La iena trascina vorace la carcassa del suricato, dopo averla addentata. Poi la lascia qualche minuto su un grande masso, quindi torna a divorarla. Tutto ampiamente nella norma, in natura: predatore e preda, funziona così, sin dalla notte dei tempi. Ma cosa accade se l’episodio, accuratamente documentato con una serie di scatti fotografici e condiviso sul profilo ufficiale della struttura, avviene non già nel cuore dell’Africa, habitat di riferimento di entrambe le specie, ma all’interno dello zoo di Zurigo?
Il caso che polarizza fatalmente l’opinione pubblica, e che dalla Svizzera rimbalza puntuale sulle bacheche degli animalisti di tutta Europa, è in fondo semplice: nella colonia di suricati specie di natura socievole ospitata dalla zoo, la coppia dominante si riproduce fino a quattro volte l’anno, con cucciolate che comprendono da uno a cinque piccoli. “Così – spiega lo zoo di Zurigo con una nota – il gruppo di suricati continua a crescere, superando il limite della nostra capacità. E visto che al momento non esistono siti adatti a cui destinare gli esemplari in eccesso, abbiamo rimosso tre animali adulti dal gruppo, li abbiamo uccisi e poi dati in pasto alle nostre iene”.
Il video
Come appunto racconta il video non certo edulcorato. Quanto basta per scatenare, negli oltre mille commenti al post, la furia degli animalisti e, in generale, del partito anti-zoo, compresa la sigla italiana “ZoOut”, che riprende la storia condannando la pratica della struttura di Zurigo e cita casi considerati più virtuosi, come quello del Namsskogan Familiepark, che “ha optato per modi più etici di nutrire gli animali carnivori ospiti, ricorrendo all’utilizzo di animali morti per cause indipendenti, per esempio incidenti stradali, e non appositamente uccisi”. Arrivando infine a sentenziare: “Finanziare gli zoo attraverso l’acquisto dei biglietti può voler dire rendersi complici di realtà che uccidono gli animali. Del resto, i cuccioli sono sempre molto graditi dai visitatori, ma per avere cuccioli sempre nuovi, in qualche modo bisognerà ‘smaltire’ gli adulti in eccesso, non più abbastanza carini da attirare pubblico pagante”.
“Le iene non mangiano tofu o soia”
L’ondata di commenti (e di notorietà) che investe lo zoo di Zurigo si traduce in una serie di risposte agli interrogativi degli utenti sui canali social ufficiali della struttura, che chiarisce: “Rimuovendo gli animali in eccesso, evitiamo conflitti territoriali e tensioni sociali e mantenere una dinamica di gruppo stabile”. “Ma allora ci si chiede perché non abbiano pensato di sterilizzare la coppia dominante di suricati”, rileva il naturalista Rosario Balestrieri, opinionista di “Geo” e presidente dell’associazione Ardea. Un’obiezione dai più condivisa. “Noi consentiamo la riproduzione perché resta un bisogno fondamentale di tutti gli animali, essenziale per la specie, e rientra dunque tra gli obiettivi legati – in quanto zoo moderno – al benessere animale, che ci consente di deliziare gli ospiti con la bellezza della natura e, al contempo, consentire la ricerca”.
“Il vero punto – rileva Nicola Bressi, naturalista e zoologo del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, molto seguito sui social dove interviene spesso sui temi della biodiversità – è che dovremmo discostarci da una visione edulcorata, oserei dire disneyana, degli animali. Le iene dello zoo di Zurigo, come tutte le iene, sono carnivore: prima che gli venissero dati in pasto i suricati, non è che mangiassero tofu o soia. E dunque, se il tema è di carattere etico, non vedo differenza tra la somministrazione di carne di pollo o di vitello e suricati uccisi, se non nel fatto che questi ultimi sono più carismatici e più pucciosi, come si suol dire, come ci insegnano i cartoon, come ci racconta il suricato più celebre, il Timon de ‘Il Re Leone’. Ma la natura non è un mondo favolistico, né condivido – come etologo – l’approccio di parchi o fattorie didattiche che raccontino una convivenza utopistica tra gli animali, domestici e selvatici, come se ciò accadesse anche là fuori. E in fondo gli operatori dello zoo hanno anche evitato sofferenza ai suricati, che sono peraltro una specie che non ha problemi in termini conservazionistici, come dimostrano gli allevamenti sempre più diffusi per farne un animale da compagnia: ecco, in natura, che piaccia o no, vengono sbranati vivi”.
“In effetti scelta dello zoo di Zurigo stride con l’immagine stereotipata dello zoo come una vetrina statica in cui tutte le specie hanno la stessa dignità, e vengono raccontate al pubblico con l’enfasi necessaria a sottolineare la cura con cui ogni individuo viene trattato”, annota, ancora, Rosario Balestrieri. “Credo che la struttura abbia adottato una scelta che, benché evidentemente ponderata, risulti sbagliata ed evitabile. – dice Chiara Grasso, etologa, giornalista, guida safari in Africa e guida ambientale in Italia – Non fosse altro perché fornisce un incentivo ai detrattori degli zoo, quando magari sarebbe stato adottare una soluzione alternativa, il trasferimento a un’altra struttura o la sterilizzazione”.
“Non demonizzare zoo e bioparchi”
Già, perché il caso di Zurigo ha – più di tutto – “riacceso” la questione, mai del tutto risolta, dell’eticità di bioparchi e zoo. “Vedere un animale in gabbia fa soffrire tutti, ma oggi la cosiddetta conservazione ex situ ha sempre più valore, in particolare per le specie a rischio o i cui habitat sono a rischio, ma anche per ‘custodire’, come in una cassaforte, pool genetici preziosi, anche in vista di possibili reintroduzioni in natura, come accaduto con bisonti e rane toro. E ancora: molti zoo sono centri di educazione ambientale e di sensibilizzazione, luoghi di ricerca scientifica non invasiva, centri di recupero in cui vengono ospitati animali sequestrati. Diventa dunque dirimente l’affiliazione all’Eaza, l’associazione che racchiude i migliori zoo d’Europa, una sorta di marchio di qualità per le strutture protette, chiamate a rispettare requisiti di conservazione, ricerca, educazione e benessere animale”. “L’immagine degli zoo e dei bioparchi come prigioni per gli animali è ormai desueta. – conferma Bressi – Oggi molte delle realtà sono dei santuari di biodiversità, che si reggono su generazioni di animali nati in cattività, mai prelevati dalla natura, e vivono di scambi virtuosi con altre strutture. Il grande pubblico dovrebbe avere la cognizione del nuovo paradigma, pur con i dovuti distinguo, e della reale funzione degli zoo, che resta anche quella di sensibilizzare l’opinione sull’importanza della biodiversità e della sua tutela”. Anche mostrando il fiero pasto di una iena, come accadrebbe in Africa.