“Da quando mi sono laureato non faccio altro che mischiare materie diverse. Non vedo quale altra chiave si possa usare per affrontare il futuro, iniziando dalle catastrofi ambientali di vario tipo che ci stanno colpendo”. Robert Samuel Langer Jr., classe 1948, di discipline ne ha messe assieme almeno due e poi ha proseguito su questa strada. Quando lo incontrammo a Roma quache tempo fa, ci disse che negli anni Sessanta i suoi colleghi ingegneri puntavano a lavorare nell’industria petrolifera. Lui invece fu fra i primi a guardare alla medicina. Ingegnere chimico, specializzato in biotecnologia, è una delle eminenze del Massachusetts Institute of Technology (Mit). I suoi studi sono stati citati 273 mila volte dai suoi colleghi. Un record.
Sembra che in Italia abbiano cominciato a pensarla in tanti come lui, specie sul fronte della crisi climatica. Fra corsi di laurea, dottorati e borse di ricerca, si moltiplicano gli atenei che mettono al centro l’ambiente unendo diverse discipline. Il ministero dell’Università guidato da Cristina Messa ne ha contati, solo di corsi, oltre centosessanta sparsi in tutto il Paese.
Economia dell’ambiente e dello sviluppo, Ingegneria delle fonti rinnovabili, Rigenerazione urbana, Scienze geologiche applicate alla sostenibilità ambientale, Turismo sostenibile, solo per citarne alcuni. Non tutti sono una novità, ma sono comunque un segno della trasversalità delle tematiche legate al clima.
Prendete il nuovo corso del Politecnico di Milano chiamato Ambassador in green technologies. È una laurea magistrale che, partendo dagli ambiti del design, architettura e ingegneria, ha aggiunto degli esami in più nelle varie materie per permettere di avere uno sguardo più ampio. “I primi diplomi dovrebbero esser consegnati a luglio”, racconta Isabella Nova, che insegna chimica Indutriale e tecnologica presso il Dipartimento di energia. “È un percorso che ha due finalità: focalizzarsi su tecnologie verdi e dare strumenti interdisciplinari. La duttilità è fondamentale nel mondo del lavoro e lo è anche per poter affrontare l’emergenza che sta mutando gli equilibri del nostro pianeta”. Anche altrove, dalla laurea in Geoscienze per lo Sviluppo Sostenibile attivata a Pavia lo scorso anno o quella in Food System: sustainability, management and technologies a Parma che è stata avviata nel 2016, si parte da ambiti diversi guardando ai metodi migliori per ottimizzare processi e renderli più sostenibili, proteggere e ricostruire habitat naturali, guardare a nuove forme di turismo che abbiano un impatto minore e aiutino davvero il territorio.
“Calza perfettamente alla mia persona”, spiega Letizia Lanza, 23 anni, originaria di Voghera, che sarà una delle prime ambassador del Politecnico di Milano. “Ho sempre avuto la passione per la questione ambientale, anche grazie agli insegnamenti di mio padre. Quando ho visto questa magistrale non ci ho pensato due volte”. Si occupa di ingegneria chimica e spera di lavorare nel campo dell’impiantistica. La sua è una storia simile a quella di altri studenti e soprattutto studentesse, visto che la stragrande maggioranza delle persone con le quali abbiamo parlato sono donne, da una parte come dall’altra della cattedra. Giulia Zudettich, 21 anni di Remondò (Vigevano), al terzo anno di Scienze e tecnologie per la Natura dell’Università di Pavia, è partita dalla passione per la fisica, la chimica e la matematica. “Ho cominciato a interessarmi alle scienze naturali perché le raduna tutte”, spiega. “Ora mi sto guardando attorno per la magistrale. A Pavia c’è Conservazione della biodiversità che mi sembra fondamentale. Oppure potrei andare a Copenaghen dove hanno un corso di studi sul cambiamento climatico. Altri master sono più legati alla sostenibilità, quindi magari all’economia o all’urbanistica. A Copenaghen invece si concentrano sulla fisica della climatologia e sulla biologia. Dunque sulle conseguenze sulle specie viventi che mi interessano molto”.
