L’arsenico è uno degli elementi più tossici presenti sulla Terra e può essere presente anche in una sostanza primaria per la nostra vita: l’acqua. Secondo lAgenzia internazionale per la ricerca sul cancro, l’arsenico viene classificato come un cancerogeno di Classe 1, motivo per cui l’Oms ha stabilito una soglia massima di concentrazione nell’acqua di 10 microgrammi per litro, superata la quale diventa potenzialmente nocivo per l’organismo umano. L’arsenico è naturalmente presente nelle acque sotterranee, ma gli organismi preposti al controllo dell’acqua potabile, applicano un costante monitoraggio, per garantire un elevato standard qualitativo.

 

Ma è altrettanto importante verificare, che l’acqua potenzialmente “contaminata” non venga utilizzata per l’irrigazione, perché l’elemento tossico finirebbe comunque nella catena alimentare. Rimuovere l’arsenico non è semplice, infatti, ci sono numerosi studi a livello internazionale per sviluppare le tecnologie più idonee in grado di rimuoverlo in maniera efficiente dalle acque. Un team di ricerca dellIstituto per la tecnologia delle membrane (Cnr-Itm) ha sviluppato una nuova membrana che può selezionare l’arsenico, abbattendone la sua concentrazione nelle acque, grazie al finanziamento da parte della Regione Calabria, del progetto denominato Separazione dellarsenico dalle acque mediante processi a membrana”.

“La problematica maggiore è stata sviluppare una membrana che potesse selezionare due forme chimiche dell’arsenico inorganico, As(III) e As(V), le più tossiche, che le tecnologie attualmente applicate, le nanofiltrazioni e l’osmosi inversa non riescono a rimuovere“, spiega Alberto Figoli, direttore del Cnr-Itm, che per produrre la tecnologia innovativa ha esteso la collaborazione allUniversità della Calabria, lUniversità di Pisa, lIstituto di nanotecnologie del Cnr ed altri centri di ricerca accademici internazionali.

 

“Il nostro studio si è concentrato sull’altopiano della Sila in Calabria, dove abbiamo analizzato delle acque con un’elevata variabilità chimica, generate dalla diversità e complessità geologica calabrese, dove a seconda delle varie zone esaminate, c’era una maggiore o minore presenza di arsenico, determinata da alcuni tipi di rocce”, ha aggiunto Figoli, che insieme al suo team è partito dalla mappatura per risalire alle zone in cui la presenza di rocce, fosse responsabile del rilascio dell’arsenico nell’acqua di falda. Dopodiché è entrata in azione la membrana innovativa realizzata in laboratorio.

Di fatto la membrana è come se fosse un foglio, che potrebbe essere inserito direttamente negli impianti di potabilizzazione o applicato sul rubinetto in cui da un lato c’è la soluzione che permea l’acqua con l’arsenico, mentre dall’altro lato esce il liquido purificato. “Abbiamo sviluppato una membrana porosa che permette di far passare acqua e sali in essa disciolti, quindi tutto il contenuto minerale già presente, ma che rimuovesse solo l’arsenico. Nello specifico abbiamo disegnato un liquido ionico polimerizzabile con delle funzioni a base di zolfo, che interagiscono con la molecola dell’arsenico, lo legano e lo bloccano, lasciando passare solo l’acqua. Una volta assorbito l’arsenico, l’acqua poteva essere rigenerata”, sottolinea ancora Figoli.

L’idea alla base del progetto, dunque, non era tanto indagare il contenuto dell’acqua in bottiglia o di quella che arriva nelle nostre case, che subiscono rigidi controlli, piuttosto l’acqua usata in agricoltura per irrigare, che finirebbe in ortaggi e frutta, “per questo avevamo pensato di realizzare un impianto di filtrazione da mille litri al giorno con la nostra membrana, del tutto sostenibile collegato con l’energia solare, in modo da poter essere trasportato anche in zone più remote a scopo agricolo”, aggiunge Figoli. Finito l’esperimento in laboratorio, il gruppo di ricerca del Cnr-Itm auspica che ci sia interesse di aziende nel produrre la membrana per rendere il bene primario, oltre che prezioso, anche più sicuro.