La sfida della decarbonizzazione del settore aereo si può vincere anche con l’idrogeno. Ne sono convinti diversi esperti, che però non intendono utilizzarlo solo come combustibile alternativo per i velivoli del futuro: per alcuni di loro, sarebbe preferibile impiegarlo per produrre e-fuel, una forma sintetica dei carburanti Saf – acronimo di Sustainable aviation fuel – da utilizzare negli attuali sistemi di propulsione senza bisogno di grandi modifiche ai motori. Nel corso di un panel tenuto durante lo European Business Aviation Convention & Exhibition, Frank Moesta, senior vp of strategy di Rolls-Royce, ha spiegato che questa sarebbe una strada più facilmente percorribile rispetto a sviluppare nuovi mezzi con motori completamente diversi. “Ad essere onesto, non sono un grande fan dell’opzione di alimentare un aereo con l’idrogeno”, ha commentato Moesta la cui società, specializzata nella produzione di motori per velivoli, è impegnata nello sviluppo di un nuovo sistema di propulsione a idrogeno in collaborazione con Easyjet.
Aerei alimentati a idrogeno
Secondo uno studio della società di consulenza McKinsey, gli aerei alimentati a batterie e a idrogeno potrebbero costituire tra il 21 e il 38% di tutti i velivoli entro il 2050, e quindi essere responsabili del 15% fino al 34% dei bisogni energetici dell’intero settore. Questi sistemi di propulsione alternativa potrebbero richiedere tra i 600 e i 1700 TWh di energia pulita entro il 2050, l’equivalente dell’energia generata da circa il 10-25% dei più grandi parchi eolici al mondo: la maggior parte di essa verrebbe impiegata per alimentare velivoli a idrogeno, mentre una percentuale tra il 4 e l’11% sarebbe destinata agli aerei a batteria.
Con la graduale diffusione di questi sistemi, anche gli aeroporti avranno bisogno di maggiori quantità di energia per svolgere alcune operazioni, come ad esempio la liquefazione dell’idrogeno e la ricarica delle batterie elettriche. Nel caso di grandi hub, il consumo di energia per svolgere queste attività, incluse quelle relative ai terminal e al supporto a terra, potrebbe oscillare tra i 1.250 e i 2.450 GWh all’anno, vale a dire un valore superiore di 5 fino a 10 volte l’elettricità consumata oggi dall’aeroporto di London Heathrow.
Come funziona l’e-fuel
Questo carburante sintetico è prodotto combinando l’anidride carbonica catturata dall’atmosfera con l’idrogeno verde: si tratta di un tipo di idrogeno realizzato in modo sostenibile grazie al processo di elettrolisi, che permette di dividere una molecola d’acqua in idrogeno e ossigeno impiegando elettricità da fonti rinnovabili. Come riporta il sito FutureFlight, Moesta ha spiegato che l’e-fuel è più accessibile rispetto ai Saf derivati da scarti di attività agricole, perché può essere prodotto localmente in modo più semplice. Il problema secondo Moesta è che i carburanti alternativi ordinari oggi sono realizzati in pochi stabilimenti nel mondo. Inoltre, anche se i grandi aeroporti probabilmente in futuro si doteranno delle infrastrutture per far volare gli aerei alimentati a idrogeno o con i Saf, ci saranno migliaia di piccoli aeroporti che non potranno farlo per mancanza di fondi.
Rimane un grosso ostacolo da superare per favorire la diffusione dell’e-fuel, ed è il prezzo dell’idrogeno verde. Produrlo infatti costa circa 4 dollari al chilogrammo: secondo Erik Lindbergh, cofondatore e presidente esecutivo di VerdeGo Aero, oltre che presidente della Lindbergh Foundation, il costo dovrebbe ridursi a un dollaro al chilogrammo.
Intanto alcune aziende stanno lavorando a questa soluzione. Un esempio è la joint venture annunciata lo scorso anno tra la tedesca P2X-Europe e la portoghese The Navigator Company per produrre cherosene sintetico derivante da idrogeno verde e anidride carbonica. L’obiettivo dell’intesa era realizzarne 80.000 tonnellate per alimentare 500 Airbus A320. P2X-Europe ha anche siglato un accordo con la spagnola Greenalia per avviare un progetto di sviluppo di carburanti sostenibili per l’aviazione: secondo le stime, si prevede una produzione di oltre 11.000 tonnellate di idrogeno verde all’anno che, combinato con la cattura di CO2 biogenica, dovrebbe consentire la produzione di 20mila tonnellate di idrocarburi sintetici pronti per essere raffinati.