A Trento i ricercatori del MUSE, il museo delle scienze, hanno scoperto e catalogato un animale finora sconosciuto a due passi dal loro ufficio, una ulteriore conferma che sulla biodiversità e sul modo in cui si diffondono le specie aliene c’è ancora tanto da capire e da conoscere, anche senza fare spedizioni avventurose in luoghi esotici. Le ricercatrici e i ricercatori dell’Università di Siena e del Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici hanno infatti scoperto una nuova lumaca, un piccolo mollusco terrestre di appena due centimetri, durante uno dei campionamenti scientifici nella serra tropicale del MUSE di Trento

Questa sezione del museo ricostruisce su circa 600 mq un frammento delle foreste dei Monti Udzungwa, nell’Africa Tropicale Orientale, dove si trova una stazione di ricerca in uno dei centri di biodiversità più importanti e fragili al mondo, gestita appunto dal Muse e dal Parco nazionale della Tanzania. Durante una delle operazioni di routine, mentre passavano al setaccio il terriccio alla ricerca di specie aliene i ricercatori hanno scorto una piccola lumaca lunga circa due centimetri, appartenente alla famiglia dei Rathouisiidae. Una più accurata analisi morfologica e molecolare, condotta in collaborazione con l’Università di Poznan, in Polonia, ha accertato che il piccolo invertebrato non era mai stato individuato prima, era, insomma, sconosciuto alla scienza.

Alla lumachina, che è stata presentata alla comunità scientifica con un articolo scientifico sulla rivista Zoological Journal of the Linnean Society, è stato dato il nome Barkeriella museensis, in onore del malacologo (la malacologia è la branca delle scienze naturali che studiano i mlluschi n.d.r.) neozelandese Gary Barker, e del MUSE di Trento, luogo della scoperta. Dopo la descrizione resta da capire quale sia il suo areale di origine, poiché non si sa come la lumachina sia arrivata nella serra del MUSE. Si ipotizza che, come accade per molte specie alloctone (ed è per questo che vengono svolte continue analisi sul terriccio della serra) la Barkeriella museensis sia entrata nella serra con il terriccio o con una delle piante. La famiglia di molluschi terrestri a cui appartiene è diffusa in Asia orientale e in Australia, perciò servirebbero ricerche per capire se in natura sia diffusa in quelle aree. 

La scoperta è importante appunto per capire le dinamiche di diffusione di alcune specie aliene e rientra nel progetto di ricerca condotto dall’Università di Siena e dal Museo di Storia Naturale Accademia dei Fisiocritici, in collaborazione con l’Università di Poznan, in Polonia, e il National Biodiversity Future Center (NBFC) nell’ambito del PNRR. Il progetto è coordinato da Giuseppe Manganelli e Folco Giusti dell’ateneo senese, tra i pochi ricercatori italiani che si occupano prevalentemente di molluschi terrestri 

“Il MUSE – spiega Debora Barbato, ricercatrice dell’Università di Siena/NBFC, in un comunicato diffuso dal museo  – è una delle aree di studio che assieme ad altri orti botanici e musei scientifici dotati di serre e giardini stiamo indagando in cerca di xenodiversità, quella componente della biodiversità costituita da organismi alieni, cioè non originari del territorio indagato. Il nostro settore di ricerca è quello dei molluschi terrestri e di acqua dolce, che comprende specie spesso introdotte in maniera del tutto accidentale con il trasporto di terriccio o di piante esotiche. Solitamente per trovare esemplari utilizziamo i classici metodi di campionamento usati per la fauna del suolo, ossia ricerca visiva, raccolta di terriccio e lettiera da esaminare in laboratorio”. 

Andrea Benocci, conservatore del Museo di Storia Naturale Accademia dei Fisiocritici, descrive così la scoperta di Barkeriella museensis: “Sia a Trento che in altre città d’Italia abbiamo trovato numerose specie aliene, alcune delle quali mai segnalate prima in Europa. Il ritrovamento della Barkeriella museensis è abbastanza eccezionale per la sua particolarità: il suo apparato riproduttore è dotato di tre diversi condotti (ciascuno dei quali si apre indipendentemente) preposti allo scambio dei gameti: una condizione finora mai osservata nei molluschi terrestri, che generalmente ne hanno due”. 

Non è la prima volta che il MUSE contribuisce all’identificazione di nuove specie in giro per il mondo, ma è la prima che diventa territorio di scoperta. Come spiega Massimo Bernardi, responsabile Ricerca e Collezioni del MUSE, “il MUSE, nell’ultimo decennio, attraverso le sue attività di ricerca ha portato alla scoperta di circa 50 specie, quale esito dell’esplorazione territoriale. Nelle nostre collezioni sono conservati oltre 700 olotipi, cioè gli esemplari di riferimento per la descrizione di nuove specie. Questa volta, tuttavia, il MUSE diventa luogo di ricerca, a riprova che c’è biodiversità da scoprire tutto attorno a noi, anche nei luoghi che pensiamo di conoscere meglio, come una manciata di terriccio in una serra tropicale di un museo frequentata ogni anno da migliaia di persone”.