nell’oceano per costruire i loro gusci. Si alimentano con le alghe. Le loro barriere coralline spesso sono migliori delle barriere create dall’uomo per proteggere le coste dall’erosione e da altri effetti nefasti legati alle tempeste”. Tutto questo, mentre secondo Barnett non teniamo conto quanto siano importanti queste specie rispetto ai mari che si riscaldano e si acidificano allontana la speranza del successo.
L’acidificazione dei mari, minaccia per i gusci
“Gli oceani hanno assorbito in silenzio il 90% del riscaldamento globale e vi sono alcuni luoghi che sono già diventati troppo caldi per i molluschi. I mari hanno già ingerito un terzo dell’anidride carbonica, che ha reso le loro acque più acide del 30% di quanto fossero all’inizio dell’industrializzazione. Un simile cambiamento a livello chimico, noto come l’acidificazione degli oceani, ha cominciato a ridurre la quantità di carbonato che i molluschi impiegano per costruire i loro gusci”. Così le acque acidificate stanno perforando le conchiglie, bucandole ed erodendole.
La farfalla di mare
Una delle più piccole creature col guscio che esista al mondo, la farfalla di mare, fonte di nutrimento per altre creature marine, tra cui i chionidi e le balene, presenta un guscio duro e sottile particolarmente sensibile ai cambiamenti chimici degli oceani. “Gli scienziati di tutto il Pianeta rivelano che il suo guscio sta diventando sempre più sottile, e che i suoi delicati strati esterni cominciano a presentare segni di corrosione”
Giornata mondiale degli Oceani, l’appello di Tania Cagnotto: “Non è tardi, dobbiamo impegnarci per il pianeta”
Un libro pieno di storie
Dal misterioso bagliore delle vongole giganti alla sorprendente origine di Shell Oil come azienda familiare che importa conchiglie esotiche, il libro è pieno di storie. Le conchiglie sono state moneta prima che esistesse il denaro, gioielli prima che lo fossero le pietre preziose, opere d’arte prima che lo fossero i dipinti. I gusci di cozze fossilizzati rinvenuti sulle sponde del Solo River a Giava, in Indonesia, il sito dove è stato collocato l”Uomo di Giava’, recano forme geometriche a zig-zag incise intenzionalmente mezzo milione di anni fa da una mano esperta. Una collezione di conchiglie è stata dissotterrata persino nelle rovine di Pompei.
Scrive Barnett nel suo libro: “Nel momento in cui le prime popolazioni cominciarono a interagire con un crescente numero di altre popolazioni, una collana fatta di conchiglie o un ciondolo poteva essere un modo di mostrare una propria identità di individuo e dichiarare l’appartenenza a un gruppo sociale. C’è qualcosa che sta alla base dell’estetica delle conchiglie che tocca il cervello umano e che è molto potente. E non si tratta del pensiero simbolico, bensì del senso del bello in un’accezione molto moderna“.
Erasmus Darwin nel 1770 fece riprodurre sul fianco della sua carrozza lo stemma araldico della famiglia composto da tre capesante e decise di aggiungerci anche il motto E conchis omnia, “tutto viene dalle conchilie”. Prima era solo nel suo ex libris personale, ma non tutti lo avrebbero visto, così decise di renderlo visibile. “I suoi eredi si trovarono d’accordo sulla veridicità della teoria di una comune discendenza, anche se non necessariamente doveva provenire da un guscio primordiale“.
Anche lo stemma della principessa Diana, tramandato nella famiglia Spencer fin dal XVI secolo, includeva tre capesante. “Quando compirono diciotto anni, i figli di Diana William e Harry adottarono le conchiglie nei loro stemmi proprio in suo onore”.
E poi la storia del coltivatore olandese di tulipani Abraham Casteleyn, che nel 1644 nel giardino della sua proprietà ad Amsterdam, nel suo testamento tra i beni preziosi inserì la sua collezione di conchiglie esotiche “2389 rarità di piccole conchiglie” e “piccole corna”. Ma la sua malattia per le conchiglie aveva un nome: conchigliomania, e si trattava di una forma di follia diffusa in tutta Europa tra il XVI e XVII. Un altro appassionato, il grande Rembrandt, venne colto dalla medesima mania. “La conchiglia”, la sua acquaforte del 1650, rende omaggio alla guglia arrossata e alle macchie di luce su fondo scuro. “Si ritiene facesse parte della vasta collezione di conchiglie posseduta da Rembrandt: si ritrova in effetti in un inventario dei beni presenti nella sua casa redatto quando perse la villa padronale per bancarotta”. E poi la storia della Shell Oil e di Abdigail e Marcus Samuel che nella metà del 1800 crearono con le conchiglie souvenir venduti ancora oggi nei negozi lungo le spiagge, in Inghilterra e in tutto il mondo. A Samuel viene attribuito il merito delle onnipresenti etichette ancora in uso: “Un regalo da Brighton“. I suoi eredi decenni più tardi quando fondarono la Shell, nel loro marchio, vollero ricordare l’origine della ricchezza della famiglia. A Venezia, il Museo Navale custodisce una delle più grandi collezioni al mondo di conchigliie.
Il mollusco madre
I paleontologi di oggi teorizzano che i molluschi, si siano evoluti da un unico antenato con guscio. “È vero che gli scienziati non hanno ancora trovato quel mollusco madre – scrive l’autorice del libro – Ma sanno che si è evoluto almeno 540 milioni di anni fa, in seguito al momento in cui i microbi monocellulari, alcuni dei quali avevano già cominciato a portare grandi innovazioni alle forme di vita primordiali iniziarono finalmente a svilupparsi in esseri più complessi. Nello spazio di tempo che intercorse tra la presenza di quei tappeti di esseri microbici che trasudavano vita, e che regnarono incontrastati per la maggior parte della storia della terra, e la grande evoluzione degli animali, arrivarono due ondate di forme di vita che sono state molto sottovalutate”.
“I corni di conchiglia sono stati ritrovati all’interno di grotte e i rifugi rocciosi in quasi tutti i continenti, anche molto lontani dal mare, e le loro superfici apparivano consumate proprio per il fatto di essere state tenute in bocca”. Probabilmente, spiegano gli scienziati, le usavano come una moderna tromba, magari per comunicare da punti lontani. Forse per annunciare un pericolo, o forse solo per sentire il suono. Come i bambini che dalle conchiglie sentono il rumore del mare.