Le parole chiave che definiscono il nuovo sistema del cinema sono chiare: ecologia e sostenibilità. E su questi due temi ineludibili della contemporaneità si basa la rivoluzione verde che sta cambiando l’industria cinematografica e il comparto dell’audiovisivo. In Italia si stanno facendo passi in avanti in questa direzione. Le Film Commission regionali scendono in campo contro il cambiamento climatico rinnovando le produzioni audiovisive e favorendo nuovi servizi che possono ridurre o azzerare l’impatto sull’ambiente. Un esempio è il Green Film, lo strumento creato dalla Trentino Film Commission che comprende un disciplinare per la gestione delle riprese e quindi dei set in modo maggiormente ecosostenibile, oltre a una certificazione verde per i progetti virtuosi che dimostrano di avere i requisiti richiesti. Ma come si produce e si realizza, concretamente, un film green? “Ci sono vari punti essenziali da tenere in considerazione” come spiega Giovanni Pompili, produttore cinematografico a capo di Kino Produzioni e responsabile del Green Film Lab, un progetto di workshop rivolti agli operatori dell’audiovisivo, su ecosostenibilità e pianificazione economico-organizzativa in una produzione.
“Tutti i film, in quanto attività produttive, hanno sempre un impatto ambientale – sottolinea Pompili – l’obiettivo è limitarlo il più possibile, rendendo nel tempo le produzioni sempre più sostenibili. Affinché ciò accada vanno introdotte azioni responsabili nell’utilizzo delle risorse, verso i consumi ed i trasporti, prima di tutto. Sul set si può privilegiare l’allaccio temporaneo alla rete elettrica sostituendolo ai generatori, la scelta di materiali e forniture certificate, il riuso ed il riciclo di tutto il materiale di scenografia, l’eliminazione della plastica dal set compreso il servizio catering, l’introduzione di mezzi ibridi o elettrici per i trasporti, la sistemazione degli alloggi a breve distanza dal set”.
La linea guida, secondo Pompili, resta comunque “la flessibilità per trovare soluzioni diverse in base alla specificità dei singoli progetti, seguendo la regola del “meno impatto ambientale, più impatto sociale”, che è un passo successivo”.
Anche per la presidente di Film Commission Torino Piemonte, Beatrice Borgia, “le produzioni cinematografiche e audiovisive devono puntare a una sostenibilità a 360 gradi, per generare ricadute positive sull’ambiente e sul tessuto sociale ed economico del territorio nel quale operano. Come Film Commission valorizziamo infatti la filiera “verde” di fornitori e servizi che possono contribuire alla realizzazione di una produzione più sostenibile”.
Allargando la visuale oltre i confini nazionali, in Inghilterra è stato attivata la piattaforma “Albert” promossa dalla British Academy of Film and Television Arts: offre servizi di consulenza per l’industria creativa e le produzioni cinematografiche per ridurre l’impatto ambientale e ispirare il pubblico ad agire per un futuro sostenibile. È stato creato una specie di kit con un misuratore che aiuta a calcolare le emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad una produzione, e un “Carbon Action Plan” per minimizzare gli effetti negativi sull’ambiente. Charlotte Westlak project manager del toolkit di Albert, ha preparato un lungo elenco di suggerimenti pratici che spaziano dall’impiego di energie rinnovabili al filtraggio delle acque reflue fino alla scelta di imballaggi privi di plastica, riciclabili e riutilizzabili.
Banalmente, anche il tipo di prodotti che si usano per il trucco di attori e attrici, può incidere sulla qualità e l’impatto della produzione. Anche il make-up può essere ecosostenibile. Sul portale di Albert si trovano le domande che un truccatore dovrebbe rivolgere ai fornitori per assicurarsi che la produzione stia acquistando davvero i prodotti migliori. Ci sono diversi esempi: “se un prodotto contiene olio di palma, dove e come viene acquistato e certificato? Perché questo prodotto contiene ingredienti tossici o potenzialmente tossici? Quali misure di sostenibilità ha adottato l’azienda? Qual è la politica sull’utilizzo dell’acqua?”. Oggi tutte queste richieste sono diventate fondamentali e tutt’altro che trascurabili, anche nel settore dell’audiovisivo.
“In Italia esiste un percorso preciso da fare per ottenere la certificazione green per un film”, dice Pompili, “prima di entrare in produzione bisogna pianificare e dichiarare quali azioni si possono intraprendere, redigendo un piano di sostenibilità della produzione, da condividere con le Film Commission locali e con un ente certificatore. L’ente completa l’attività di verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale dichiarati dalla produzione prima dell’inizio dello shooting. Se il controllo ha esito positivo, la produzione riceve la certificazione di “Green Film” da parte dell’ente”. Per formare e rafforzare questo tipo di approccio c’à il Green Film Lab, che propone corsi di formazione tematici. Un programma di training organizzato dal TorinoFilmLab del Museo Nazionale del Cinema, dedicato a produttori e capi reparto, come scenografi, direttori della fotografia, tecnici, che insieme a green manager e tutor internazionali lavorano alla stesura di un piano di sostenibilità. E analizzano i diversi criteri previsti dal protocollo: risparmio energetico, trasporti e alloggi, ristorazione, materiali, gestione dei rifiuti, comunicazione“.
Scarica: Disciplinare per una produzione cinematografica sostenibile