C’è un modo comune di pensare, dato per certo, ma che andrebbe invece rivisto. Dice più o meno così: chi è attento all’ambiente, alla sostenibilità non mangia carne. Soprattutto la carne rossa. Come se bastasse il colore a qualificarla negativamente. Eppure esistono, non lontani da noi, esempi virtuosi che ci portano a pensarla in modo diverso. Per capire se davvero dall’Irlanda possa arrivare una più corretta interpretazione degli allevamenti e della sostenibilità abbiamo chiesto aiuto al nutrizionista Giorgio Donegani. Siamo partiti dall’inizio, da una domanda secca.
Iniziamo col tentativo di “sfatare un mito”, o comunque dal confutare un modo comune di pensare: chi ama la natura non mangia la carne. Ha senso questa affermazione?
No, non ha senso per un semplice motivo: amare la natura vuol dire prima di tutto rispettare e proteggere gli equilibri che ne mantengono l’armonia, il che significa che la misura della sostenibilità di un alimento – qualsiasi esso sia – non riguarda tanto il prodotto in sé, quanto il modo in cui lo si ottiene. Da sempre l’uomo ha trovato nella carne una naturale fonte di sostentamento, tanto preziosa per il suo profilo nutritivo che, nell’evoluzione della specie, da cacciatore l’uomo ha saputo ben presto trasformarsi in allevatore, armonizzando questa sua attività con l’ambiente naturale, secondo tradizioni che si sono mantenute sino ad oggi. Ne sono un esempio virtuoso gli allevamenti al pascolo come sono praticati in Irlanda, dove i bovini si nutrono dell’erba che cresce spontaneamente nei prati bagnati dalla pioggia e il terreno viene concimato e nutrito dall’animale stesso, con l’aiuto di insetti come lo scarabeo stercorario che favoriscono la penetrazione e la diffusione del concime nel terreno.
La sostenibilità è un valore aggiunto anche per la qualità della carne stessa?
Certamente. Un animale che cresce in modo naturale, in un ambiente sano e nel rispetto delle sue esigenze, dà carni migliori sia sotto il profilo del gusto, sia sotto quello nutrizionale. Proprio perché liberi di muoversi e di alimentarsi secondo le loro necessità, i bovini allevati al pascolo danno carni mediamente più magre e con una maggior densità nutritiva, ma sono anche le condizioni di tranquillità in cui vivono gli animali a riflettersi positivamente sulla qualità delle loro carni.
Oltre al discorso del benessere animale, che resta fondamentale, perché scegliere la carne proveniente da animali allevati al pascolo? Cosa implica per il consumatore?
Sostenibilità e miglior qualità delle carni sono gli elementi caratteristici dell’allevamento al pascolo che comportano anche immediati vantaggi per il consumatore. Il modo in cui l’animale viene alimentato influenza infatti la composizione nutritiva della sua carne: libero di pascolare nutrendosi di erba fresca, un bovino assume da questa una serie di sostanze che non solo contribuiscono a dare alla carne profumo e gusto, ma le conferiscono anche specifiche qualità nutrizionali. È stato osservato che la carne degli animali allevati al pascolo è sette volte più ricca di betacarotene, un potente antiossidante naturale costituente dell’erba, ed è anche tre volte più ricca di Vitamina A e di Vitamina E, unitamente ai preziosi acidi grassi Omega 3 presenti in quantità fino a 5 volte maggiore.
Cosa pensa lei della carne irlandese?
Penso che quello irlandese sia un modello produttivo virtuoso per sostenibilità e qualità, un modello che garantisce anche un elevato grado di sicurezza per il consumatore, perché ogni fase della filiera viene monitorata e l’intero processo tutelato da un sistema di verifiche tangibile e indipendente. Del resto, proprio la superiorità della carne degli animali allevati al pascolo ha spinto Bord Bia (ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi) a sviluppare il Grass Fed Standard, il primo protocollo al mondo che consente di tracciare e verificare la percentuale di erba consumata al pascolo nella dieta delle mandrie di bovini irlandesi. Ancora, è importante a mio avviso sottolineare come la produzione della carne irlandese si collochi in armonia con il quadro più ampio del progetto denominato Origin Green, il primo programma di sostenibilità agroalimentare che opera su scala nazionale, unendo governo, settore privato e l’intera supply chain, secondo il quale l’Irlanda vuole avere un ruolo di primo piano nella tutela dell’ambiente, impegnandosi nell’abbattimento delle emissioni dei gas serra, nella conservazione dell’acqua, nel monitoraggio della biodiversità e nel benessere degli animali.
Cosa possiamo fare noi consumatori? Come possiamo inserire la carne di manzo all’interno di uno stile alimentare sano e sostenibile?
Credo che la prima cosa nella quale dovremmo impegnarci come consumatori sia quella di riappropriarci di una cultura della qualità della carne. Mediamente, dal macellaio ci si limita a chiedere che la carne sia “magra e tenera”, come se questi requisiti fossero sufficienti a definire la qualità del prodotto. La carne, invece, non è tutta uguale: ha un suo sapore che dipende molto da come è allevato il bestiame, ha diverse consistenze che rispondono a differenti esigenze gastronomiche, ha anche una diversa resa in cucina a seconda dell’acqua che contiene… Insomma, credo che per prima cosa dovremmo imparare a distinguere la carne davvero “buona” e a cercarla sul mercato, privilegiando quella qualità che si raggiunge solo con pratiche di allevamento sostenibili. Detto questo, va da sé che anche per la carne rossa, come per ogni altro alimento, è bene evitare un consumo eccessivo cercando di rispettare un massimo di 5 porzioni da 100 grammi a settimana come indicato in recenti acquisizioni scientifiche, fermo restando che, in nome del principio fondamentale di variare il più possibile l’alimentazione, è opportuno che nella dieta si alternino diverse fonti proteiche.
