La nuova Commissione Europea rinuncia al Green Deal, come auspicato da Confindustria e dalla premier Meloni? A sfogliare i documenti ufficiali che arrivano da Bruxelles in occasione della presentazione della squadra di Ursula von Der Leyen, non pare proprio. Si tratta delle “lettere di missione”, una sorta di conferimento di incarico, con le quali la riconfermata presidente della Commissione Ue ha “arruolato” i suoi nuovi vicepresidenti e commissari (in attesa che il Parlamento li voti, dopo averli ascoltati nelle rispettive audizioni). Ebbene, in tali lettere lo European Green Deal appare, al contrario, come un fulcro della futura politica europea, altro che rottamazione.

In tutte quelle spedite, la premessa è chiara: “Il successo di questa nuova Commissione sarà misurato sulla nostra abilità nel centrare gli obiettivi che ci siamo dati, in particolare quelli contenuti nello European Green Deal…. Mi aspetto che tutti voi contribuiate al raggiungimento degli obiettivi climatici concordati, in particolare quelli fissati per il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050”. Se poi si scorre quella indirizzata alla prima vicepresidente esecutiva, la socialista spagnola, ministra della transizione ecologica a Madrid, Teresa Riberà, il mandato non può essere più esplicito: “Vorrei che tu guidassi il lavoro per assicurare che si mantenga la rotta verso gli obiettivi stabiliti nello European Green Deal”. Una rotta indicata anche dal Rapporto Draghi, che Von Der Leyen aveva ricevuto già a maggio e che probabilmente è stato fonte di ispirazione (e ombrello parafulmini, vista l’autorevolezza dell’autore) per il nuovo programma della Commissione): “Il futuro della competitività dell’Europa dipende dal raggiungere la decarbonizzazione grazie a una transizione giusta. Questo riflette le analisi contenute nel Rapporto Draghi, che auspica una economia circolare e decarboinizzata, ed è in linea con i principi che guidano lo European Green Deal”.

E veniamo a Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo alla Coesione. Sarà lui a boicottare il Green Deal Europeo come vorrebbero da Palazzo Chigi e Viale dell’Astronomia? Difficile, a meno che non voglia fin da subito considerare carta straccia l’incarico formale ricevuto da Ursula von Der Leyen. Nella lettera di missione a lui indirizzata si legge infatti: “La coesione europea significa portare i cittadini europei più vicini all’Europa, e gli europei più vicini gli uni agli altri. Rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nella Ue significa creare lavori qualificati, stimola la produttività, l’innovazione e la competitività ed è essenziale per raggiungere i nostri obiettivi legati alle transizioni gemelle, quella verde e quella digitale, inclusi quelli dello European Green Deal”. “Sostenibile” è l’aggettivo ricorrente: “…rafforzare la competitività, la resilienza e la sostenibilità del settore alimentare e agricolo”. “…lavorare sulla mobilità e il turismo sostenibile per connettere parti diverse d’Europa”. “Aiuterai ad assicurare che il settore della pesca diventi più resiliente, sostenibile e competitivo nei mercati globali, e guiderai il lavoro per potenziare una blue economy competitiva e sostenibile”. E a proposito di clima, la presidente scrive al suo vice italiano: “Dovresti contribuire al Climate Adaptation Plan e alla European Water Resilience Strategy, focalizzando la tua attenzione alle sfide specifiche che riguardano le città e le aree regionali”.

Fitto, si dirà, avrà un ampio margine di manovra. La formula adottata dalla Von der Leyen è sottile: “Le azioni elencate in questa lettera modelleranno il tuo lavoro”. Ma aldilà della forma e dei documenti, è la squadra costruita dalla presidente a segnalare la determinazione di proseguire, con buona pace della Meloni, la rotta della transizione ecologica. Teresa Ribera, socialista, ha le idee chiarissime e lo ha dimostrato nella Cop28 di Dubai. E avrà un portafogli che tiene insieme le due transizioni ritenute fondamentali per il futuro del continente: green e digitale. L’olandese Woepke Hoekstra, riconfermato commissario al Clima, non sarà istrionico come il suo predecessore Timmermans, ma si è speso per l’uscita dai combustibili fossili. Lo stesso si può dire del danese Dan Jorgensen, candidato a diventare commissario all’Energia: è stato uno degli architetti dietro la “Beyond Oil and Gas Alliance” (BOGA), che la Danimarca insieme alla Costa Rica ha lanciato alla COP 26 nel 2021. Infine la commissaria all’Ambiente e all’economia circolare, la svedese popolare di sinistra Jessika Roswall, da sempre favorevole al Green Deal. Imporbabile che Raffaele Fitto, unico a venire dalla fila di Ecr, tra commissari e vicepresidenti popolari, socialisti, liberali, possa loro far cambiare idea.