Sessantunomila specie animali e 10mila vegetali, di cui più di 8mila native. 85 tipologie di ecosistemi terrestri e 394 habitat marini in diverse fasce di profondità, di cui 267 considerati di alto valore conservazionistico. Una enorme ricchezza per il nostro paese, che, anche grazie alla sua particolare storia geologica e al fatto che si estende su oltre 10° di latitudine, lo rende il più ricco di biodiversità di tutta l’Europa: oltre la metà delle specie vegetali e un terzo di quelle vegetali, tra quelle considerate di interesse conservazionistico a livello europeo (cioè da proteggere e salvare), sono endemismi italiani, ossia si trovano solo all’interno dei confini nazionali; il nostro è lo stato d’Europa che conta il maggior numero di specie di piante con semi. L’enumerazione di questo patrimonio potrebbe andare avanti a lungo: va da sé che si tratta di una ricchezza che va protetta e tutelata, specie alla luce delle minacce che potrebbero depauperarla – cambiamenti climatici, sfruttamento del suolo, urbanizzazione, solo per citarne alcune delle più serie e immediate. Per proteggere e tutelare bisogna certamente mettere in campo azioni concrete (e lo stiamo facendo: abbiamo 871 aree protette, per un totale di ettari tutelati a terra, quasi 3mila ettari in mare e 658 chilometri di costa; 24 parchi nazionali, per un totale di 16mila ettari, ossia il 6% della superficie nazionale, il che ci rende uno dei Paesi con il maggior numero di parchi in Europa), ma anche sensibilizzare, informare, promuovere la cultura della biodiversità. È questo uno degli obiettivi del progetto “Elogio della diversità – Viaggio negli ecosistemi italiani”, la mostra inaugurata oggi al Palazzo delle Esposizioni di Roma, curata da Sapienza Università di Roma, Università di Padova e National Biodiversity Future Center (Nbfc, istituito dal Pnrr) e promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma e dall’Azienda speciale Palaexpo.
La mostra si presenta come un percorso espositivo che abbraccia non solo la scienza in senso stretto, ma anche la salute, la fotografia, la musica, il cinema. La bellezza e l’importanza della biodiversità sono raccontate attraverso una commistione di linguaggi in cui si fondono rigore scientifico e suggestione estetica, spiegazione ed emozione: la narrazione testuale è arricchita da reperti originali emozionanti, recuperati da diversi musei e istituti, ed è arricchita da video, apparati iconografici e ricostruzioni. Il pubblico non è solo spettatore, ma protagonista attivo attraverso l’utilizzo di exhibit interattivi digitali; sono presenti collezioni di insetti, crostacei e mammiferi, tassidermie storiche – tra cui un grande squalo bianco, una foca monaca, un orso marsicano, un’aquila reale, un pesce siluro, un pesce luna –, ricostruzioni zoologiche, modelli di frutti dipinti a mano nel diciannovesimo secolo e tanto altro.
Si affronta, tra l’altro, anche il tema della biodiversità genetica degli italiani, partendo dalla preistoria: è esposto, in originale, il famoso “uomo della Maiella”, che in realtà è una donna di una delle prime comunità di agricoltori e allevatori arrivati in Italia attorno al 6mila a.C., prestato dal Museo di Antropologia di Sapienza. Non finisce qui: oltre all’esposizione, il progetto comprende anche un ricco programma culturale che durerà fino al marzo del 2025, con un ciclo di incontri sul tema della biodiversità e una rassegna cinematografica, entrambi ad accesso gratuito.
“Non a caso”, ci racconta Isabella Saggio, genetista al Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” di Sapienza e co-curatrice della mostra insieme al bioeticista Fabrizio Rufo, del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’ateneo romano, “abbiamo scelto di usare la parola ‘diversità’ e non ‘biodiversità’ per il nostro progetto. L’idea è infatti di ampliare il più possibile gli orizzonti e la portata della mostra: non solo scienza in senso stretto, ma comunicazione a tutto tondo anche al di fuori della scienza. Raccontiamo la biodiversità con contaminazioni dalla storia, dalla musica, dal cinema, dal mondo dell’arte: vogliamo creare un ponte tra scienziati e cittadinanza, e far sì che l’incontro con la biodiversità non arrivi da un approccio ‘dall’alto’, ma tramite un viaggio di tutti in questa meravigliosa ricchezza”.
“La questione della tutela della biodiversità”, le fa eco Rufo, “è un problema di etica pubblica di ordine globale. Vogliamo anzitutto sgombrare il campo da un grande equivoco: spesso si parla di biodiversità ponendo l’accento sulla necessità di ‘salvare il pianeta’. Non è assolutamente così: il pianeta si salva benissimo da solo, e continuerà a esistere con o senza di noi, com’è accaduto per esempio con i dinosauri. La vera questione riguarda la necessità di salvare la nostra civiltà, il nostro benessere, la nostra sopravvivenza. Il che è possibile – come ribadisce il concetto di One Health, fortunatamente entrato a far parte dell’agenda politica mondiale – solo se ci occupiamo anche della biodiversità e della salute ‘complessiva’ del pianeta”.