Oltre venti attivisti di Greenpeace provenienti da Repubblica Ceca, Germania e Paesi Bassi hanno protestato questa mattina sotto il Castello di Praga, sede del doppio vertice della Comunità Politica Europea e dell’Unione Europea in programma rispettivamente oggi e domani. A una settimana dall’apparente sabotaggio del Nord Stream, gli attivisti hanno innalzato nel fiume Moldava un finto gasdotto di 30 metri per ricordare la vulnerabilità delle infrastrutture per i combustibili fossili. Ai leader europei chiedono un cambiamento urgente per liberare l’Europa dalla dipendenza dai combustibili fossili, da qualsiasi Paese provengano, e di investire nella sicurezza energetica a lungo termine, puntando sul risparmio energetico e le energie rinnovabili.
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“Per quanto duro sarà questo inverno, il prossimo potrebbe essere peggiore se i governi non faranno nulla per ridurre rapidamente la dipendenza dell’Europa dal petrolio e dal gas, le cui forniture sono sempre più instabili. È indicativo che in testa all’agenda del vertice ci sia un tetto ai prezzi del gas: questa misura può offrire un po’ di sollievo temporaneo alle famiglie più vulnerabili, ma non affronta il problema della dipendenza dal gas o la povertà energetica a lungo termine. È vergognoso che, a quasi otto mesi dall‘invasione dell’Ucraina da parte di Putin, non ci sia stato alcun programma di isolamento termico per il risparmio energetico delle abitazioni su larga scala, né una spinta a livello europeo per la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore, né grandi programmi per installare pannelli solari su ogni tetto disponibile” ha dichiarato Thomas Gelin, della campagna clima ed energia di Greenpeace EU.
Nonostante i piani previsti dal pacchetto RePower dell’UE e la possibilità di impiegare i Recovery Funds nazionali per l’emergenza Covid in misure per il risparmio energetico e le energie rinnovabili, una ricerca commissionata dal Financial Times ha rilevato che i governi europei spenderanno almeno 50 miliardi di euro quest’inverno per nuove e più estese infrastrutture e forniture di combustibili fossili, comprese le importazioni di gas e carbone.
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La scorsa settimana, i ministri dell’energia dell’UE hanno concordato di imporre un livello minimo di tassazione (descritto come “contributo di solidarietà”) sugli utili inattesi delle compagnie del gas, del petrolio e del carbone. Le aziende dovranno pagare un contributo almeno del 33% degli utili superiori alla media per il 2022 e/o il 2023, ma i singoli governi potranno stabilire livelli di tassazione più elevati. Greenpeace ha criticato questa politica e chiede che le aziende produttrici di combustibili fossili consegnino il 100% dei loro utili extra, a partire dal 2022, e che i governi utilizzino queste entrate per aiutare le persone più vulnerabili con un sostegno mirato e per investire in misure quali l’isolamento delle case e la promozione di un trasporto pubblico più accessibile.
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“La soluzione alla crisi energetica non consiste nel sostituire un gasdotto con un altro, ma nell’imparare dagli errori del passato, nello sviluppare rapidamente le energie rinnovabili e nel promuovere il risparmio energetico, che è una vera garanzia a lungo termine per la sicurezza energetica.” ha commentato Miriam Macurová della campagna clima di Greenpeace Czechia.