Inquinamento, dighe, agricoltura intensiva, specie invasive. E così rischiamo di perdere la bellezza di 23mila specie che vivono negli ecosistemi d’acqua dolce, quasi un quarto del totale. Sarebbe un duro colpo alla biodiversità: a lanciare l’allarme è un gruppo di scienziati della International Union for Conservation of Nature (Iucn), un’organizzazione non governativa internazionale con sede in Svizzera, in uno studio appena pubblicato sulle pagine della rivista Nature. Gli autori auspicano che i risultati del loro lavoro spronino e aiutino i decisori a intraprendere al più presto tutte le azioni necessarie a preservare la biodiversità delle acque dolci e scongiurare il pericolo di estinzione delle specie a rischio.


“Gli ecosistemi di acqua dolce”, scrivono i ricercatori nello studio, “sono ricchissimi di biodiversità e rappresentano un mezzo di sussistenza e di sviluppo economico per molte popolazioni umane, e sono attualmente sottoposti a uno stress molto elevato”. La maggior parte delle valutazioni finora compiute sulle specie a rischio di estinzione, però, non si erano concentrate su quelle che vivevano nelle acque dolci, e ciò ha parzialmente condizionato le politiche di conservazione.

“Finora, le politiche ambientali e le definizioni delle priorità di conservazione sono state stabilite soprattutto sulla base dei dati relativi ai tetrapodi terrestri. Abbiamo le prove che questi dati non sono sufficienti a rappresentare le esigenze delle specie di acqua dolce né a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati in fatto di biodiversità”. Tutelare questa biodiversità è particolarmente importante: le acque dolci ospitano, infatti, oltre il 10% di tutte le specie viventi conosciute, e molte di esse svolgono un ruolo fondamentale per il ciclo dei nutrienti, per il controllo delle inondazioni e per la mitigazione dei cambiamenti climatici.


Nel loro studio, gli scienziati, coordinati da Catherine Sayer, si sono quindi concentrati sulle specie di acqua dolce inserite nella Red List of Threatened Species (Lista rossa delle specie a rischio) del Iucn: si tratta, in particolare, di 23.496 specie che comprendono pesci, crostacei decapodi (come granchi, gamberi e gamberetti) e odonati (insetti acquatici come libellule e damigelle). In questo modo, hanno evidenziato che quasi un quarto di queste specie è a rischio estinzione; a correre il pericolo maggiore sono i decapodi, per i quali quasi una specie su tre è a rischio estinzione, rispetto al 26% dei pesci d’acqua dolce e al 16% degli odonati. Tra le minacce principali spicca, al primo posto, l’inquinamento (che mette a rischio il 54% delle specie considerate), seguito dalla presenza di dighe e dall’estrazione idrica (39%), dal cambiamento di uso del suolo per scopi agricoli (37%) e da specie invasive e malattie (28%). Tutti fattori riconducibili prevalentemente all’attività umana, insomma. “I nostri risultati”, concludono gli autori, “evidenziano la necessità urgente di affrontare queste minacce per prevenire un ulteriore declino e la perdita di specie”.