C’è chi ha fatto da apripista. Mostrando quel che il calcio può fare per affrontare con decisione la questione ambientale. Combattendo il climate change e sensibilizzando i milioni di sostenitori dello sport più seguito al mondo. Così, mentre la petizione “Capitani per il clima” ha superato le duemila firme e si avvicina la data del 22 aprile (quando Green&Blue ha chiesto a Lega calcio e Divisione femminile della Figc di far scendere in campo le squadre con la fascia da capitano dedicata al clima), si fanno largo le storie virtuose delle squadre più attente alla sostenibilità. Le ha messe in fila il Football Sustainability Index 2023, il report annuale (qui il .pdf) che certifica l’impegno sull’ambiente dei team di calcio delle prime cinque leghe europee.

E se il Liverpool è saldamente in testa alla classifica, l’Italia è ben rappresentata nella top ten da Udinese (quarta) e Milan (decimo). La società inglese porta avanti progetti come “The Red Way”: invita la comunità di adepti a “piccoli cambiamenti nella vita quotidiana”, ma intanto dà il buon esempio, eccome. Viaggiando verso l’azzeramento assoluto delle emissioni di CO2, con un uso sempre più pervasivo delle rinnovabili, e puntando sull’economia circolare: niente rifiuti in discarica, al bando la plastica, sono stati riciclati anche i 6500 sedili in plastica di Anfield Road. Dove, per inciso, un grande orto produce frutta e verdura da consumare all’interno dello stadio.

Un percorso virtuoso è anche quello del Real Betis di Siviglia, che ha lanciato il programma “Forever Green”, piattaforma aperta ad aziende e cittadini per utilizzare “la forza dello sport più popolare del pianeta per contribuire a salvarlo”. Ambizioso, certo, ma intanto anche la squadra spagnola è vicina alle emissioni zero ed è coinvolta in un progetto legato all’eolico in Costa Rica.

E in Italia? Qualcosa si muove, finalmente. Grazie all’Udinese, tra le prime società italiane ad aderire al programma delle Nazioni Unite “Sports for Climate Action”. Con una partnership con Bluenergy, il terreno della Dacia Arena utilizza esclusivamente energia proveniente da fonti rinnovabili: quanto basta, anche grazie all’ottimizzazione dei sistemi di riscaldamento, per farne uno dei primi stadi a emissioni zero in Europa. E la divisa bianconera del club, prodotta da Macron, utilizza tessuti ecosostenibili al 100%: ogni maglia nasce, pensate, da 13 bottiglie di plastica PET riciclate. Insomma, la strada sarebbe segnata. Ma potrebbe non bastare.

Anche per questo la forza del messaggio della petizione “Capitani per il clima” (che si può firmare su Change.org) può essere decisiva per muovere le coscienze dei club ancora poco attenti alla sostenibilità e, soprattutto, del grande popolo che segue il calcio. Per voltare pagina, partendo dalle fasce da capitano ‘specialì con le strisce del clima: un messaggio forte, condiviso, fondamentale.

Al quale si uniscono, tra gli altri, anche Tiziano Pesce, presidente Uisp (“Lo sport deve diventare protagonista della transizione ecologica, del contrasto alle emergenze climatiche e della costruzione di una società resiliente e sostenibile”) e Giorgio Vacchiano, divulgatore e accademico: “Le climate stripes di Ed Hawkins – dice – ci hanno fatto mostrato come una comunicazione climatica azzeccata possa mettere insieme accuratezza, immediatezza e design, tanto da entrare sulle maglie di due squadre di calcio. Mi piacerebbe vederle sulla maglia della mia squadra favorita: sul granata del Toro si abbinerebbero molto bene”.