Strizzando gli occhi sotto la luce intensa di una calda mattina di inizio estate, Vu Thi Thinh si piega sul bordo della sua piccola barca di legno e raccoglie un blocco di polistirolo dalle calme acque della baia di Ha Long, in Vietnam. Non sono ancora le 9 del mattino, e già dietro di lei c’è un mucchio di galleggianti di polistirolo, bottiglie di plastica e lattine di birra.-
La più celebre attrazone turistica vietnamita, sito Unesco dal 1994, celebrata per le sue acque di un brillante color turchese, punteggiate da migliaia di torreggianti isole di calcare, ricoperte di foresta tropicale, è l’ennesima vittima del degrado da overtourism.
“Sono molto stanca, perché raccolgo rifiuti da mattina a sera ogni giorno, senza riposo – racconta all’agenzia di stampa France Prsse Thinh, che ha 50 anni e che svolge questa mansione nel sito da una decina di anni -. Per ripulire tutto servono tra i 5 e i 7 viaggi al giorno”.
Secondo il consiglio di amministrazione che gestisce il turismo nella baia di Ha Long, dall’inizio di marzo, tra mare e rive sono stati raccolti complessivamente 10mila metri cubi di immondizia, quanto basta a riempire 5 piscine olimpioniche. Il problema dei cumuli di rifiuti è diventato particolarmente annoso negli ultimi due mesi, dopo che un progetto mirato a sostituire le boe di polistirolo negli allevamenti ittici con alternative sostenibili ha prodotto un effetto collaterale devastante: i pescatori hanno gettato in mare le boe che non servivano più.
Le autorità hanno ordinato 20 chiatte, otto barche e arruolato dozzine di persone per mettere in atto un piano di ripulitura, secondo quanto riferito dalle autorità statali. . Do Tien Thanh, un ambientalista presso il dipartimento di gestione di Ha Long, ha affermato che le boe sono un problema a breve termine, spiegando che in realtà “la baia è sotto pressione”.
Nel 2022, oltre sette milioni di turisti si sono affacciati sullo spettacolare lembo di mare, situato sulla costa nordorientale vietnamita. Le autorità del turismo locale auspicano che il numero possa raggiungere quota 8,5 milioni quest’anno. Ma la popolarità del sito, e la conseguente crescita esponenziale della vicina Ha Long City, che oggi racchiude un parco divertimenti, una funivia, alberghi di lusso e decine di migliaia di case nuove, ha gravemente danneggiato l’ecosistema. Gli ambientalisti locali stimano che in origine la baia ospitasse 234 varietà di corallo, e che ora il numero si sia ridotto della metà.
Ci sono stati lievi segnali di recupero nell’ultimo decenno. L’area marina ricoperta di corallo è leggermente aumentata. I delfini, che erano spariti da una decina d’anni, sono tornati, seppure in piccoli numeri, come conseguenza del divieto di pesca messo in atto nel nucleo del parco, e del conseguente aumento di cibo disponibile.
Ma i rifiuti, compresi quelli di natura organica umana, rimangono un problema serio. “Ci sono così tante aree residenziali ingenti vicino alla baia – aggiunge Thanh -.I loro rifiuti domestici, se non gestiti adeguatamente, hanno un forte impatto negativo sull’ecosistema, coralli compresi. Ha Long City al momento smaltisce appena poco più del 40 per cento dei suoi scarti”.
I battelli turistici hanno ora bandito la plastica monouso, tanto che, secondo gli amministratori del sito, l’uso della plastica a bordo si è ora ridotto del 90 per cento rispetto al momento di picco. Ma l’immondizia generata dal passaggio dei turisti sul litorale è ancora sufficiente a ridisegnare parti della spiaggia, e il team di operatori ecologici non basta a contenere quello scempio, visibile a occhio nudo.
Pham Van Tu, residente locale e guida freelance, racconta di ricevere parecchie lamentele dai turisti stessi. “Leggono sui media – racconta ad Afp – che la baia è magnifica, ma quando vedono tonnellate di immondizia galleggiante, rifiutano di nuotare e persino di attraverare la baia con il kayak. Di certo, al ritorno esitano a suggerire Ha Long Bay a familiari ed amici”.
La rapida crescita economica, e i conseguenti fenomeni di urbanizzazione e di rivoluzione nello stile di vita hanno portato nel Vietnam postcomunista una “crisi di inquinamento da plastica”, secondo la World Bank. Un report del 2022 ha calcolato in 3,1 milioni di tonnellate annue l’ammontare della plastica di scarto generata nel Paese. Il 10 per cento dei rifiuti finisce in mare, fatto questo che pone il Paese del Sud-est asiatico nella top 5 degli inquinatori degli oceani. A detta della World Bank, tali scarti potrebbero raddoppiare entro il 2030.
Una giovane turista tedesca in viaggio dall’Europa ha raccontato ad Afp che Ha Long è indubbiamente bellissima, ma che i cumuli di plastica saranno purtroppo una delle memorie più vive della sua vacanza. “Normalmente – ha raccontato – saresti portata a dire ‘sapeste che visuale incantevole… e i villaggi dei pescatori…’. Ma alla fine finisci per parlare dell’immondizia e dici ‘oh, dio, guardate quelle bottiglie di plastiche, e tutte quelle cose che galleggiano in mare’. E la cosa ti intristisce”.
Thinh, la raccoglitrice di rifiuti, ad Ha Long è nata e cresciuta. E ricorda ben altra baia. E dice “Questo lavoro mi stanca e mi irrita. Ma bisogna farlo”.