Oggi e domani i capitani delle squadre di calcio di serie A (ma in realtà hanno cominciato ieri, al Bentegodi, quelli di Verona e Bologna) entrano in campo con una fascia dedicata al cambiamento climatico. Su un fondo verde e blu, che ricorda il pianeta Terra, c’è scritto sopra EarthDay, la giornata che dal 1970 festeggiamo ogni anno il 22 aprile. Lo fanno perché il 4 aprile Green&Blue ha lanciato una petizione alla Lega calcio. Il risultato non è stata soltanto una simbolica fascia. Il presidente della Lega Lorenzo Casini ha preso l’impegno di accompagnare la transizione ecologica dei club; il presidente dell’Associazione calciatori Umberto Calcagno ha deciso di portare questo tema alla prossima assemblea di lunedì 24 aprile per far adottare a tutti i calciatori dei comportamenti responsabili ed esemplari dal punto di vista climatico; e il ministro dello Sport Abodi è andato molto oltre immaginando per tutto lo sport un ruolo da traino per la transizione ecologica e annunciando che tutti gli impianti sportivi dovranno diventare “comunità energetiche”, grazie ad impianti di energia rinnovabile che producano l’energia necessaria a farli funzionare, a partire dal più noto di tutti, lo stadio Olimpico di Roma.
Perché dirlo presentando il prossimo Festival di Green&Blue? Perché occupandoci – per mestiere e per convincimento profondo -, di cambiamento climatico e sostenibilità, questa piccola storia è esemplare di come interpretiamo il nostro lavoro: cerchiamo, attraverso i dati e la scienza, attraverso le storie e gli esempi, di produrre dei cambiamenti. Di cambiare, se ci consentite il gioco di parole, il cambiamento climatico. Contribuire ad invertire la rotta.
Con questo spirito facciamo il Festival 2023 partendo dalla considerazione che apparentemente c’è davvero poco da festeggiare sul tema con il pochissimo che la maggior parte dei Paesi sta facendo rispetto a quello che sarebbe necessario. E poi tira dalle nostre parti di nuovo un brutto vento di negazionismo climatico, più subdolo perché non nega il problema, ma lo minimizza, ci dice “che fretta c’è…”. A questo rispondiamo chiamando a raccolta i migliori scienziati e attivisti, le aziende e i politici che non fanno greenwashing, e le persone che questa svolta la praticano ogni giorno: dal 5 all’8 giugno, dalla Giornata Mondiale dell’Ambiente a quella degli Oceani, saremo tutti assieme per dimostrare che “Una Terra per tutti” non è soltanto uno slogan che funziona, ma un traguardo possibile. E non ci arriveremo perché abbiamo paura della fine del mondo, ma perché avremo convinto anche gli scettici che un mondo migliore per tutti è il pianeta dove vogliamo abitare. Abbiamo le risorse e abbiamo le tecnologie per farlo. E abbiamo le persone. È il momento di impegnarsi. Tutti per la Terra.