Un diamante è per sempre, un ghiacciaio purtroppo no. Per questo si sta sviluppando un turismo che ha per mete i territori minacciati dai cambiamenti climatici e che in un futuro più o meno lontano potrebbe non essere più possibile riuscire a vedere. Secondo una ricerca pubblicata l’anno scorso sulla rivista Science, la metà dei ghiacciai del Pianeta fonderà entro il 2100, anche se dovessimo raggiungere gli Obiettivi dell’Accordo di Parigi. Vi è però un aspetto paradossale nel visitare un’attrazione che sta per scomparire: i turisti che si recano in questi luoghi, infatti, hanno anche il potenziale per facilitarne ulteriormente il deterioramento. Ogni viaggio aumenta il nostro peso sull’ambiente, a maggior ragione per i territori fragili, ma questi visitatori, pur essendo consapevoli delle conseguenze dei cambiamenti climatici, lo ritengono ugualmente necessario.
Monte Rosa, il ghiacciaio di Flua non c’è più
La promozione di questo tipo di turismo, se vogliamo, è ancora più paradossale: l’economia delle aree vicine ai ghiacciai si basa in genere proprio su di essi, e la loro scomparsa ne diminuirebbe fortemente l’attrattività. Il “last-chance tourism” ci costringe a esaminare come ci sentiamo nei confronti del dinamismo dei nostri amati paesaggi e delle nostre specie preferite. Tuttavia, non abbiamo il lusso del tempo, poiché il ritmo dei cambiamenti climatici ci impone di esaminare le conseguenze dei mutamenti e di adattarci a essi in un periodo ragionevolmente breve. La meraviglia di fronte a paesaggi mozzafiato e il pensiero che i nostri nipoti potrebbero non riuscire a vederli, oppure il confronto tra com’era molti anni fa un ghiacciaio e com’è adesso possono far capire la gravità della situazione a sempre più persone e magari spingerle a modificare i comportamenti risultando più rispettosi verso l’ambiente.
Diventare più consapevoli del proprio impatto, però, non significa automaticamente essere disposti a mutare le proprie abitudini. Se si naviga tra le possibili esperienze sui ghiacciai descritte online è abbastanza straniante la contrapposizione tra un’affermazione come “Negli ultimi 30 anni, il ghiacciaio si è sciolto così velocemente e così tanto che si è passati dalla necessità di 3 gradini a quella di costruirne 580 […]. Quando leggerete questo articolo, la grotta di ghiaccio potrebbe essere stata spostata più in alto sulla montagna, perché l’uomo non riesce a frenare la sua dipendenza dalle emissioni di carbonio” e il successivo link “Scopri i nostri blog di viaggio sulla Svizzera”. Se si pensa che quello dei viaggi sia, tutto sommato, un fenomeno talmente irrisorio da non riuscire nemmeno a individuarne una dimensione, ci sbagliamo: secondo la World Bank ci sono 1,44 miliardi di arrivi turistici all’anno, per un contributo di più del 5% delle emissioni globali di gas serra. Non bisogna neanche dimenticare, poi, che quelle che per i turisti sono “destinazioni”, per chi ci vive sono “casa”.
La tecnologia, oggi, in alcuni casi è in grado di fornire delle alternative. Oltre a riuscire a visitare virtualmente qualsiasi luogo del Pianeta senza doversi spostare troppo fisicamente, si potrebbero creare mostre e installazioni interattive in zone meno fragili, consentendone la fruizione più volte. La citizen science può essere di ulteriore aiuto: le osservazioni naturalistiche, per esempio, avrebbero la possibilità di aumentare il senso di connessione con l’ambiente naturale in ogni luogo, riuscendo forse a ispirare le persone. È importante, poi, ricordare che la crisi climatica rende i ghiacciai più pericolosi, per la maggiore presenza di crepacci e per l’aumentata frequenza di frane, valanghe, caduta massi. A volte è necessario arrivare sull’orlo della perdita per far sì che le persone riconoscano esattamente ciò che è prezioso. E a volte il valore di qualcosa è proprio ciò che può portare alla sua scomparsa.