Perché non ha senso eliminare del tutto la carne rossa dalla nostra alimentazione? Chi soprattutto deve fare attenzione a non farlo?
Il valore nutritivo della carne rossa è fuori discussione: è ricca di proteine di alto valore biologico (più del 20% del suo peso), è un’ottima fonte di ferro, presente in una forma molto più facilmente assimilabile di quello contenuto nei vegetali, e contiene altri micronutrienti fondamentali per la nostra salute. Basti pensare che se si volessero utilizzare i claim nutrizionali approvati dall’EFSA, sulla confezione di una bistecca di manzo si potrebbe riportare “fonte di potassio” – ne contiene di più della proverbiale banana – “fonte di zinco”, “fonte di Vitamina B12” e “fonte di Vitamina B62, utili anche per un buon funzionamento del sistema immunitario”.
Per quanto riguarda i grassi, la loro presenza non è eccessiva: varia in media dal 2% al 10% a seconda dei tagli e la loro qualità dipende molto dal tipo di allevamento. È evidente che privarsi di un alimento tanto valido avrebbe davvero poco senso, tanto più che la quantità e la qualità dei suoi nutrienti permette di collocare utilmente il consumo di carne rossa nella dieta di qualsiasi persona sana. Esistono poi specifiche condizioni nelle quali il consumo di carne rossa diventa ancora più prezioso. L’alta digeribilità la rende perfetta per fornire ai bambini tutti gli aminoacidi essenziali che servono per la costruzione dei nuovi tessuti e sostenere la necessità di ferro dell’organismo. Utile per tutto il periodo della crescita, diventa poi preziosa per le ragazze nell’adolescenza, proteggendole dal rischio di anemia che si può accompagnare al periodo dello sviluppo. Nella terza età, invece, la carne rossa, unita a un giusto livello di attività fisica, è di grande aiuto per mantenere la massa, la forza e l’efficienza del tessuto muscolare, contrastando il rischio di sarcopenia, una condizione che tende a comparire con il passare degli anni e che può compromettere la qualità della vita.
A proposito di muscoli e forza, la carne rossa si rivela un ottimo alleato anche per chi pratica sport e ha necessità di fornire al fisico gli aminoacidi per far crescere la massa muscolare e per provvedere a riparare i tessuti dopo lo stress della prestazione. Senza dimenticare l’utilità dei minerali e delle vitamine che la carne rossa contiene: magnesio e potassio sostengono la funzionalità dei muscoli, mentre il ferro e le vitamine del gruppo B, oltre a ottimizzare la produzione di energia, aiutano a reintegrare la giusta presenza di globuli rossi nel sangue, scompensata soprattutto negli sport di lunga durata come le maratone.
Ancora, tra i soggetti che si possono avvantaggiare maggiormente dal consumo di carne rossa le mamme in attesa e le neomamme alle prese con l’allattamento. Nella gravidanza, infatti, cresce il fabbisogno di proteine (bisogna assumerne 6 grammi in più ogni giorno), così come aumenta la necessità di ferro e la carne rossa è un’ottima fonte di entrambi questi nutrienti. Senza sottovalutare la sua ricchezza di vitamina B12, fondamentale per il corretto sviluppo del sistema nervoso nel feto. Anche dopo la nascita del bimbo il consumo di carne rossa rimane importante, sia per fornire alla neomamma le sostanze che servono a costituire il latte materno, sia per aiutarla a recuperare le perdite di ferro subite con il parto.
Infine, è da ricordare che la carne rossa si rivela molto utile nelle diete ipocaloriche, sia perché ha un alto potere saziante (grazie all’elevata quota proteica), sia perché non contiene praticamente carboidrati. In questo caso è consigliabile orientarsi sulle carni più magre, e da questo punto di vista meritano speciale attenzione quelle degli animali allevati al pascolo, come le carni irlandesi, naturalmente più magre e con una componente grassa di migliore qualità.
Nel rispetto della materia prima, del valore nutrizionale, quale tipo di cottura consiglia per un consumo corretto della carne rossa?
La cottura in generale fa bene alla carne: ne garantisce la sicurezza igienica, agisce sulle proteine rendendole ancora più digeribili, ammorbidisce il tessuto connettivo (quello bianco un po’ duro che tiene insieme i fasci muscolari) e soprattutto esalta il gusto e gli aromi. La scelta del tipo di cottura dipende molto dal taglio di carne. Per quelli più magri, come il filetto, sono perfette le cotture veloci come quella alla piastra, mentre i tagli più grassi, come quelli della pancia, trovano la miglior destinazione nelle cotture prolungate: brasati, spezzatini, lessi… Oggi però merita una particolare attenzione un nuovo tipo di cottura che si va lentamente diffondendo: la cottura a bassa temperatura. Chiusa ermeticamente in appositi involucri sottovuoto insieme agli altri ingredienti, la carne viene lasciata cuocere per ore a temperature controllate vicine ai 60°C, e il risultato in genere è strepitoso. Le basse temperature e il tempo prolungato agiscono insieme rendendo massima la tenerezza dei tessuti, mantenendo i principi nutritivi e preservando la freschezza di tutti gli aromi, mentre il sottovuoto garantisce che gli stessi non si disperdano e che non ci sia nemmeno alcuna perdita di liquidi, così che la carne mantenga tutta la sua naturale succulenza.