Ha preso avvio a maggio a Capri una nuova iniziativa del team di algologi dell’Università di Trieste – CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) che si occupa di ripristino ambientale dei fondali marini e che ha coordinato il progetto europeo ROC-POPLife (2019-2022) che ha portato al ripopolamento delle foreste marine nelle aree protette delle Cinque Terre e di Miramare.

Le foreste marine, al pari di quelle terrestri, rappresentano uno degli habitat più produttivi e importanti che stanno rapidamente scomparendo in tutto il Mediterraneo. Le cause della loro scomparsa sono molteplici – spesso legate agli impatti antropici a cui si aggiungono i cambiamenti climatici – e la perdita di queste foreste inevitabilmente comporta una perdita critica dei servizi ecosistemici associati come la pesca e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il metodo sviluppato dall’Università di Trieste è applicato ormai in diverse aree del Mediterraneo e riconosciuto dalla Comunità Europea come buona pratica di riferimento per il restauro marino. “A Trieste – spiega Annalisa Falace, docente di Algologia dell’Università di Trieste e referente scientifico del progetto “Ripristino ambientale dei faraglioni di Capri” finanziato dal Comune di Capri – abbiamo iniziato 15 anni fa a occuparci del restauro ecologico di un’alga bruna che colonizza i fondali del Mediterraneo formando foreste ricche di biodiversità, capaci di produrre ossigeno e abbattere la CO2. Negli anni abbiamo sviluppato e testato metodi di coltura di queste alghe per riforestare le aree desertificate in modo eco-sostenibile“.

 

Nei prossimi mesi il gruppo di ricerca dell’Università di Trieste sarà impegnato in attività scientifiche di studio e riforestazione dei fondali marini capresi. L’obiettivo è ripristinare la biodiversità dei Faraglioni dopo la desertificazione causata dalla pesca illegale del dattero di mare, attraverso un’azione concreta di restauro ecologico delle “foreste marine”, protette da direttive europee e accordi internazionali. Il progetto mira a innescare e accelerare il processo di mitigazione del danno ambientale causato dalla pesca illegale, che ha trasformato un paesaggio ricco di biodiversità in un deserto biologico, ma anche a tutelare e conservare le foreste marine, ormai in pericolo di estinzione.

“A Capri – prosegue Annalisa Falace – stiamo lavorando su popolamenti superficiali e profondi oltre i 40 metri, utilizzando per la prima volta anche altri approcci innovativi recentemente sviluppati dal nostro gruppo di ricerca, perché l’intervento di ripristino abbia la massima efficacia con il minimo impatto sui Faraglioni, che rappresentano un ambiente estremamente delicato e di pregio non solo dal punto di vista biologico ed ecologico ma anche paesaggistico”.

La prima fase dell’operazione partita la scorsa settimana prevede la caratterizzazione tassonomica delle foreste marine capresi individuando i siti che sono stati maggiormente danneggiati dalla pesca di frodo e più idonei al restauro ecologico. A giugno e luglio, invece, è previsto l’intervento di riforestazione vero e proprio.

L’originalità della metodologia di restauro sviluppata dai ricercatori triestini nell’ambito del progetto europeo ROC-POPLife e che rappresenta oggi una buona pratica di riferimento per il Mediterraneo sta nella produzione in acquari di nuove “plantule” da reintrodurre in ambiente marino, senza danneggiare i siti donatori.

 

Poiché si tratta di specie protette e a rischio di estinzione, questo tipo di interventi andrebbero vietati, in quanto in contraddizione con il principio di conservazione di queste specie. Purtroppo, si tratta ancora della pratica più diffusa in Mediterraneo. La necessità di ottenere un gran numero di “plantule” è uno dei limiti maggiori alla realizzazione su larga scala di interventi di restauro biologico. Quindi è stato necessario ottimizzare la riproduzione utilizzando metodi non distruttivi. ROC-POP Life ha puntato a impiegare questo nuovo protocollo e l’utilizzo di materiali innovativi e biodegradabili per la produzione di “moduli” ecosostenibili per reintrodurre queste foreste marine laddove sono state distrutte. ROC-POP Life, in linea con le direttive europee, non ha previsto l’uso di plastiche o materiali non biodegradabili che potrebbero creare un danno secondario all’ambiente.

Il progetto ROC-POP Life, finanziato dalla Comunità Europea e coordinato da Annalisa Falace, algologa marina e docente di Algologia nel Corso di Laurea Magistrale in Ecologia dei Cambiamenti Globali (DSV) dell’Università di Trieste, ha coinvolto due università (Trieste e Genova) e quattro aree marine protette (Miramare, Cinque Terre, Portofino e Strugnano-Slovenia).