Ma c’è anche chi si dedica al turismo e all’agroalimentare come Silvia Favaro, venticinquenne di Treviso che ha studiato a Trento, e Marella Porcari, 21 anni di Bari, che invece a Parma segue i corsi in Food System: sustainability, management and technologies. La prima dopo la laurea in economia, si è specializzata in management delle sostenibilità del turismo e ora lavora in una società di consulenza. La seconda è cresciuta in una famiglia dove c’è sempre stata attenzione alla qualità, tradizione e provenienza delle pietanze. Le piacerebbe fare il manager in un’azienda legata che deve ancora trasformarsi per essere più sostenibile. “Aprire i miei orizzonti e aprire quelli degli altri”, per usare le sue parole.
Il discorso degli studenti parigini di ingegneria agraria è un manifesto ecologista
Poi ci sono le borse per i dottorati di ricerca che, grazie al nuovo regolamento di fine dicembre del ministero dell’Università, sono stati potenziati e ne è stata aumentata la varietà. Settemilacinquecento per il 2022 dei quali 100 dedicati alla transizione digitale e ambientale. Non sono tanti, dovrebbero essere di più, ma è già un primo passo e bisogna anche tener presente i bandi europei.
Un esempio è il progetto di Roberta Trani, 32 anni, di Grottaglie, ricercatrice dell’Università di Bari presso la sede di Taranto. Ha iniziato con la triennale in Scienze ambientali, la magistrale in Biologia ambientale e il dottorato sempre in Scienze ambientali. Da quest’anno è ricercatrice. Lavora nell’ambito della zoologia marina e del bio risanamento. Ama il mare, è anche subacquea ovviamente, e ora ne ha fatto un lavoro. “Ci occupiamo di un progetto europeo chiamato Remedia life”, racconta. “Taranto ha un mare bellissimo ma inquinato. Eppure, malgrado tutto, ha un fattore di resilienza incredibile. C’è tanto da studiare iniziando dai cavallucci marini fino ai cetacei”. Dall’altra parte del Paese, a Torino, una sua collega affronta la questione da un punto di vista differente. Elena Filipescu, nata 27 anni fa, è ricercatrice al Politecnico nei laboratori universitari iXem e applica le telecomunicazioni, o meglio l’Internet delle cose, alle vigne del Piemonte. Agricoltura 4.0 alla quale lavorano fianco a fianco agronomi ed ingegneri esperti in sensori e trasmissione dati per permettere ai viticoltori di produrre una qualità migliore usando meno chimica possibile.
Il miracolo del vino che viene dal web
di Jaime D’Alessandro
“Per prepararsi al futuro bisogna per forza avere uno sguardo diverso da quello del passato unendo fra loro saperi, ambiti, tecnologie”. Conclude Claudia Lupi, geologa, docente del Dipartimento di Scienze della terra e dell’ambiente dell’Università di Pavia. “Scienza, diritto, economia si intrecciano di continuo, specie se si vuole diminuire l’impatto antropico sull’ambiente. Si tratta di un alfabeto nuovo, di un settore dove stanno nascendo molte professionalità. La crisi climatica ci ha costretto a vedere la vita in maniera diversa”.
Ma del resto lo ha fatto anche la pandemia, durante la quale ci siano accorti che stili di vita più sani e sostenibili sono possibili. “Cosa farei io se fossi uno studente? Combinerei l’ingegneria alla meteorologia“, aveva raccontato Langer durante quell’incontro a Roma. “Molte delle cose che ci aspettano non hanno ancora un nome e questo è vero anche per tecnologie e scoperte”. L’unica chiave sarebbe quindi in quell’interdisciplinarità della quale parlava all’inizio: la ricetta per affrontare il futuro con meno timori.